Matina |
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StoriaL’abbazia benedettina di Santa Maria della Matina fu fondata attorno al 1066 da Roberto il Guiscardo in diocesi di San Marco Argentano. Verso la metà del XII secolo doveva essere già decaduta e nel 11802 una colonia di monaci provenienti da Sambucina la occupò per introdurvi l’osservanza cistercense e incominciò dei lavori di modifica degli edifici abbaziali. Mattina ebbe sempre un ruolo secondario rispetto a Sambucina, ma quando quest’ultima entrò in crisi (nella seconda metà del XVI secolo) la sua importanza crebbe anche se ciò non le impedì di cadere in commenda e successivamente, dopo essere entrata nella Congregazione Calabro-Lucana nel 1633, di essere soppressa nel 1652 da Innocenzo X. La commenda comunque durò fino al 1809 quando Gioacchino Murat si impossessò dei beni dell’abbazia. Gli edifici e i terreni furono poi donati dal re di Napoli Francesco I ad un suo generale i cui discendenti ne erano ancora in possesso fino a qualche anno fa. Oggi del complesso abbaziale rimangono alcune tracce della chiesa e la bella sala capitolare, trasformata in cappella. ArchitetturaLa parte meglio conservata è sicuramente la sala capitolare abbaziale, recentemente restaurata. Costruita dai cistercensi verso la fine del XII secolo, basandosi sul modello di Casamari, e poi trasformata in chiesetta, è costituita da un ambiente a tre navate divise da due pilastri polistili e con volte a crociera. Per quanto riguarda la chiesa abbaziale, di cui non resterebbe nulla secondo il Negri, ma di cui esiste un rilievo dei resti riportato dal Dimier, non si ha la certezza, come già detto, che i cistercensi l’abbiano ricostruita. Dalla pianta dei muri rimasti sembrerebbe fosse a croce latina (ma l’esistenza del transetto può solo essere ipotizzata) con tre absidi semicircolari, di cui quella centrale più grande, sulla parete di fondo. A livello planimetrico potrebbe avere delle analogie con Falleri, San Giusto, la Badiazza e Santo Spirito di Palermo. BibliografiaE. CONTI, L’abbazia della Matina, in “Archivio Storico per la Calabria e la Lucania”, XXXV (1967), pp. 11-30. Foto |
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