StoriaLo Janauschek ritiene che non fosse una abbazia vera e propria, ma solo un cenobio unito a San Michele della Verruca ed abitato dai monaci della abbazia madre.
Due segnalazioni archivistiche seicentesche del Signorini complicano ulteriormente le scarsissime notizie di questo sconosciutissimo monastero. Egli, scrivendo la prima informazione, afferma: “1464. Ind. XII, die 2 Jenuarii. Don Paolo di Mafile da Pisa, abate di Santa Maria di Mirteto e di S. Andrea di Chiaravalle fuori Pisa, fa suo Procuratore D. Biagio D’Onofrio monaco di Settimo. A rinunziare la detta Badia in mano del Papa per poterla unire a Settimo o altro monastero con riserva di 30 fiorini di pensione l’anno, e di poter ritenere il titolo abbaziale e usare li Pontificali”. La seconda segnalazione, sempre del Signorini, è data negli elenchi dei monasteri, trascritti da documenti del 1520, per un sussidio caritativo imposto dal Capitolo Generale. Tra i monasteri della Toscana figura anche “S. Andrea in Mirteto con 5 monaci”.
Molto probabilmente ci si trova di fronte ad una contrazione dei nomi di due monasteri e cioè di Santa Maria di Mirteto e di S. Andrea di Chiaravalle, che attraverso ignote vicende, si ha nel 1520 la nuova denominazione con Sant’Andrea in Mirteto.
In seguito, nei documenti dell’Archivio di Stato di Firenze, non si farà più menzione di detto monastero. Non esistono resti architettonici e neppure una località nei dintorni di Pisa che potesse, in qualche modo, rievocare il monastero.
(Goffredo Viti) BibliografiaFONTI INEDITE
ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE:
Compagnie Religiose Soppresse, filza 396, fasc. 18, quaderni I e R.
LETTERATURA
LUBIN, 1693, p. 78.
JANAUSCHEK, 1877, p. LXXVII.
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