I Cistercensi

Storia dell’Ordine cistercense

La nascita delle Congregazioni

La struttura fondamentale della interdipendenza delle abbazie cistercensi, secondo i principi della Carta di Carità, era il sistema delle filiazioni: la abbazia-madre che realizzava la fondazione, controllava la abbazia-figlia cioè la nuova comunità a cui dava vita. Dato che, in ultima istanza, ogni abbazia dipendeva da una delle cinque proto-abbazie, la storia cistercense dell’epoca medioevale si sviluppava in una vasta espansione, per così dire “lineare” delle filiazioni di Cîteaux, La Ferté, Pontigny, Clairvaux e Morimond. La linea delle figlie di Clairvaux, estremamente prolifica, si estendeva dal Portogallo all’Ungheria e dalla Svezia all’Italia Meridionale; quella della filiazione di Morimond era particolarmente attestata in senso est-ovest, dall’oriente, all’occidente, cioè dalla Spagna alle regioni del Baltico.

Fintanto che ogni abate era disposto ed era in condizione di adempiere ai propri compiti di visitatore regolare, il sistema funzionò con una notevole efficienza. Ma, con l’istituzione degli abati commendatari, con la soppressione completa di alcuni monasteri e con la comparsa degli stati nazionali sempre in lotta fra di loro, si interruppero le linee di comunicazione e di controllo. All’inizio del XV secolo il Capitolo generale fu costretto ad escogitare un nuovo sistema di visite regolari.

La Carta di Carità non venne mai revocata né ufficialmente emendata. Ogni sessione del Capitolo si apriva, come sempre, secondo la tradizione, con la lettura di quel venerabile documento. E tuttavia, il nuovo sistema aveva pochi punti in comune con le concezioni più antiche del governo dell’Ordine cistercense. Le novità più rilevanti consistettero nella formazione di province e di congregazioni. Le prime ebbero inizio ed erano controllate dal Capitolo generale; le seconde vennero alla luce il più delle volte senza il concorso del Capitolo e tendevano a svilupparsi in organizzazioni più o meno indipendenti, di carattere regionale o nazionale.

A partire dal XV secolo il Capitolo generale nominava occasionalmente dei visitatori per i monasteri isolati. Se la loro autorità veniva estesa a un territorio più ampio, con poteri maggiori di quelli previsti normalmente, questi visitatori erano chiamati riformatori. Nel 1433 venne nominato per ogni provincia un visitatore speciale, posto sotto l’autorità di un visitatore generale. Per un compito così importante, si sceglievano in genere gli abati più influenti o anche l’abate di Cîteaux; ma, con il consenso del Capitolo, anche dei semplici monaci svolsero la funzione di visitatori. Per altri compiti straordinari, si chiamava anche commissario la persona eletta dal Capitolo generale, per esempio, per dirimere controversie o per raccogliere le contribuzioni. Una volta che venne stabilito, questo incarico divenne sempre più importante.

Il nuovo sistema di governo assunse una struttura più chiara e più specifica quando, lungo il corso del XVI secolo, le abbazie che non appartenevano ancora a nessuna congregazione di recente costituzione, vennero suddivise in province o in vicariati sotto l’autorità diretta del Capitolo generale. Quando il Capitolo non poteva essere convocato, tale autorità veniva esercitata dall’abate di Cîteaux. Queste province cistercensi, diversamente da quanto avveniva per gli Ordini Mendicanti, erano delle federazioni di carattere amministrativo che non godevano di autonomia né di potere legislativo; geograficamente corrispondevano alle province politiche delle varie regioni. Il nuovo sistema si sviluppò dapprima in Francia e, nel XVII secolo, si diffuse in tutta Europa. Verso il 1683, oltre alle congregazioni, esistevano 39 province. Un vicario provinciale, nominato dal Capitolo generale, svolgeva la funzione di controllo sui monasteri della provincia; egli, normalmente, era un abate della stessa provincia. Le norme che regolavano questo ruolo nuovo ed importante, vennero definite nel Capitolo del 1605 e sviluppate poi dai Capitoli generali seguenti. Il compito principale dei vicari provinciali era la visita regolare annuale di tutti i monasteri che erano posti sotto la loro giurisdizione. Essi poi riferivano all’abate di Cîteaux il risultato di tali visite. Le nomine avevano valore fino al Capitolo successivo, ma, dato che spesso passavano perfino dei decenni senza la convocazione di un Capitolo regolare, i vicari vennero nominati o deposti dall’abate di Cîteaux dietro consultazione dei proto-abati. Alcuni grandi abati conservarono tale ruolo per tutta la loro vita. Quando l’abate di Cîteaux assunse il titolo di abate generale, i vicari si chiamarono vicari generali. Il procuratore generale venne sottoposto al vicario generale. Egli era responsabile della difesa o dell’appoggio delle abbazie nei problemi di ordine giuridico. Questo compito era nato durante le contese a cui aveva dato origine la commenda nel XV secolo. Nel 1565 il titolo venne cambiato in sindaco o promotore, ma la carica venne soppressa nel 1699.

Quando nel 1601 si fece strada una più crescente influenza della corte del re di Francia nei problemi di carattere religioso, allora si nominò un procuratore generale, che risiedeva nel Collegio san Bernardo a Parigi. Il suo compito era simile a quello del procuratore generale in Roma. Nonostante tutte queste innovazioni, il Capitolo generale incoraggiò sempre gli abati ad esercitare i loro diritti, stabiliti dalle costituzioni, collaborando con i vicari generali, dovunque sussistessero ancora le filiazioni primitive.

Gli stessi fattori di carattere storico che diedero origine a questi cambiamenti di strutture di governo, furono la causa anche di una riorganizzazione della formazione dei novizi e dei giovani professi. In conseguenza delle circostanze storiche analizzate anteriormente e dello smembramento che ne seguì, molte abbazie videro una flessione sia nel numero dei loro membri che nella disciplina regolare; fu impossibile quindi e poco conveniente che mantenessero un proprio noviziato, come richiedeva la regola. Un progetto di riforma dettagliato, approvato dal Capitolo del 1601, richiese la costituzione di noviziati comuni per un certo gruppo di abbazie. Tale procedimento si era già dimostrato un mezzo efficace per mantenere una disciplina uniforme in molte altre congregazioni religiose: perciò esso venne caldeggiato dalla Santa Sede. Indubbiamente, una misura di questo genere costituiva un pregiudizio grave e vitale sui diritti dei singoli monasteri e trovò quindi opposizione in tutte quelle abbazie, soprattutto in Germania, dove continuava a sussistere la vita tradizionale cistercense. Però in Francia e in Italia, rispondendo a una necessità inevitabile, il noviziato comune divenne una istituzione provinciale. Sempre, però, si rispettarono i diritti di ogni abbazia, nella misura in cui era loro possibile adempiere ai requisiti indispensabili per il mantenimento di un proprio noviziato. Le abbazie dove si svolgeva il noviziato comune erano in genere collegate con scuole dove si continuavano poi i corsi di teologia, e là i giovani professi ricevevano una formazione più completa nella disciplina monastica. Questi centri educativi furono di grande importanza per favorire le riforme e contribuirono molto alla qualità e allo spirito dell’Ordine: perciò la conduzione e la revisione di queste abbazie fu soggetta ad accesi dibattiti lungo tutto il secolo XVIII, cioè lungo la cosiddetta guerra delle Osservanze.

L’origine delle congregazioni autonome era strettamente legata ai movimenti regionali di riforma. Tale fu il caso della congregazione fondata da Gioacchino da Fiore in Calabria, nel XIII secolo. Allo stesso modo, fu il desiderio di una rinascita spirituale nei Paesi Bassi che felce sorgere la quasi sconosciuta Congregazione di Sibculo. Un movimento di importanza ben più grande nacque in Spagna agli inizi del XV secolo. La Congregazione di Castiglia, o, come la si chiamò, della Osservanza Regolare di san Bernardo, ebbe inizio con Martino Vargas, un monaco Geronimita (Congregazione degli Eremiti di San Gerolamo) che si era fatto cistercense nell’abbazia di Las Piedras. La sua attività di riformatore accese a Cîteaux delle grandi controversie, ma in Spagna lo si venerava dappertutto come un santo, dotto, e mosso dalle migliori intenzioni. Dopo un viaggio in Italia nel 1425, era giunto alla conclusione che il modo migliore per porre rimedio alla decadenza dell’Ordine in Spagna, che traeva origine soprattutto dalla diffusione del sistema della commenda, era quello di adottare gli stessi provvedimenti, già molto positivi, adottati in circostanze analoghe dai bendettini italiani, sotto l’autorità di Ludovico Barbo (1382-1443), Vescovo di Treviso. Con l’approvazione del Papa Martino V, Martino Vargas lasciava nel 1427 l’abbazia di Las Piedras e fondava con undici compagni l’abbazia di Montesion, vicino a Toledo.

Il Capitolo generale venne a conoscenza del nuovo movimento solo dopo il 1430, cioè dopo che Martino Vargas e i suoi monaci erano riusciti a coinvolgere nella riforma anche l’abbazia cistercense di Valbuena. Cîteaux protestò, ma nel 1434 la riforma veniva nuovamente incoraggiata dal Papa Eugenio IV, che già era stato collaboratore di Ludovico Barbo. Rapidamente, altre sei abbazie vennero conquistate una dopo l’altra dalla riforma, e il Capitolo generale, offeso, scomunicò l’insubordinato spagnolo. Ma Papa Eugenio, convinto che Martino Vargas avesse ragione e che Cîteaux avesse torto, non solo approvò la nuova Congregazione di Castiglia nel 1437, ma impose anche al Capitolo generale di approvarne l’organizzazione. Malvolentieri, il Capitolo del 1438 obbedì; ma nel 1445 il Capitolo generale scomunicava di nuovo Martino Vargas, che moriva, in disgrazia, l’anno successivo. Da allora, la Congregazione godette di una grandissima stima e sopravvisse al suo fondatore senza incontrare ulteriori difficoltà.

Indubbiamente, Martino Vargas era un innovatore audace. Per scoraggiare le nomine di abati commendatari, sostituì le cariche abbaziali con priori, eletti per tre anni. Questi potevano essere rieletti ancora, ma non per il mandato successivo. Si era autodefinito Riformatore e condivideva la sua autorità con otto definitori. I definitori nominavano i visitatori, e questi a loro volta restavano in carica per un triennio, ed erano responsabili davanti al Capitolo della congregazione. All’interno della Congregazione venne abolito il voto di stabilità e i singoli monaci potevano essere trasferiti in qualsiasi altra comunità della congregazione. Alla fine, alcuni superiori locali ripresero il titolo abbaziale, ma anch’essi restavano in carica solo per tre anni. In sintesi, Martino Vargas attinse dalle congregazioni riformate del suo tempo alcuni principi che si erano dimostrati validi soprattutto in Italia, e li adattò, quando stavano per essere introdotti anche in Spagna.

