Chiaravalle della Colomba |
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StoriaMonastero cistercense e omonima frazione del comune di Alseno (Piacenza). La denominazione di Colomba viene da una leggenda che narra di una colomba che avrebbe segnato con delle pagliuzze sul terreno il luogo su cui edificare oppure, più verosimilmente si riferisce al volatile simbolo dello Spirito Santo. Appartenente alla filiazione di Clairvaux, l’abbazia fu fondata nel 1136 per interessamento di Arduino, vescovo di Piacenza, che chiese a S. Bernardo, reduce dal Concilio dì Pisa del 1135, una colonia di monaci per una abbazia da erigersi nella propria diocesi. La fondazione canonica, tuttavia, avvenne nel febbraio 1137. Il primo abate fu Giovanni, che divenne poi vescovo di Piacenza. Nei primi due secoli di vita, i monaci di Chiaravalle della Colomba fondarono diverse abbazie tra cui: Fontevivo (diocesi di Parma) nel 1142; Quartazzola o Santa Maria di Ponte Trebbia (diocesi di Piacenza) nel 1217; Brondolo (diocesi dì Chioggia) nel 1229; S. Maria in Strada (diocesi di Bologna) nel 1250; Valserena o S. Martino de’ Bocci (diocesi di Parma) nel 1298. La prosperità del monastero subì un primo colpo con il saccheggio perpetrato dagli eserciti di parmensi, cremonesi e reggiani durante l’invasione del piacentino nel 1214, ma ben più grave dovette essere la distruzione compiuta nel 1248, dall’esercito di Federico II che, nonostante l’appello fatto dai monaci direttamente all’imperatore per proteggere la comunità, risparmiò soltanto la chiesa e l’aula capitolare bruciando solo il chiostro,. Nel 1444 l’abbazia fu data in commenda. Nel 1497 fu aggregata alla provincia lombarda della Congregazione Cistercense di S. Bernardo in Italia. In epoca barocca venne ricostruito il monastero nelle forme attualmente visibili. Nel 1768 fu soppressa una prima volta, e nel 1786 fu aggregata alla provincia romana della stessa Congregazione. Nel 1805 tutti i beni passarono al demanio nazionale, e nel 1810 anche i monaci dovettero abbandonare il monastero. Successivamente i beni del monastero furono donati agli ospizi civili di Piacenza. Nel 1937 il parroco mons. Bertuzzi ottenne che l’abbazia e la parrocchia fossero affidate alla Congregazione cistercense di Casamari. La chiesa conserva ancora, nelle sue linee generali, una fisionomia romanico lombarda in cui si rivelano i primi elementi gotici vicino ad altri ancora locali. Essa è a tre navate, con quattro campate in quella centrale e otto in quelle laterali; le coperture sono a crociera separate da arconi traversi in pietra e mattoni giustapposti, ma, nelle due piccole cappelle a destra del coro e nel braccio del transetto antistante, le coperture sono a botte acuta. Il materiale usato diffusamente è il laterizio a cui si contrappone cromaticamente la pietra chiara utilizzata per i particolari decorativi e l’intonaco bianco che nasconde la trama laterizia dell’edificio. Il sistema di sostegni è di tipo alternato, ovvero con pilastri a sezione quadrata a cui sono sovrapposte semicolonne, affiancate da riseghe, e alternativamente terminanti ad una certa altezza da terra con coni rovesciati, oppure partendo da terra si interrompono all’altezza dell’imposta degli arconi con peducci rovesciati. I capitelli sono ornati da crochets ancora arcaici oppure sono a carena di nave con stilizzati motivi vegetali e geometrici. Il coro, tipicamente bernardino, è fiancheggiato da sei cappelle. Le due cappelle adiacenti al coro hanno un’altezza al colmo della crociera uguale a quella della navata centrale, mentre le altre quattro sono notevolmente più basse. Nell’abside si apre un rosone a cinque oculi che corona due monofore a pieno centro sottostanti. La facciata è a timpano spezzato, separata longitudinalmente in tre zone da contrafforti, ornata da archetti pensili salienti con cornice superiore a denti di sega, gli archetti ricorrono al di sopra e al di sotto del rosone e su questo si innestano due semicolonnette