Queste disposizioni non potevano essere facilmente conciliate con le tradizioni cistercensi, ma ciò che il Capitolo generale accettava con maggiore resistenza era l’eliminazione pratica di qualsiasi forma di controllo che anteriormente manteneva un collegamento tra le abbazie spagnole e le rispettive abbazie-madri francesi, in ultima istanza con Clairvaux e Cîteaux. Nel 1493 Pierre de Virey, abate di Clairvaux, fece il possibile per riaffermare l’autorità propria e del Capitolo generale e firmò un patto con la riforma. Quest’ultima esprimeva la propria devozione verso Cîteaux e prometteva di non estendere la Congregazione oltre le otto case che già vi facevano parte, dopo Montesion e Valbuena culla della riforma. Ma non si poté arrestare lo sviluppo della Congregazione. Verso il 15 32 l’organizzazione aveva riunito 35 monasteri. Fu nell’anno successivo che un altro abate di Clairvaux, Edmond di Saulieu, intraprese un giro di visite regolari in Spagna per assicurarsi che almeno le restanti comunità spagnole e portoghesi fossero rimaste sotto l’autorità di Cîteaux e del Capitolo generale. Il suo successo fu solo temporaneo. Nel 1559 l’ultima casa cistercense nell’antico regno di Leòn e di Castiglia veniva incorporata alla Congregazione di Castiglia, che a quell’epoca consisteva in 45 monasteri fiorenti e ben disciplinati.

Nonostante le diffidenze di Cîteaux, non si può negare che i cambiamenti a livello di costituzioni, effettuati dalla Congregazione di Castiglia, erano giustificati. E si dimostrarono con il tempo, efficaci e persino popolari. Certo, il rapporto tra Castiglia e Cîteaux rimase freddo, ma di fronte alle perpetue ostilità che dividevano i Borboni e gli Asburgo, è molto improbabile che il Capitolo generale avrebbe potuto conservare un controllo efficace sulle abbazie spagnole appartenenti all’Ordine, anche con la migliore buona volontà dei Cistercensi che vivevano al di là dei Pirenei. Torna comunque a vantaggio dei membri della Congregazione di Castiglia il fatto che gli spagnoli conservarono, fino al dissolvimento generale delle comunità monastiche del 1835, l’antica liturgia cistercense, abbandonata da Cîteaux nel corso del XVII secolo. Dei contatti personali, di tanto in tanto mantennero vive almeno le relazioni più significative. Periodicamente alcuni monaci della Congregazione di Castiglia si presentavano a Cîteaux; Edmondo de la Croix, abate di Cîteaux, fece una visita alle abbazie spagnole nel 1604 e moriva, durante il suo svolgimento; venne poi sepolto a Poblet.

Senza dubbio, il secolo XVII fu l’età d’oro della Congregazione di Castiglia. Le 45 abbazie dell’organizzazione comprendevano due collegi: uno a Salamanca nel 1504; l’altro, più conosciuto, venne aperto nel 1534 nella città universitaria di Alcalà di Henares, che tanto rapidamente si andava sviluppando. L’erudizione divenne una grande tradizione della Congregazione. L’eminente storico Angelo Manrique (1577-1648) monaco di Huerta e laureato all’università di Salamanca, fu solo uno fra i molti membri dotati di una sorprendente competenza.

Un’altra caratteristica della Congregazione, degna di essere ricordata, fu l’accoglienza riservata agli ebrei convertiti, i quali costituivano, secondo la testimonianza di Claude di Bronseval (1533) la maggioranza dei membri. Può darsi che, testimone ostile, egli abbia un po’esagerato; ma i suoi dati non erano del tutto infondati. Ad ogni modo, a quell’epoca i numerosi monaci di discendenza ebraica erano diventati per la Congregazione una fonte di difficoltà e nel 1534 si ordinò che tutti i religiosi ebrei fossero espulsi.

Le abbazie cistercensi dell’Italia Settentrionale, devastate dalla commenda, trovarono nella persona di Ludovico Sforza, detto il Moro, duca di Milano (1496-1500) un protettore pieno di benevolenza. Nel 1497 egli ottenne una bolla da Papa Alessandro VI che lo autorizzava a formare la Congregazione di san Bernardo, autonoma, costituita dalle abbazie dell’Ordine in Lombardia e in Toscana. Questa organizzazione, come quella di Castiglia, venne costituita senza il consenso di Cîteaux e strutturata secondo il modello offerto da movimenti contemporanei simili. La Nuova Congregazione doveva convocare dei Capitoli indipendenti, tenuti sotto la direzione di un presidente generale, sostenuto da nove definitori e da alcuni visitatori. Invece di abati, le singole case erano governate da prelati nominati per la durata di tre anni.

Dietro le forti proteste di Cîteaux, Alessandro VI revocò la sua bolla e nel 1500 il Capitolo generale ne assumeva l’iniziativa. Tutte le abbazie della provincia dovevano essere sottoposte a visita regolare, riformate e riorganizzate sotto la direzione di Cîteaux. Ma lo sforzo restò inefficace. Quindi, nel 1511, Giulio II ripristinava la Congregazione di san Bernardo con delle costituzioni leggermente modificate. Ora i Capitoli annuali dovevano essere convocati alternativamente in Lombardia e in Toscana, ed ogni provincia doveva avere sette definitori. Anche la presidenza doveva risultare alternata in modo analogo. All’interno di ogni provincia, i monaci potevano essere trasferiti da una casa all’altra, ma lo scambio di personale fra le due province restava eccezionale.

Nel 1578 Gregorio XIII ne alterava ancora la struttura giuridica: i Capitoli dovevano riunirsi solo ogni tre anni e il presidente doveva conservare il suo ufficio per un mandato della stessa durata. I rapporti tra questa Congregazione e Cîteaux non furono mai precisati. Nel corso del XVII e del XVIII secolo il Capitolo generale cercò in diversi modi di assicurarsi almeno alcune misure di controllo sulla Congregazione, ma il successo restò di breve durata. Alla fine, la Congregazione giunse a riunire 45 piccole comunità. I superiori delle case più celebri riesumarono il titolo abbaziale, ma il mandato del loro servizio continuò ad essere triennale.

Fu il Capitolo generale stesso a promuovere la fondazione di altre Congregazioni in Italia. Nel 1605, sette abbazie dell’Italia Meridionale, ancora sussistenti, vennero riunite nella Congregazione di Calabria e Lucania. Nel 1633 il Papa Urbano VIII approvava le costituzioni della nuova organizzazione, e richiedeva che venissero celebrati dei Capitoli locali ogni tre anni, sotto la direzione di un presidente. Nonostante tutte le proteste di Cîteaux, venne abolita la stabilità monastica e perfino i beni materiali di ogni casa divennero proprietà della Congregazione. Ma la povertà e l’insufficienza del reclutamento continuarono ugualmente ad affliggere le comunità. Il Capitolo generale del 1686 deplorava ancora le condizioni miserevoli della Congregazione di Calabria e di Lucania ed affidava al procuratore generale della Curia l’incarico di visitare e di riformare il più presto possibile – nel capo e nelle membre – ogni monastero appartenente alla Congregazione”. Il Capitolo generale dei 1738 promulgava delle norme per queste case, e sottolineava la necessità di una più profonda formazione teologica. A questo scopo la Congregazione manteneva un collegio nella città di Cosenza, dove, dopo sette anni di studi, un monaco poteva ottenere il dottorato in teologia. Alcuni superiori locali erano chiamati abati, altri priori; tutti, comunque, erano nominati per un mandato di quattro anni.

Nel 1613 il Capitolo generale proponeva la formazione della Congregazione Romana, che riunisse le nove abbazie situate entro lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli. Secondo le costituzioni, approvate da Gregorio XV nel 1623, queste case si riunivano in Capitoli ogni quattro anni; in quella circostanza venivano nominati gli abati, per un mandato della stessa durata.

Nello stesso Capitolo del 1613 venne decretata anche la Congregazione di Aragona, accondiscendendo alle richieste di Filippo III. Questa Congregazione riuniva le 16 abbazie che non facevano parte della Congregazione di Castiglia, pur essendo comunità della Spagna e della Navarra. Questa Congregazione doveva restare sottomessa all’autorità del Capitolo generale ed inviare due delegati a Cîteaux, ogni volta che si celebrava il Capitolo generale. Venne concesso alla Congregazione di convocare un proprio Capitolo ogni quattro anni: in questa occasione, si procedeva alla elezione di un vicario generale, dei definitori e dei visitatori, il cui servizio durava quattro anni. Gli abati delle comunità, tuttavia, conservavano il loro incarico per tutta la vita; però l’elezione dell’abate di ogni comunità doveva avvenire eleggendo uno dei tre candidati presentati dal vicario generale.

In Portogallo una situazione del tutto diversa portò alla organizzazione della Congregazione indipendente di A1cobaça. Durante una visita regolare alle abbazie portoghesi, nel 1532, Edmondo di Saulieu, abate di Clairvaux, trovò la maggior parte dei monasteri in condizioni deplorevoli e non poté fare a meno di rendersi conto che la Congregazione di Castiglia stava facendo dei notevoli tentativi per infiltrarsi ed incorporare le comunità più provate. Saulieu riuscì a tener testa alla politica della Congregazione di Castiglia e a neutralizzarla, ma non gli fu possibile estromettere da Alcobaça l’abate commendatario e assicurare alla comunità delle libere elezioni, in questa abbazia, dalla quale dipendevano tutte le altre comunità. La corte di Lisbona, profondamente religiosa, non aveva nessuna intenzione di permettere che gli sforzi di riforma venissero contrastati. Quando nel 1540 il Re Giovanni III (1521-1557) nominava suo fratello, il Cardinale Enrico, abate commendatario di Alcobaça, sorse la possibilità di una riforma generale. Il primo passo fu quello di eliminare gli abati commendatari e di sostituirli con dei priori, nominati per tre anni. Poi, nel 1564 il Cardinale incominciava a convocare dei Capitoli generali ad Alcobaça. La creazione di una congregazione indipendente venne approvata nel 1567 da Pio V, e confermata poi nel 1574 da Gregorio XIII, che riconosceva il Cardinale Enrico generale della nuova Congregazione di Alcobaça. Questo stesso Cardinale doveva ben presto diventare Re di Portogallo (1578-1580) e ciò assicurò la prosperità dell’organizzazione.

La Congregazione portoghese riuniva 14 monasteri e seguiva le strutture già note: abolizione della stabilità monastica, e nomina di abati triennali. Ma non chiarì mai i propri rapporti con Cîteaux e di fatto non mandava delegati al Capitolo generale. Resta innegabile che nel corso del XVII secolo la disciplina e la prosperità furono rinnovate con molto successo e ne seguì una notevole ripresa a livello intellettuale e spirituale. Dopo la fondazione di un collegio a Coimbra (1554) ancora un altro venne organizzato ad Alcobaça, e vi si formò un gran numero di eminenti teologi e studiosi. L’insolito fervore religioso di quella grande abbazia si manifestò con la istituzione della laus perennis, cioè nell’esecuzione ininterrotta di uffici liturgici nella Chiesa, sia di giorno che di notte. Tra il 1596 e il 1756 la Congregazione fondava due nuovi monasteri e quattro comunità di monache cistercensi riformate, chiamate le Contemplative Scalze. La magnificenza della ricostruzione barocca e l’espansione di Alcobaça sono solo l’espressione esterna di una riforma realmente imponente.

La Congregazione della Germania Superiore non solo rimase pienamente fedele all’Ordine di Cîteaux, ma anche svolse un ruolo decisivo nella storia dell’Ordine durante i secoli XVII e XVIII. Questa organizzazione fu ampiamente giustificata perché la secolarizzazione di molte abbazie cistercensi, durante la Riforma, aveva rotto i legami di filiazione e le successive guerre di religione, avevano reso impossibile la partecipazione ai Capitoli generali.

L’iniziativa venne presa nel 1595 dall’abbazia bavarese di Fiirstenfeld, dove una riunione di abati ebbe luogo sotto l’autorità e la presidenza dell’Abate Generale, Edmond de la Croix. La decisione di costituire una congregazione venne presa in linea di principio, ma i problemi del personale impedirono una realizzazione immediata. Le abbazie della regione del Reno e della Baviera si dissero disposte a collaborare, ma le abbazie svizzere preferirono dar vita a una propria congregazione. Fu soltanto nel 1618 che un’altra riunione di abati, tenuta a Salem, poté esprimersi in favore dell’attuazione e della strutturazione di una nuova Congregazione della Germania Superiore (Congregatio Superioris Germaniae).

Secondo i termini delle costituzioni redatte in quell’occasione, questa Congregazione doveva restare fedele ad alcuni elementi cistercensi tradizionali quali l’abbaziato a vita e la stabilità monastica. Il documento prometteva fedeltà al Capitolo e all’abate Generale. Il presidente doveva essere eletto ad ogni Capitolo della Congregazione e doveva godere i diritti e i doveri esercitati anteriormente dal vicario generale nominato dal Capitolo generale; egli doveva compiere ogni anno la visita regolare a tutte le abbazie della Congregazione e ogni quattro anni anche ai monasteri di monache, affiliati ad essa. Un Capitolo provinciale doveva riunirsi a Salem, l’anno precedente e l’anno successivo alle sessioni dei Capitolo generale, o quando lo richiedevano circostanze speciali. Il Capitolo della Congregazione doveva eleggere, in quanto assemblea di tutti gli abati, il delegato da inviare al Capitolo generale dell’anno successivo. Ogni elezione abbaziale, era presieduta di diritto dal presidente della Congregazione o dal suo commissario. A Salem, bisognava istituire un noviziato e uno studentato comune per gli studi filosofici e teologici, perché era l’abbazia più numerosa della Congregazione. Il presidente aveva la facoltà di annettere alla Congregazione delle nuove abbazie.

Il primo presidente fu Thomas Wunn, abate di Salem (1615-1647). Nicola Boucherat II, abate generale di quell’epoca, approvò gli statuti nel 1619, e la fondazione della Congregazione venne ratificata nel Capitolo generale del 1623. Nel 1624 fu superata l’ostinata resistenza delle abbazie della Svizzera, quando il papa Urbano VIII ordinò a tutti i monasteri del paese di aderire alla nuova Congregazione. Sotto la presidenza di Thomas Wunn, l’organizzazione giunse a incorporare 26 abbazie, divise in 4 province, e 36 monasteri di monache.

La Congregazione della Germania Superiore si dimostrò una organizzazione efficace e di grande successo e assicurò anche, fino alla dissoluzione dei primi anni del secolo XIX, una conduzione comPetente da parte delle autorità, una disciplina regolare esemplare e una notevole prosperità. Nel contesto della storia cistercense dell’Ancien Régime, la congregazione si dimostrò il principale alleato e il sostegno più efficace di Cîteaux nella lotta contro le tendenze separatiste della Stretta Osservanza e contro i proto-abati che, come sempre, sfidavano l’autorità dell’abate generale.

È invece materia di sterili dibattiti, poter determinare se le organizzazioni regionali della Polonia, della Boemia e dell’Austria possano essere classificate come congregazioni. Il Capitolo generale non arrivò mai a una netta distinzione giuridica fra i vicariati, le province, le congregazioni, e spesso questi termini vennero usati indiscriminatamente negli atti dei Capitoli. Se la riunione di Capitoli provinciali e la promulgazione di un insieme di norme particolari può essere riconosciuta come caratteristica di una congregazione, allora almeno la Polonia e la Boemia raggiunsero quasi il concetto di congregazioni.

La Congregazione polacca sorse nel 1580, in una riunione di abati tenuta a Wongrowitz, sotto la presidenza di Edmondo de la Croix, che rappresentava l’abate generale Nicola Boucherat I. Il risultato della sessione fu una serie di regolamenti che venne pubblicato a Cracovia nel 1581 con il titolo di Statuta Reformationis. Si trattava degli statuti di una riforma religiosa, che non proponeva una vera e propria struttura giuridica per formare una organizzazione autonoma. Tuttavia il Capitolo generale del 1605 autorizzò la convocazione di Capitoli provinciali, che si tennero con una certa regolarità. Con il tempo, questa congregazione riuniva 15 abbazie e 5 monasteri di monache.

Non si può datare con precisione l’origine del vicariato o congregazione della Boemia, ma viene elencata nei documenti del 1613 del Capitolo generale insieme a quella dell’Austria come una specie di federazione, fra organizzazioni simili. Tre anni dopo, si riuniva a Praga un Capitolo provinciale delle abbazie della Boemia, alla presenza dell’abate generale Nicola Boucherat II, che approvava i regolamenti e decideva che si riunissero ogni quattro anni. Successivamente, la Guerra dei Trent’Anni rese inutili questi accordi, ^ma una dozzina di abbazie della Boemia e della Moravia continuarono a vivere fino all’epoca napoleonica.

I documenti dei Capitoli generali del 1613, 1618, 1623 e 1628 parlano anche di un vicariato d’Irlanda, ma le condizioni dell’Irlanda rendevano impossibile qualsiasi tipo di organizzazione monastica. Nonostante ciò, alcune tracce di vita cistercense sopravvissero realmente. Il vicario citato in quei documenti era Paul Ragett, abate titolare di Saint Mary’s Abbey a Dublino, che passò i suoi giorni in Francia, in esilio, dove moriva nel 1633. Gli successe Luke Archer, che riuscì a radunare alcuni novizi, si trasferì a Holy Cross ed assunse il titolo di abate, conservandolo fino al 1637. Nel frattempo, alcuni monaci, profughi, ricevevano una formazione più approfondita in Francia e in Spagna, per ritornare in Irlanda non appena ciò fosse stato possibile.

Dopo l’ascesa al trono di Carlo I di Inghilterra, nel 1625, le attese e le speranze di un rinnovamento totale delle condizioni dei cattolici in Irlanda cambiò radicalmente. Prevedendo una maggiore flessibilità, Urbano VIII autorizzò nel 1626 la costituzione della Congregazione di San Malachia e di San Bernardo, in favore dei Cistercensi irlandesi. La Congregazione doveva rimanere sottoposta a Cîteaux, ma era autorizzata a convocare dei Capitoli nazionali ogni cinque anni, sotto la direzione di un presidente eletto. Lo stesso anno, in uno stato d’animo ancora più ottimistico, la Sacra Congregazione per la Propagazione della fede incoraggiava i monaci irlandesi a inoltrare cause per recuperare le proprietà confiscate dalla Corona. Queste speranze si rivelarono infondate. Solo nel 1638, alla vigilia della grande guerra civile, i Cistercensi di Irlanda si riunivano nel loro primo ed ultimo Capitolo nazionale ed eleggevano come Presidente Patrick Plunkett, il nuovo abate di Saint Mary’s Abbey. Gli atti del Capitolo vennero approvati dalla Santa Sede nel 1639 e Plunkett cercò dì riunire alcuni monaci a Dublino. La vita monastica fu ricostituita anche in altre località irlandesi. Ma la sanguinosa invasione dell’isola ordinata da Cromwell nel 1650 segnò la fine della precaria esistenza dei Cistercensi irlandesi e non esistono documenti successivi che dimostrano la sopravvivenza della Congregazione.

Un posto a parte nella storia cistercense dovrebbe essere riservato alla Congregazione dei Foglianti. La sua origine risale a Giovanni de la Barrière (1544-1600), un nobile nato nella Francia Meridionale. Nel 1562, quando egli aveva appena 18 anni, veniva nominato abate commendatario dell’abbazia francese di Feuillant, vicino a Tolosa, che continuava a vivere, ma in condizioni di totale decadenza morale. Per diversi anni il giovane non si preoccupò mai di visitare quella comunità, che versava in condizioni deplorevoli. Ma durante i suoi studi presso l’università di Parigi, improvvisamente, fece l’esperienza di una conversione spirituale e nel 1573 entrava nell’Ordine di Cîteaux, per divenire padre e riformatore dei suoi depravati monaci. Dopo alcuni tentativi falliti, riuscì ad espellere la maggior parte dei membri della comunità che gli opponevano resistenza e dava inizio nel 1577 a una vita di straordinaria austerità. Il suo esempio eroico attrasse all’abbazia di Feuillant tanti novizi che ben presto si resero necessarie nuove fondazioni.

Il suo successo gli procurò una grande pubblicità e il movimento da lui iniziato riscosse apprezzamenti a Roma, dove nel 1586, Sisto V lodava i Foglianti in termini calorosi. L’anno successivo, per desiderio del papa, si realizzò una fondazione a Roma e il Re Enrico III di Francia invitò i Foglianti a fondare un monastero a Parigi. Circa una sessantina di monaci, guidati da Bernard di Montgaillard, iniziarono a piedi una lunga marcia dalla abbazia di Feuillant fino alla capitale francese, dove si insediarono in un monastero eretto per loro dallo stesso re.