che affiancano una croce ritagliata nella muratura. Nella parte centrale si apre il rosone marmoreo a colonnette e dieci luci che risale probabilmente al XIII secolo, così come il portichetto addossato alla facciata che ripete la struttura a timpano spezzato scandito da quattro contrafforti ed affiancato da due ali aperte con trifore a pieno centro e sormontate da archetti pensili. Il portale di accesso all’edificio è sormontato da una lunetta in cui è dipinta, secondo modalità quattrocentesche, l’Adorazione del Bambino da parte della Vergine. Il chiostro, costruito tra la fine del XIII secolo e gli inizi del XIV, di carattere decisamente francese, si presenta in forma quadrata ed è ritenuto uno dei migliori esempi cistercensi conservati per la ricchezza delle sculture che lo adornano, eseguite in breccia rosa e in pietra chiara. Esso è diviso in campate con coperture a crociera i cui costoloni ricadono all’interno del chiostro su mensole ornate con crochets e altri motivi vegetali e geometrici. A ciascuna campata corrisponde una quadrifora verso l’esterno; sulla sommità esterna del chiostro si rincorrono archetti intrecciati, mentre semplici archetti pensili coronano i lati esterni della chiesa. L’aula capitolare, crollata nel 1892 e restaurata nel 1917, è divisa, all’interno, in tre campate ed all’esterno è dotata di un portale a ghiera multipla con motivi geometrici in cotto e pietra e di due ampie trifore; quella di sinistra è caratterizzata da archetti trilobi incorniciati da una ghiera triloba, quella di destra da tre archi acuti intrecciati, sorretti da otto colonnine binate e incorniciati da due archi acuti di cui quello più interno a cinque lobi. L’insediamento abbaziale è attualmente abitato da una comunità di monaci cistercensi della Congregazione di Casamari ai quali è affidata anche l’attività pastorale della parrocchia annessa al monastero. ArchitetturaLa chiesa abbaziale fu studiata in maniera assai approfondita dal Bertuzzi, che in ogni sua trattazione studia anche le varie aggiunte e modifiche subite dalla fabbrica attraverso i secoli. Anch’egli. come altri autori, non presenta alcuna data certa di inizio costruzione o consacrazione; il Porter, citato dalla Fraccaro, rilevando notevoli affinità con la chiesa del Cerreto, pensò che fosse stata iniziata all’incirca in anni coevi e propose quindi la data del 1145 come inizio della costruzione; ma elementi qui a Chiaravalle più avanzati (come archi acuti già nel transetto e, in genere, un maggior slancio verticale), smentiscono questa ipotesi del Porter e la stessa Fraccaro propone quindi che dal 1170 la costruzione potesse essere stata iniziata da est e protrattasi poi lentamente fino alla facciata, conclusa nella prima metà del XIII sec., a differenza del Bertuzzi, il quale crede che l’attuale facciata sia il frutto di un rifacimento attuato dopo le distruzioni di Federico 11 nel 1248, dopo la metà del XIII sec. L’impianto della chiesa è notevole: a croce latina, è costituita da tre navate, con la centrale a sistema alternato, suddivisa in 4 campate quasi quadrate, nelle cui navatelle corrispondono otto campate anch’esse pressoché quadrate; i pilastri sono cruciformi, con semicolonne cilindriche alternate a piedritti, tutti in laterizio: siccome il pavimento attuale è di 25 cm più alto di quello primitivo, è facile supporre che tali pilastri dovessero tutti avere una base in pietra, così come risulta da alcune basi affioranti dal suddetto pavimento. La copertura delle navate è a crociera a costoloni nella centrale e invece liscia nelle laterali; le arcate trasversali sono a tutto sesto, anche se le volte, slanciate, sono di sezione acuta. Il transetto rivela fasi differenti di costruzione: quello attuale presenta sei campate, con la centrale con volta a crociera cordonata, sulla quale il Bertuzzi ritiene dovesse, in origine erigersi la cupola o lanterna centrale la volta quindi sarebbe stata eseguita dopo il crollo di questa (1500 