Il successo dei Foglianti e la loro rottura nei confronti di molte tradizioni dell’Ordine erano guardate con preoccupazione da Cîteaux. Nel 1592 una bolla papale ordinava all’abate generale di cessare di intromettersi nella riforma. Da quel momento in poi la Congregazione dei Foglianti visse e funzionò come un ordine indipendente, sebbene i monaci continuassero a chiamarsi membri della Congregazione di Nostra Signora di Feuillant dell’Ordine Cistercense. Ma il nuovo genere di relazione che si stabilì tra i due ordini fratelli era chiaramente riflesso in uno statuto del Capitolo generale cistercense del 1605, che richiedeva un secondo noviziato per quei Foglianti che desideravano rientrare nel loro antico Ordine.

Il governo dei Foglianti era strettamente centralizzato, sotto la direzione di un generale eletto nei Capitoli generali triennali. Gli abati delle singole case erano nominati anch’essi per un mandato di tre anni. Nel 1630, per motivi soprattutto politici, i Foglianti si divisero in due rami indipendenti l’uno dall’altro. Circa 24 abbazie in Francia conservarono l’antica denominazione, mentre un numero ancora più grande di monasteri italiani divenne da allora in poi l’Ordine dei Bernardini Riformati.

Animato dallo spirito della Contro-Riforma, il movimento dei Foglianti portò avanti una decisa rinascita delle più austere osservanze monastiche. I monaci circolavano a piedi scalzi e con il capo scoperto; riposavano su dei tavolacci usando delle pietre come cuscini; il loro regime alimentare era ridotto normalmente al solo uso di pane, acqua e vegetali. Durante la quaresima vivevano a pane e acqua. Non usavano tavoli, deponevano a terra i loro piatti e mangiavano in ginocchio. Si occupavano in un lavoro manuale intenso, ma preferivano risiedere nelle città e quindi offrivano al clero locale i loro servizi come predicatori.

Nel Capitolo generale del 1592, riunitosi a Roma, emerse un grave dissenso interno. Venne deposto Giovanni de la Barrière ed eletto un nuovo generale. Verso il 1595, subentrò un rilassamento considerevole nella rigida austerità. Una nuova dieta alimentare permetteva l’uso di uova, pesce, latticini, olio e vino; si permise ai monaci di calzare dei sandali e di dormire su dei materassi. Nonostante il rilassamento, i Foglianti conservarono lungo tutto il secolo XVII un alto grado di vita ascetica e, soprattutto in Italia, favorirono l’affermarsi di eminenti autori e studiosi, fra cui il Cardinale Giovanni Bona, esimio liturgista, e il Vescovo Carlo Giuseppe Morozzo, illustre storico. Però nel secolo XVIII la congregazione perse molto della sua primitiva vitalità. Verso la fine dell’Ancien Regime, i Foglianti francesi contavano ancora 24 case, ma il numero totale dei monaci era calato a 162 monaci. La Rivoluzione soppresse i Foglianti, così come tutti gli altri Ordini Religiosi. Il monastero di Parigi, ormai vuoto, divenne il quartier generale del celebre Club dei Foglianti. In Italia la fine giunse con il 1802, sotto la pressione del governo napoleonico. Alcuni anni dopo, i Foglianti italiani sopravvissuti entrarono a far parte della Congregazione Romana dell’Ordine Cistercense.

Il primo superiore della casa dei Foglianti a Parigi, Bernard di Montgaillard (1562-1628) soprannominato “Il piccolo fogliante” fu un sostenitore ardente della Lega Cattolica e non riuscì a riconciliarsi con l’ascesa al trono di Enrico IV, un ex-ugonotto. Esiliato dalla Francia, il giovane sacerdote venne accolto calorosamente nei Paesi Bassi sotto il governo spagnolo. Con l’aiuto efficace del suo ammiratore Alberto, Arciduca di Asburgo, detto il Pio, egli fu eletto nel 1605 abate dell’abbazia di Orval, nel Lussemburgo, nonostante l’opposizione dei monaci della comunità. Malgrado la loro mancanza di entusiasmo, restaurò con successo l’antica abbazia restituendola al suo splendore originale, preparando così la via all’incorporazione successiva di Orval ai Cistercensi della Stretta Osservanza.

I Foglianti non fecero nulla per affiancare alla loro congregazione un ramo femminile. Margherita di Polastron fondava nel 1598 a Montesquion un monastero di monache. L’anno successivo, dopo la morte di Margherita, la comunità si trasferì a Tolosa; nel 1622, dietro insistente richiesta della regina Anna d’Austria, fu aperto un altro monastero a Parigi. Furono queste le Fogliantine.

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XI. La guerra delle Osservanze

L’organizzazione delle congregazioni rispondeva sia alle necessità amministrative che al desiderio di dare vita a una ripresa effettiva a livello morale. Verso la fine del XVI secolo movimenti in questo senso erano stati intrapresi efficacemente in tutti i paesi europei dove sussistevano ancora dei Cistercensi, meno che in Francia. Eppure i Cistercensi francesi avevano bisogno di una riforma al pari dei loro confratelli delle altre nazioni. Lungo il corso del secolo XVI quasi tutte le abbazie francesi dell’Ordine erano cadute sotto abati commendatari, mentre incessanti guerre civili e controversie religiose causavano ovunque distruzione e devastazione.

Una reale ripresa non fu possibile per mancanza di buona volontà o di sforzi sinceri; la causa fondamentale consisteva nelle condizioni caotiche a livello politico e religioso in cui versava la Francia. Il successo spettacolare dei Foglianti dimostrava eloquentemente quanto grande poteva essere la forza di rinnovamento a livello locale e circoscritto, ma un movimento a scala nazionale non avrebbe potuto essere lanciato senza che prima venisse restaurata la pace dall’energico e perspicace Enrico IV (1589-1610). Allora, se il paese voleva recuperare il tempo perduto, le forze represse dei Cattolici si ridestarono in tutto il paese con una inconsueta intensità. Tutti gli Ordini religiosi, ispirati spesso dai confratelli delle altre nazioni, intrapresero un totale rinnovamento, restaurando efficaci forme di controllo e una rigida vita ascetica.

I Cistercensi Francesi non potevano lasciarsi superare dagli altri ordini monastici nella ricerca di una concreta riforma interna. Fortunatamente, la sede abbaziale di Cîteaux venne occupata successivamente da quattro eminenti prelati, che non risparmiarono nessuna fatica quando le istanze di riforme chiedevano degli interventi attivi. Nel 1570 Gerolame de la Souchière (1564-1571) già abate di Clairvaux, che aveva partecipato al Concilio di Trento e che poi era stato nominato Cardinale, promulgò un esteso decreto di riforma, composto secondo lo spirito del Concilio di Trento. Nicola Boucherat I, un’altra personalità che aveva partecipato attivamente al Concilio, occupò molto del suo tempo nel realizzare visite regolari, ispirò una altra serie di regolamenti, che venne incorporata agli statuti del Capitolo generale del 1584. Edmond de la Croix (1585-1604) uno dei consiglieri più importanti dei suoi predecessori, compose un vero e proprio codice di riforma per l’Ordine, che venne presentato al Capitolo generale del 1601. Ma i tempi non erano ancora maturi per mandare in esecuzione un progetto tanto audace; perciò il Capitolo del 1605 dovette far marcia indietro e ripiegare sul progetto più modesto, presentato nel 1584. Alla fine, in circostanze più favorevoli, sotto l’abbaziato di Nicola Boucherat II (1605~1625) le forze della riforma fecero apertamente irruzione nella vita dell’Ordine, dando vita alla Stretta Osservanza.

Il movimento non fu il risultato di una iniziativa ufficiale; emerse spontaneamente da alcuni giovani monaci, che erano diventati impazienti di fronte alla lentezza degli ingranaggi burocratici del governo centrale di Cîteaux e che ebbero la fortuna di trovare un benevolo sostegno nella persona dell’abate di Clairvaux.

Gli inizi della Stretta Osservanza sono collegati per ragioni di convenienza al 1598. Fu in quell’anno che un giovane sacerdote, discendente di una nobile famiglia italiana, Ottavio Arnolfini, a soli 19 anni, veniva nominato, col favore del re Enrico IV, abate commendatario dell’abbazia de La Charmoye, un’abbazia cistercense della Champagne della filiazione di Clairvaux. Il giovane, di sentimenti nobili e religiosi, si sentì responsabile, ciò che non succedeva spesso, delle condizioni deplorevoli dell’abbazia, che era stata devastata durante gli anni precedenti dalla guerra civile. Ben presto si rese conto che non gli era possibile dare inizio alla riforma a meno che non fosse stato egli stesso monaco cistercense e quindi abate regolare. Perciò Arnolfini entrò a Clairvaux, dove fece il suo noviziato ed emise la sua professione monastica nel 1603. La grande abbazia, che a quell’epoca era governata dal Santo abate Denis Largentier (1596-1624), era sopravvissuta agli anni di distruzione, senza subire gravi perdite materiali e restava una vera e propria scuola di spiritualità cistercense.

Nel 1605 Largentier faceva la visita regolare a La Charmoye. Rimase così entusiasta del lavoro dell’Arnolfini, che gli affidò un’altra abbazia, quella di Châtillon. Per i tre anni seguenti-Arnolfini governava tutti e due i monasteri, ma nel 1608, consapevole della irregolarità di ritenere due benefici ecclesiastici, si trasferiva a Châtillon come abate regolare; e a La Charmoye gli successe un altro giovane monaco, Etienne Maugier, animato come lui da un gran zelo per la riforma, ma dotato di una più grande energia e ambizione.

Nel 1606, al Collegio san Bernardo di Parigi, Arnolfini e Maugier incontrarono il nipote dell’abate di Clairvaux, che si chiamava Abramo Largentier. Qui i tre firmarono un documento in cui rinnovavano la propria professione monastica ed esprimevano la decisione inflessibile di fare tutto il possibile per sollecitare la riforma, soprattutto per ripristinare l’osservanza della regola di san Benedetto, senza nessuna forma di mitigazione. Essi concludevano quel curioso patto con una velata minaccia: “… se i nostri superiori, dopo ripetute istanze, si rifiutassero ad acconsentire alle nostre proposte… siamo disposti a portare la croce di Cristo e qualsiasi tribolazione, piuttosto di venir meno alla nostra risoluzione”. Il riferimento all’osservanza della Regola senza nessuna forma di mitigazione indicava la loro decisione di ripristinare l’astinenza perpetua dalla carne, un uso che a quell’epoca era divenuto come il contrassegno delle comunità riformate. Per questo motivo, la piccola schiera di giovani cistercensi venne soprannominata come quella degli astinenti, mentre essi da parte loro facevano allusione agli altri membri dell’Ordine come agli anziani.

Denis Largentier simpatizzava totalmente con la nuova generazione e, come suo contributo personale alla loro causa, nominò dei priori aperti alla riforma, in alcune case della filiazione di Cîteaux, come ad esempio a Cheminon e a Longpont. Nella lontana Bretagna un’altra abbazia figlia di Clairvaux, Prières, si schierava per la Riforma. Il priore, Bernard Carpentier, riusciva a far diventare il monastero, già in condizioni disastrose, una scuola fiorente di rigido ascetismo.

L’abate di Clairvaux, se voleva vedere l’affermazione del movimento, doveva procedere con cautela. A causa dell’antagonismo che tradizionalmente aveva contrapposto Clairvaux e Cîteaux, non poteva rischiare di dare l’impressione che, una volta di più, Clairvaux si stava mettendo alla testa di un movimento separatista. Fu per questo che fino al 1615, non fece nulla per introdurre a Clairvaux l’astinenza perpetua dalla carne e quando, sollecitato dai suoi giovani ammiratori, alla fine lo fece, lo lasciò alla libera responsabilità dei suoi monaci. A quell’epoca l’astinenza era stata introdotta già in altre otto comunità, e la nuova disciplina richiedeva ovviamente una qualche approvazione ufficiale.

Nicola Boucherat II, abate generale, che aveva preso accordi in proposito con Largentier, dava la propria approvazione di buon grado, ma dietro il consenso del Capitolo generale che doveva essere convocato nel 1618. Il Capitolo elogiava la riforma in termini calorosi, però la preoccupazione principale dell’assemblea era quella di preservare l’uniformità della disciplina. Quindi, invece di concedere un’approvazione aperta e totale, il Capitolo proponeva una soluzione di compromesso: tutto l’Ordine avrebbe dovuto abbracciare la riforma in tutte le sue austerità, ma, invece di una astinenza perpetua per tutto l’Ordine, l’assemblea sceglieva di richiedere l’astinenza dalla carne soltanto dalla Festa dell’Esaltazione della Croce (14 settembre) fino a Pasqua.

La proposta non piacque ai pigri e agli indifferenti, e certamente provocò l’ostilità degli Astinenti. Protetti dai loro potenti sostenitori, gli Abati di Cîteaux e di Clairvaux, essi decisero di perseverare nella loro scelta di astinenza perpetua. Tale decisione divenne oggetto di un’altra dichiarazione, firmata da un imponente numero di Astinenti nel 1622, che riaffermava di nuovo il loro programma ormai non ulteriormente modificabile: “… osservanza integrale della Santa Regola, soprattutto dell’astinenza perpetua dalla carne e il non uso di indumenti di lino, la fedeltà nelle leggi costituite a proposito del digiuno e del silenzio e la custodia di tutte le altre norme che sono state gelosamente osservate dai nostri predecessori fin dai tempi più antichi.”

Il problema del rinnovamento dei Cistercensi era parallelo a quello di altri ordini monastici; così la corte di Luigi XIII, (1510-1543) interessata ai problemi religiosi decise di sollecitare la nomina di un visitatore apostolico per facilitare il coordinamento di tutti gli sforzi; questi avrebbe dovuto godere di un’ampia ed estesa autorità. Fu così che nel 1622 per promuovere la riforma fra gli Agostiniani francesi, i Benedettini, i Cluniacensi e i Cistercensi, Gregorio XV nominava visitatore apostolico per sei anni il Cardinale François de la Rochefoucauld, membro eminente della gerarchia francese, noto per la sua pietà e lo zelo riformista.

L’attivo Cardinale sentì subito l’influenza di Etienne Maugier e dei suoi intransigenti confratelli e, ovviamente dietro loro suggerimento, la Rochefoucauld promulgò all’inizio del 1623 un insieme sorprendente di articoli di riforma. Clairvaux, con tutte le sue case figlie situate in Francia, avrebbe dovuto costituire una congregazione riformata autonoma, autorizzata a convocare Capitoli separati e a mantenere dei noviziati comuni, ma separati da quelli delle altre abbazie, dove tutte le nuove vocazioni sarebbero state educate all’astinenza perpetua. L’organizzazione concreta della nuova congregazione della Stretta Osservanza avrebbe dovuto essere affidata a Maugier e ad Arnolfini.

Un documento così rivoluzionario fece esplodere una specie di bomba in mezzo al Capitolo generale, convocato in una sessione speciale nel Maggio del 1623. Le congregazioni riformate erano già sorte un po’ dovunque nell’Ordine: ma uno scisma di quel genere non poteva essere permesso in Francia!

In uno scoppio di indignazione i padri che partecipavano al Capitolo denunciarono apertamente e rigettarono l’ordine dei visitatore come qualcosa che “avrebbe portato alla divisione, alla segregazione, ad uno scisma e alla separazione: cose che non possono essere ratificate da nessun procedimento legittimo! Perciò tutto quello che aveva attinenza o portava alla promulgazione di qualcosa del genere… doveva essere considerato come privo di validità e senza effetto”. D’altro lato, lo stesso Capitolo si riservava di pronunciarsi a proposito dell’astinenza e permetteva ai riformatori di continuare in quella pratica fintanto che “non intaccava la carità o il bene e l’interesse fondamentale dell’Ordine”. Di più, Boucherat assicurava in privato il Cardinale che egli avrebbe continuato a sostenere gli Astinenti ed a favorire la loro causa. Per dare prova della sua sincerità, egli permise agli Astinenti di formare un viCariato a parte e subito nominava Maugier come vicario su tutte le abbazie riformate. Anzi, il Generale andava ancora oltre e incoraggiava gli Astinenti a radunarsi in Capitolo, dove avrebbero potuto anche emanare delle leggi come, a loro giudizio, sarebbe stato conveniente.

L’assemblea si riunì nel 1624 nella abbazia riformata di Vaux-de-Cernay, vicino a Versailles. Maugier ed altri nove superiori riformati non soltanto si trovarono d’accordo su questioni disciplinari, ma richiesero inoltre a Boucherat l’autorizzazione di convocare Capitoli annuali, di eleggere priori nelle abbazie che erano rette da abbati commendatari, di mantenere dei noviziati separati e di programmare essi stessi le loro visite regolari. Essi chiedevano inoltre che nessun monaco degli Anziani venisse trasferito in case riformate, e che nemmeno nessun monaco fra gli Astinenti venisse trasferito in comunità non riformate.

Boucherat acconsentì a tutte le richieste fino alla sessione successiva del Capitolo generale, che avrebbe dovuto dare un giudizio definitivo sui punti proposti; la sola eccezione era a proposito delle nomine dei priori conventuali, un diritto che volle conservare gelosamente. Così, ciò che la Rochefoucauld domandava per l’erezione di una congregazione autonoma, Boucherat lo concedeva a un vicariato. La differenza notevole tra le due soluzioni consisteva, naturalmente, nel fatto che il vicariato degli Astinenti doveva muoversi sotto l’autorità del Capitolo generale; tuttavia, l’ulteriore crescita non veniva per nulla ostacolata. Se Maugier fosse rimasto soddisfatto di queste generose concessioni, la riforma avrebbe potuto espandersi pacificamente in base ad adesioni volontarie e non sarebbe stato scritto un capitolo della storia dell’Ordine tanto sconcertante. Ma purtroppo non fu così.

La coincidenza con alcuni eventi tragici negli anni 1624-25 diede a Maugier l’impressione che la sua nascente Stretta Osservanza era in pericolo. Verso la fine del 1624 Denis Largentier moriva in una visita a Orval, e Boucherat moriva nella primavera dei 1625. La scomparsa quasi simultanea di questi due araldi della riforma indubbiamente rendeva più precaria la posizione degli Astinenti, ma presto seguiva una delusione ancora più grande. Le elezioni sia a Cîteaux che a Clairvaux avevano avuto luogo in un’atmosfera surriscaldata. A Clairvaux, Maugier si batteva per la successione del nipote dell’abate scomparso, Claude Largentier. Nonostante il vigoroso intervento del Cardinale de La Rochefoucauld in suo favore, Maugier non riuscì nel suo intento, e Claude Largentier espulse gli Astinenti dalla sua abbazia. La riforma perdeva per sempre Clairvaux. A Cîteaux l’introduzione del Cardinale trovò un rigetto identico e Pierre Nivelle, il nuovo abate eletto, non era di certo un entusiasta della riforma, nonostante fosse un uomo molto colto e di grande esperienza di governo.

In seguito a tali circostanze, la Stretta Osservanza perse un po’ di slancio, ma niente di più. Nivelle spontaneamente nominava ancora Maugier come suo vicario sugli Astinenti, e il Capitolo generale non pose nessun ostacolo per l’ulteriore diffusione del movimento. Verso il 1628 la Stretta Osservanza contava già 14 monasteri e il Capitolo generale nello stesso anno approvava i termini dell’accrodo firmato tra Boucherat e Maugier nel 1624. Nel 1628 terminava il mandato del Cardinale de la Rochefoucauld come visitatore straordinario, e così la futura Stretta Osservanza restava nelle mani dei suoi sostenitori.

Ma la crescita poco spettacolare della Stretta Osservanza lasciava molti monaci più giovani, della seconda generazione degli Astinenti, ancora più impazienti di quanto non lo fosse stato lo stesso Maugier. La conduzione della riforma si spostava gradualmente sulle spalle di Jean Jouaud, il quale nel 1631, all’età di soli 29 anni, diventava abate dell’abbazia di Prières. Il giovane abate aveva avuto modo di farsi molti amici influenti durante gli anni dei suoi studi a Parigi e si era avvicinato ai circoli dei consiglieri del Cardinale Richelieu in questioni di riforma religiosa. Quanto a professione monastica avrebbe dovuto essere un contemplativo, ma in realtà divenne un uomo energico e di ferrea volontà, ben formato in materia di diritto, e maneggiava la penna come un formidabile libellista.

Era questo lo sfondo dell’inattesa rielezione del Cardinale de la Rochefoucauld verso la fine del 1632, quale visitatore straordinario dei Cistercensi per altri tre anni. Le circostanze che favorirono questo riapparire dell’anziano Cardinale non sono chiare, ma non è impossibile che, secondo quanto sospettavano alcuni contemporanei, la manovra fosse stata escogitata dagli Astinenti, che avevano mobilitato i loro amici influenti a Roma e a Parigi. Comunque, una cosa è certa: avvenimenti drammatici cominciarono a verificarsi in rapida successione.