circa). Il transetto primitivo doveva essere in linea con le campate della navata, provvisto perciò di una sola cappella affiancante, per lato, il coro: le campate corrispondenti sono infatti della stessa altezza di quelle della navata, rettangolari e voltate con crociera liscia; le campate aggettanti, due nel braccio nord e una in quello sud, sono, oltre che di dimensioni leggermente minori, di altezza alquanto inferiore e la loro aggiunta è palese anche all’esterno, dove si riscontra la differenza nei paramenti murari delle testate (i mattoni delle parti aggiunte presentano un colore diverso, più arancione, soprattutto nel lato ovest). Le due campate a nord sono rettangolari e coperte con volta a crociera liscia, con archi di separazione a sesto acuto; quella a sud è un ambiente unico coperto con volta a botte acuta; la loro aggiunta è stata la conseguenza della necessità di due cappelle in più per ciascun lato del coro e ha, naturalmente, comportato un prolungamento del transetto. Le cappelle, alterate nel XVIII sec., presentano le volte barocche, anche se quelle del lato sud, mantengono ancora la volta a botte acuta e l’arco d’ingresso anch’esso acuto. Il coro della chiesa consta di una campata quasi quadrata, d’altezza molto inferiore alla navata centrale, con arco d’entrata a tutto sesto. La facciata è a frontone spezzato e divisa in tre distinte parti, con la zona centrale a sua volta suddivisa in tre parti da esili semicolonne cilindriche; è tagliata poi orizzontalmente in tre zone da due cornici ad archetti pensili; al centro vi è un rosone in marmo dalla fattura assai preziosa e raffinata, ma esso è stato introdotto in un momento successivo. La facciata termina, come tutte le chiese lombarde, con una cornice ad archetti pensili su fondo bianco. L’ unico ingresso della fronte è costituito da un portale in marmo. Anche questa facciata è preceduta da un nartece, più volte soggetto a rifacimenti; esso è suddiviso in tre parti: quella centrale larga quanto la navata centrale, sopraelevata sulle due laterali. La zona di centro è divisa in tre campate, la mediana con volta a crociera ogivata, affiancata da due campate rettangolari a crociera liscia; al portico si accede tramite un ampio arco a tutto sesto, fiancheggiato da due aperture, di forma assai allungata, con un arco a sesto acuto. Lo stile della chiesa si può ascrivere, nel suo complesso, a quello lombardo: così per il materiale e i soliti elementi quali contrafforti, fregi ad archetti, gusto coloristico della contrapposizione mattone-intonaco; sono però presenti numerosi elementi di importazione francese che comunque non ne alterano la fisionomia romanico-lombarda. Arte
BibliografiaBERTUZZI G., L’abbazia cistercense di S. Maria della Colomba in Chiaravalle Piacentino, Fiorenzuola d’Arda, 1931. BERTUZZI G., L’abbazia di Chiaravalle della Colomba attraverso i documenti di quattro secoli. Dalla fondazione alla istituzione della Commenda: 1135-1444, in “Archivio Storico per le Provincie Parmensi”, XXVII, 1927, pp. 17-49. CORVI P. – SPINELLI G., S. Maria di Chiaravalle della Colomba, in Monasteri Benedettini in Emilia Romagna, Milano, 1980, pp. 83-95. NASALLI ROCCA E., Note giuridiche sui documenti difondazione del Monastero di Chiaravalle della Colomba, in “Archivio Storico per le Province Parmensi”, XXVII, 1927, pp. 1-15. RAPETTI A. M., La formazione di una comunità cistercense. Istituzioni e strutture organizzative di Chiaravalle della Colomba tra XII e XIII secolo, Roma Herder editrice e libreria 1999. ROSSI G. F., La fondazione di Chiaravalle della Colomba prima abbazia di San Bernardo in Italia, Piacenza, 1954. VALENZANO-GUERRINI-GIGLI, Chiaravalle della Colomba, Biblioteca Storica Piacentina, 3, Tip.Le.Co. 1994. VITI G., Chiaravalle della Colomba, in “D.I.P.”, II, 1975, coll. 892-893. Le antiche pergamene dell’Abbazia Cistercense di Chiaravalle della Colomba, Tip.Le.Co. 2010. Note3-5-1937 Foto |
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