Dopo numerose consultazioni con i sostenitori degli Astinenti, il Cardinale promulgava un suo nuovo decreto, nell’estate del 1634, intitolato Progetto di sentenza per il ristabilimento dell’osservanza regolare nell’Ordine di Cîteaux. Le caratteristiche fondamentali del documento gettarono l’Ordine in uno scompiglio senza precedenti, che rimase acceso per più di mezzo secolo. Le ferite aperte in una guerra verbale incessante, talora anche accompagnata da violenze fisiche, non si sono mai completamente rimarginate.

La parte principale del testo della Sentenza di La Rochefoucauld, consisteva in 30 paragrafi e mirava alla completa riorganizzazione del governo dell’Ordine sotto il controllo esclusivo della Stretta Osservanza. Il provvedimento più rivoluzionario era la decisione drastica di sospendere la giurisdizione dell’abate e del Capitolo generale. L’autorità esecutiva sarebbe stata esercitata da un vicario generale, membro della riforma, fino a che la Stretta Osservanza fosse abbastanza consistente per assumere realmente il controllo di Cîteaux e delle altre principali abbazie dell’Ordine. Veniva proibito alle abbazie degli Anziani di accogliere dei novizi, mentre si autorizzava la Stretta Osservanza a prendere possesso di tutti quei monasteri che avrebbero potuto essere aperti a riforme efficaci e durature.

Immediatamente, Nivelle e i proto-abati presentavano le loro proteste alla corte del papa e si appellavano a Luigi XIII. Non appena all’estero si seppe dell’incidente, molte abbazie cistercensi, soprattutto la possente congregazione della Germania Superiore, minacciarono di separarsi se la Sentenza non fosse stata revocata. Ma a quel momento gli Astinenti avevano saldamente le cose in mano e nel 1635, con una scorta militare, La Rochefoucauld entrava nel Collegio san Bernardo di Parigi, ne espelleva il Rettore e il personale, e cambiava l’istituzione nel quartier generale della riforma.

Come ultima disperata mossa Nivelle e i suoi colleghi si appellarono al Cardinale Richelieu. Il gran ministro offri la possibilità del suo aiuto e della sua protezione, ma anch’egli poneva come prezzo la sua personale elezione ad abate generale dell’Ordine. Nivelle, dietro compenso del vescovado di Luçon, fu costretto a dare le dimissioni e il 19-XI-1635, una finta elezione concedeva a Richelieu il titolo abbaziale. Comunque, egli non mancò di fare la sua, in quell’intrigo. Assunse Jean Jouaud tra il personale del suo segretariato e incominciò a realizzare ed ampliare la Sentenza di La Rochefoucauld con energia ancora maggiore di quella che avrebbe potuto raccogliere l’anziano Cardinale. Maugier venne nominato di nuovo vicario della riforma e questi si rimise al lavoro pieno di zelo per una propaganda efficace della Stretta Osservanza. Gli Anziani che facevano parte della comunità di Cîteaux vennero letteralmente buttati fuori e sostituiti nel 1637 con una nuova comunità di Astinenti. In altre abbazie vennero prese delle misure analoghe e solo la disponibilità limitata di monaci Astinenti poté mettere freno allo zelo di Maugier. Ma anche così, fino alla morte di Richelieu, avvenuta nel 1642, il numero delle abbazie in possesso della Stretta Osservanza venne raddoppiato da 15 a 30 e ci si gloriava di aver raggiunto quasi 400 monaci. La maggior parte delle abbazie conquistate da poco preferì arrendersi pacificamente piuttosto che lottare. In alcuni casi dove venne fatta un po’ di resistenza, per esempio a Barbery o a Igny, vennero prese delle misure militari.

Maugier non doveva assaporare a lungo la vittoria. Egli moriva prematuramente nel 1637 al Collegio san Bernardo. Il suo amico di tutta la vita, Ottavio Arnolfini, che era ancora vivo ma in precarie condizioni di salute, doveva succedergli nel suo compito, ma moriva nel 1641. Da questo momento in poi, e sotto diversi titoli, Jean Jouaud doveva fungere da maestro e da conduttore del destino degli Astinenti.

Ma ci fu un punto, certamente, che guastò il generalato cistercense del Cardinale Richelieu. La sua elezione era molto dubbia per diverse ragioni, e quindi egli non fu accettato dalle congregazioni straniere. Fu ancora più umiliante per lui il fatto che la Santa Sede rifiutò risolutamente di concedergli la dispensa necessaria perché la sua elezione, difettosa da un punto di vista formale, fosse valida dal punto di vista canonico. Però l’atteggiamento negativo della Curia era soltanto un sintomo che le relazioni tra Parigi e Roma, alterate dalle questioni gallicane, stavano peggiorando. Nei decenni successivi le due osservanze cistercensi, polemizzando fra loro, continuarono a sfruttare le loro conoscenze con una grande perspicacia diplomatica. Jouaud, con la falsa presunzione che un sostegno del governo poteva continuare anche dopo la partenza di Richelieu, continuò a ricercare protezione e vantaggi a livello politico, invocando i princìpi del gallicanesimo e rifiutando rudemente i tentativi di mediazione che venivano dal papa. Gli Anziani, denominati ufficialmente come Comune Osservanza, da parte loro, si rivolgevano per comodità a Roma per essere riconfortati e indossavano le vesti di difensori fedeli dei diritti del papa contro l’intrusione dei secolari nelle questioni fondamentali della religione. La posizione della Comune Osservanza venne ulteriormente migliorata a Roma dal sostegno di un Cistercense italiano che godeva di una grande influenza, Ilarione Rancati (1594-1663), abate di Santa Croce e procuratore generale, un teologo e un consultore del papa molto ammirato. Fu Rancati che, alla fine del 1635, otteneva da Urbano VIII un breve a condanna della presa del Collegio di Parigi e che dichiarava nulla e revocava tutte le misure del Cardinale de La Rochefoucauld che privavano Cîteaux dei suoi antichi privilegi. Fintanto che Richelieu era vivo, il breve papale non poteva nemmeno essere nominato, ma dopo la sua morte il documento, finalmente scoperto, rialzò di molto il morale della scoraggiata Comune Osservanza.

Richelieu si stava aggrappando ancora alla sua vita ormai in via di totale declino, quando alcuni dei membri della comunità di Cîteaux, che erano stati espulsi, ricominciavano a tornare alla loro abbazia. Non appena si seppe della morte del Cardinale, altri monaci accorrevano ancora, e il 2 gennaio del 1643, 21 Anziani, in mezzo agli Astinenti che protestavano a gran voce, eleggevano come loro nuovo abate Claude Vaussin (1608-1670). La scena, tumultuosa, era certamente ben lontana dal costituire una elezione legittima, ma la persona era stata scelta bene. Vaussin, un giovane monaco di 3 5 anni, non era solo una persona di grandi talenti, proveniente da una eminente famiglia borghese di Digione, ma era anche il favorito del governatore della Borgogna, Enrico Il dei Borboni, Principe di Condè.

Fu allora la volta di Jean jouaud di elevare delle proteste, sotto accusa che, secondo la Sentenza di La Rochefoucauld e le norme di Richelieu, i membri della Comune Osservanza non avrebbero potuto essere eletti abati. Durante il conflitto legale, estremamente complicato, che ne derivò, Vaussin rimase prudentemente nell’ombra. Colui che guidava la strategia degli eventi, che si conclusero in favore della Comune Osservanza, era Claude Largentiér, abate di Clairvaux, pienamente sostenuto da Rancati a Roma. Il risultato definitivo venne da una decisione del consiglio del re del 5 aprile del 1645, che lasciava intatta la questione della validità della Sentenza di La Rochefoucauld, ma che restaurava il diritto attivo e passivo degli Anziani nelle elezioni abbaziali. Così, secondo tutte le formalità che il caso richiedeva, si tenne a Cîteaux una nuova elezione; il 10 maggio Vaussin riceveva unanimemente il voto dei 36 membri della sua osservanza, e i 16 Astinenti di Cîteaux votavano in favore di Jouaud. La vittoria di Vaussin venne immediatamente ratificata dall’approvazione del re e del papa.

I monaci della Stretta Osservanza, accusarono il colpo, considerarono per un po’ la possibilità di accettare un compromesso, cioè l’idea di dare vita a una congregazione autonoma sotto l’autorità nominale di Vaussin; ma alla fine prevalse l’aggressività di Jouaud. Sulla base della validità della tanto contestata Sentenza, la Stretta Osservanza sfidò e mise in dubbio la legittimità dell’elezione di Vaussin e richiese l’immediata esecuzione delle norme emanate da La Rochefoucauld. La causa legale, che si trascinò per almeno dieci anni, alla fine giunse fino al Parlamento di Parigi, ma nella contesa il problema effettivo venne oscurato in pratica da considerazioni di carattere diplomatico interno e dal sorgere del Giansenismo.

Questa nuova situazione, era meglio controllata da Jouad. Con il nuovo Papa, Innocenzo X (1644-1655), l’influenza di Rancati diminuì grandemente, mentre quella di Jouaud cresceva e si affermava, nell’ambiente che circondava la Reggente, la Regina Anna d’Austria. La Regina divenne una delle più ardenti sostenitrici della Stretta Osservanza e la lotta contro il Giansenismo doveva procurarle a Roma una posizione eccellente e influente: se il Papa sembrava riluttante di fronte alle richieste della Stretta Osservanza, la Regina si sarebbe dimostrata ugualmente riluttante a procedere contro i giansenisti.

Vaussin cercò di neutralizzare la posizione più vantaggiosa dei suoi oppositori utilizzando l’intervento impaziente delle grandi abbazie della Germania e della Svizzera. Esse avevano a Roma un notevole peso, ma a Parigi non avevano nessuna incidenza. Così, la decisione del parlamento di Parigi del 3 luglio 1660 faceva ritornare la situazione così com’era al 1634: si dichiarava valida la Sentenza di La Rochefoucauld e anzi si ordinava di prendere misure ancora più rigide. Solo la Stretta Osservanza avrebbe avuto il diritto di ammettere dei novizi, e solo gli Astinenti potevano essere eletti abati..phpettandosi un provvedimento del genere da tanto tempo, molte comunità cistercensi decisero di sottomettersi alla riforma molto prima del 1660, e sotto la pressione esercitata legalmente, la diffusione del movimento aveva registrato un’accelerazione già prima di quella data. Verso il 1664 il numero delle abbazie controllate dagli Astinenti era di 55, con un totale di circa 700 monaci.

Tuttavia dei cambiamenti considerevoli nell’orizzonte politico convincevano Vaussin che, sebbene avesse perduto una battaglia, egli avrebbe potuto ancora vincere la guerra. Per prima cosa con il pontificato di Alessandro VII (1655-1667) l’influenza di Rancati raggiunse il massimo grado. In secondo luogo, agli inizi del 1661, dopo la morte di Mazzarino, il giovane Luigi XIV prendeva personalmente in mano il governo del paese. Oltre all’assolutismo che caratterizzava le sue concezioni politiche, egli guardava di traverso qualsiasi movimento che attaccava l’autorità costituita; le severe richieste della Stretta Osservanza gli sembravano equivalere a ribellioni contro l’abate generale. Inoltre, l’atteggiamento benevolo delle grandi abbazie della regione del Reno sembrava quasi allettante ad un monarca che considerava l’espansione della Francia verso l’Est. Ben consapevole della alleanza che univa Vaussin e i suoi colleghi tedeschi, Luigi XIV ritenne che sostenere l’autorità dell’abate generale fosse un espediente politico favorevole per lui. E, da ultimo, con l’instaurazione di un nuovo regime di governo in Francia, l’atmosfera di religiosità che aveva circondato l’anziana Regina Madre svaniva. Non essendo più reggente e in condizioni di salute precarie, stava rapidamente perdendo il controllo degli affari pubblici.

Fu in queste circostanze che Vaussin richiese al Consiglio di stato del Re di permettere il trasferimento a Roma, per un arbitrato affidato al Santo Padre, della contesa che sembrava non finire mai. La decisione del Consiglio di Stato del 18 giugno 1661 confermava il verdetto ratificato dal Parlamento l’anno precedente, ma autorizzava la Comune Osservanza ad appellarsi alla Santa Sede per il giudizio definitivo.

Jouaud, che aveva la meglio per superiorità strategica, si rivolse nuovamente al Parlamento per essere consolato e fece pubblicare una serie di opuscoli sarcastici contro Vaussin e l’intervento del papa, ma non riuscì a impedire che l’abate generale si appellasse a Roma e perorasse personalmente la causa della Stretta Osservanza. Il lavoro di Vaussin in curia (dal novembre 1661 al marzo 1662) si dimostrò più che soddisfacente. Egli convinse le autorità che preservare l’unità dell’Ordine e promuovere una riforma generale era più importante del dominio della Stretta Osservanza. Di conseguenza, un nuovo breve papale invalidava espressamente la Sentenza di La Rochefoucauld, nominava appositamente una congregazione romana per i problemi dell’Ordine Cistercense e invitava delle rappresentanze di tutte e due le osservanze a partecipare alla formulazione di un codice di riforma cistercense che impegnasse tutte le abbazie.

Le relazioni diplomatiche tra la Francia e Alessandro VII peggioravano e non fu possibile perciò applicare immediatamente il breve papale in tutti i suoi termini; però nel 1664 Vaussin era nuovamente disposto a tornare a Roma per la fase definitiva della causa fra le due osservanze. Jouaud, prevedendo il peggio, era più incline a boicottare i negoziati di Roma, ma una riunione di abati Astinenti decise alla fine di inviare a Roma due personalità del loro gruppo per difendere la Stretta Osservanza. Si trattava di Dominique George, abate di Val-Richer e di Armand Jean le Bouthillier de Rancé (1626-1700) abate dell’abbazia della Trappa, recentemente riformata.

Fu quella la prima apparizione di De Rancé sullo sfondo di quello scenario agitato: si era già molto parlato della sua conversione alla vita monastica. Egli era stato scelto senz’altro per la sua cultura, la sua pietà e la sua eloquenza, ma anche per le sue relazioni con i membri dell’aristocrazia. La sua indole, il suo ascetismo ostentato e la sua inflessibilità, purtroppo, non furono i fattori più positivi per l’affermazione della sua causa a Roma. Egli istintivamente assunse il ruolo di un secondo san Bernardo in mezzo alla Curia, e cercò di dare ai Cardinali della congregazione speciali lezioni sulla spiritualità monastica e sulla riforma, sebbene avesse egli stesso fatto professione monastica solo alcuni mesi prima di partire per Roma. Comunque, egli dimostrò di essere molto capace e di saper raccogliere in modo ammirevole il sostegno di molte grandi personalità, quali il venerato Cardinale Giovanni Bona, della Congregazione dei Foglianti, di Paolo de Gondi, del cardinale de Retz.

Non si dubitò mai di quale sarebbe stata la conclusione dell’arbitrato di Roma. Alla fine del 1665 la bolla di Riforma dell’Ordine Cistercense era pronta per la promulgazione e solo l’opposizione della morente Anna d’Austria fu la causa del ritardo. Agli inizi dell’anno successivo, Anna d’Austria moriva e la bolla tanto attesa venne pubblicata, sotto forma di una costituzione apostolica, il 19 aprile 1666. Conosciuta come la In suprema dalle parole iniziali, servi come codice della disciplina dell’Ordine Cistercense fino alla rivoluzione francese.

Il documento interpretava la Regola di san Benedetto capitolo per capitolo e prescriveva la stessa disciplina per tutte e due le osservanze, eccezion fatta per la sola astinenza. La Stretta Osservanza doveva mantenere l’astinenza perpetua; la Comune Osservanza riceveva invece l’autorizzazione di mangiare carne tre volte alla settimana, ma non durante l’Avvento e la Quaresima, in cui l’astinenza doveva essere totale. Più significative erano le norme che organizzavano la Stretta Osservanza come entità giuridica distinta all’interno dell’Ordine. Il Papa elogiava gli Astinenti per il loro zelo e la loro disciplina esemplare ed esprimeva i suoi migliori auspici per un ulteriore sviluppo del movimento, ma la Stretta Osservanza doveva accontentarsi di una autonomia limitata, con la supervisione di Cîteaux e del Capitolo generale. Le abbazie che seguivano la riforma dovevano essere suddivise in due province, ciascuna delle quali dipendeva da un visitatore scelto tra gli Astinenti. Il Collegio san Bernardo doveva essere condiviso dalle sue osservanze e dipendere dalla revisione del Capitolo generale. Trasferire monaci da una osservanza all’altra era permesso solo in via eccezionale. La concessione più sorprendente fatta alla Stretta Osservanza era il diritto di designare dalle sue abbazie dieci delegati per il Definitorio, il Comitato Esecutivo del Capitolo generale. E come nota finale di precauzione, il Papa imponeva silenzio perpetuo a coloro che avrebbero potuto essere inclini a riaprire il conflitto.

La costituzione papale venne solennemente promulgata durante il Capitolo generale del 1667, che era la prima sessione dopo una convocazione irrilevante tenuta nel 1651. La lettura del documento non era ancora stata completata, quando De Rancé si alzò e dichiarò che la bolla era il risultato di informazioni sbagliate e di frodi, promulgata con il solo intento di reprimere la Stretta Osservanza. Egli quindi si riservava il diritto di inoltrare ulteriori ricorsi legali in proposito. La protesta di De Rancé venne sottoscritta da tutti gli Astinenti che partecipavano al Capitolo.

La morte di Alessandro VII nello stesso anno offriva agli Astinenti l’opportunità di rivolgere le loro lagnanze al nuovo papa, Clemente IX (1667-1669). La petizione venne presentata a Roma dal cardinale de Retz. Ma, profondamente al corrente dei problemi dei Cistercensi, il nuovo Pontefice non solo rifiutava l’appello, ma in termini forti condannava l’atteggiamento temerario di De Rancé.

La costituzione In suprema stabiliva Capitoli triennali, e Vaussin subito si impegnò nei preparativi del Capitolo del 1670. La sua morte, avvenuta a Digione il I febbraio 1670, mentre era impegnato nelle sue attività, fu una grave perdita per la causa della pace, come in seguito ammetteranno anche i suoi avversari. Egli era un uomo di gran buona volontà e dotato di una sapienza pratica sempre più disposto ad accettare dei compromessi ragionevoli che a lottare per conseguire una schiacciante vittoria. In quella contesa poco piacevole il ruolo del grande protagonista era piombato addosso a lui, ma il suo tatto e la deferenza che seppe dimostrare verso i proto-abati assicurarono, almeno all’interno della Comune Osservanza, un epoca di armonia e di collaborazione.

Il successore di Vaussin fu Jean Petit (1670-1692), laureato in diritto canonico, uomo di intelligenza penetrante, ma fortemente attaccato ai suoi principi, uno dei quali era la assoluta autorità su tutto l’Ordine. Nel giro di un anno egli si trovò immerso in conflitti non solo con gli Astinenti, ma anche con i proto-abati. La morte di Vaussin aveva costretto a posticipare il Capitolo generale annunciato per il 1670; e il Capitolo si riunì nel 1672. Fu il più burrascoso tra quanti vennero mai registrati negli annali cistercensi. I proto-abati si ritrovarono stranamente alleati con la Stretta Osservanza, gli uni e gli altri infatti contestavano i metodi con cui Petit cercava di controllare le assemblee generali. Raggruppò nel definitorio i propri sostenitori e ridusse i delegati degli Astinenti da dieci a sei. I proto-abati e i membri della Stretta Osservanza abbandonarono in modo drammatico l’assemblea e il Capitolo venne interrotto con grande disordine.

La morte di Jean Jouaud nel 1673 non fece che aggravare quella già tanto ingarbugliata situazione. Indubbiamente, era una persona combattiva, ma la sua dedizione alle più genuine tradizioni cistercensi non potrà mai essere messa in discussione. La conduzione della Stretta Osservanza passò a De Rancé, la cui inclinazione per le dispute è leggendaria e la cui adesione al rigorismo morale era un povero surrogato alla sua mancanza di comprensione dell’autentico spirito cistercense.

La Stretta Osservanza non aveva mai goduto di grande favore a Roma; Rancé decise quindi alla fine del 1673 di tentare un’altra via perché venissero ascoltate e fossero riparate le questioni oggetto delle sue lagnanze: in quel momento esse comprendevano anche la sessione interrotta in così malo modo del Capitolo generale dell’anno precedente. Egli indirizzò un eloquente appello alla persona stessa dei Re, e si impegnava ad accettare il suo verdetto come se fosse stata la voce stessa di Dio. La sua iniziativa era accompagnata dalla mobilitazione generale dei numerosi amici di Rancé a Parigi e a Versailles, e da una nuova ondata di opuscoli diffusi su larga scala. L’esame dei punti che egli sollevava venne affidato a un comitato regale appositamente costituito, guidato da François de Harlay de Champvallon, arcivescovo di Parigi. Petit non era assolutamente in grado di controbilanciare l’influenza di Rancé nell’alta società parigina, e ci si attendeva un verdetto in favore della Stretta Osservanza. Fu l’intervento inevitabile delle abbazie cistercensi straniere che invertì la corrente e costrinse il Re a mutare pensiero; in quel momento critico il suo esercito era impegnato in una campagna inconcludente nella regione del Reno, la zona dove più forti si elevavano le proteste. Il 19 aprile 1675 il Consiglio di Stato respinse le rivendicazioni degli Astinenti, ma permetteva agli iniziatori della nuova querela di rivolgersi a Roma, se desideravano portare avanti la controversia. Il Papa era in quel momento Clemente X (1670-1676) quello stesso Emilio Altieri che per anni era stato responsabile della congregazione romana per i problemi dell’Ordine di Cîteaux. Fu soltanto questo fatto a scoraggiare le attese che gli Astinenti riponevano in Roma, e la questione venne temporaneamente sospesa.

Le lagnanze sollevate dagli Astinenti e le loro rivendicazioni sembravano dover continuare per sempre; ma anche i papi sono mortali. A Clemente successe Innocenzo XI (1676-1689), un santo asceta, che prima non aveva avuto niente a che fare con la guerra delle osservanze dei Cistercensi; si credeva però che avesse una grande stima di Rancé e dei suo gran successo alla Trappa. Dopo che l’abate della Trappa ebbe ottenuto alcuni importanti brevi papali in favore della propria abbazia, la Stretta Osservanza decise di fare un ultimo tentativo per far riconsiderare la Sentenza di La Rochefoucauld. Verso il 1677 degli emissari degli Astinenti stavano lavorando sodo a Roma. Questa volta le autorità si dimostrarono più aperte e quindi venne alla luce il testo di una nuova bolla papale che incorporava la maggior parte delle clausole della famosa Sentenza e portava la Stretta Osservanza ancora una volta quasi al varco della piena vittoria. Ma le relazioni del Papa con la Francia avevano raggiunto un punto critico e la Curia non osava pubblicare il documento senza consultare prima Luigi XIV. La nunziatura apostolica a Parigi venne incaricata di intraprendere delle conversazioni amichevoli per indagare le disposizioni del Re; verso gli inizi del 1679 i risultati non restavano ormai più a lungo segreti: il Re, sebbene fosse in un atteggiamento benevolo nei confronti della riforma, non avrebbe permesso che l’autorità di Cîteaux venisse indebolita dalla costituzione di una congregazione indipendente. Chiaramente, non c’era altro da fare che lasciar cadere le cose, completamente, e per sempre.

Non furono fatti altri passi legali, ma la saggezza un po’ lenta di Jean Petit che alla fine portò a dei provvedimenti che miglioravano ancora le condizioni giuridiche della Stretta Osservanza. Dopo aver combattuto per più di dieci anni su due fronti, egli venne finalmente alla conclusione che non avrebbe potuto sconfiggere i proto-abati senza far pace con la Stretta Osservanza. Per il 1683 si annunciava finalmente una sessione del Capitolo generale, dopo grandi rinvii. Per evitare il confronto aperto del 1672, Jean Petit negoziava con gli Astinenti un accordo ragionevole. Egli assicurava loro una indipendenza di fatto nel governo delle loro case, che erano circa 60 a quel momento, ed assicurava agli abati della riforma il diritto di tenere delle riunioni annuali, pur riservandosi il diritto della presidenza. Tali assemblee avrebbero goduto di nominare i visitatori regolari; lagnanze di qualsiasi genere sarebbero state demandate alla valutazione di una delegazione di abati della riforma. E da ultimo, Jean Petit assicurava la Stretta Osservanza che non era contrario affatto all’introduzione della riforma là dove la maggioranza dei monaci si fosse espressa favorevolmente.

Così, dopo 60 anni di incessanti controversie, l’ingranaggio ritornava al suo punto di partenza, dopo aver lentamente girato su se stesso. L’accordo raggiunto da Jean Petit e la Riforma rassomigliava molto da vicino al contratto del 1624, concluso fra Nicola Boucherat e Etienne Maugier. È inutile stare ad immaginare quale sarebbe stata l’evoluzione del movimento se non ci fossero stati quegli accaniti sforzi di coinvolgere Cîteaux nella burrasca. Eppure non è del tutto infondato affermare che se la Stretta Osservanza avesse applicato tutte le sue forze materiali, intellettuali e spirituali per una penetrazione pacifica nell’Ordine, piuttosto che cercare una affermazione attraverso pressioni autoritarie, i risultati finali avrebbero potuto essere più gratificanti anche se forse meno spettacolari.

Per colmo di ironia, quando la contesa giungeva alla fine, la Stretta Osservanza subiva già un processo di frantumazione. Il fattore che causava la divisione tra le fila della riforma era soprattutto la personalità stessa di Rancé. Durante l’amministrazione di Richelieu, le autorità degli Astinenti avevano elaborato un codice per la disciplina della riforma, che sostanzialmente era basato sul Libro delle Antiche Definizioni del 1316. Era stato quel codice lo strumento di una uniformità notevolmente ben preservata, fino a quando non venne sfidato da Rancé e dai suoi discepoli. I regolamenti che egli aveva steso per l’abbazia della Trappa andavano molto al di là delle strutture stesse degli Astinenti quanto alla loro severità, ed egli insisteva di avere il diritto di dare forma alla spiritualità della sua comunità così come gli sembrava meglio. Dopo il 1667 egli non partecipò più né alle sessioni del Capitolo generale né alle assemblee speciali della Stretta Osservanza, e rifiutò risolutamente qualsiasi tentativo per ricondurre la sua abbazia entro le linee seguite dalle altre comunità riformate.

Se resta innegabile lo zelo e la pietà di De Rancè, bisogna segnalare che le caratteristiche più salienti della sua riforma alla Trappa costituivano delle novità nella storia dell’Ordine. Invece di dare nuova vita alle autentiche tradizioni cistercensi, la Trappa rifletteva lo sviluppo della spiritualità del suo riformatore e l’eccessiva accentuazione ascetica del XVII secolo in Francia. Rancé credeva che la vita monastica fosse fondamentalmente una forma di vita penitenziale; i monasteri erano come delle prigioni, i ricoverati erano criminali, condannati a trascorrere il resto della loro vita in severe penitenze corporali. Il dovere principale dell’abate era quello di creare per i suoi monaci umiliazioni di ogni genere e di incoraggiarli a praticare austerità anche a costo di provare alcun genere di soddisfazione nel lavoro o nei vari esercizi; l’attività che più si addiceva a loro era quella di piangere i propri peccati. A questo fine era accordata la disciplina della casa, il menu e l’orario del giorno. Rancé e i suoi seguaci moltiplicarono il tempo da trascorrere in preghiera, si applicarono preferibilmente a lavori faticosi, misero una nuova eccessiva importanza sul silenzio e bandirono dalla loro mensa non solo la carne, ma anche il pesce, le uova e il burro. In certa misura, lo spirito eroico dei primi cistercensi era tornato a nuova vita alla Trappa, ma alla meravigliosa intensità contemplativa dello spirito mistico di san Bernardo, Rancé aveva sostituito la pesantezza opaca del rigorismo del suo tempo.

L’introduzione della riforma a Sept-Fons, un altro centro famoso di rinascita di vita monastica, fu opera di Eustachio di Beaufort (1636-1709). Nel 1656, quando ricevette l’abbazia grazie a un privilegio del re, egli era soltanto un giovane di vent’anni. Un po’ a denti stretti egli decise di farsi monaco, completò il suo noviziato a Clairvaux, ma si integrava alla Stretta Osservanza solo nel 1664, dopo aver fatto l’esperienza di una seconda conversione. Negli anni successivi, Beaufort venne influenzato profondamente da De Rancé, anche se Sept-Fons, per proprio conto, sviluppò una versione indipendente della disciplina degli Astinenti.

Una situazione analoga emerse a Tamié, dove la Stretta Osservanza veniva introdotta nel 1677 dall’abate Jean-Antoine de la Forest de Somont, che si muoveva seguendo l’ispirazione che gli veniva da Rancé. L’unico discepolo inflessibile di Rancé tra i Cistercensi fu Charles de Benzeradt, abate di Orval, che mandava i suoi monaci alla Trappa perché vi fossero formati e adottò nel 1674 i regolamenti di Rancé. Orval a sua volta tentò di imporre lo stesso stile di vita alle comunità di Conques (1679), Düsselthal (1701) e Beaupré (1710). Tra le case Cistercensi solo Orval e le sue tre case figlie diedero un saldo punto d’appoggio al Giansenismo. Rancé aveva molti amici fra i Giansenisti, ma cercò di evitare di esserne coinvolto.

La Stretta Osservanza rimase fino alla Rivoluzione Francese una istituzione di carattere quasi esclusivamente francese; ma nel 1705 la Trappa infondeva nuova vita e riformava l’abbazia italiana di Buonsollazzo, che a sua volta introduceva la stessa osservanza anche a Casamari, nel 1717. L’ultimo fenomeno di espansione fu l’acquisizione e la riforma operata da Sept-Fons dell’abbazia di Val-des-Choux, che era una abbazia Caulita, che cioè faceva parte di una congregazione contemplativa indipendente. Con la nuova sistemazione giuridica, l’antica abbazia cambiava la propria denominazione in Val-Saint Lieu. Come accadeva in tutto il mondo monastico francese durante il secolo XVIII, la Stretta Osservanza perdeva molto del suo fervore primitivo, anche se le abbazie della Trappa e di Sept-Fons restarono fino alla fine comunità numerose, con una disciplina esemplare.

Durante il XVII secolo la Stretta Osservanza incorporava 5 monasteri di monache cistercensi (Maubuisson, Argensolles, Lieu-Dieu, Thorigny, Sainte-Catherine d’Angers), mentre il monastero di Les Clairets veniva riformato sotto la tutela della Trappa.

Alcune comunità più piccole cambiarono diverse volte la loro obbedienza, ed è quindi difficile attribuire un numero preciso di abbazie alla Stretta Osservanza, prima della Rivoluzione. Quando raggiungeva l’apice del suo sviluppo, la Stretta Osservanza comprendeva circa 65 case, e 5 monasteri di monache.

Bibliografia

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L.J. Lekai, I Cistercensi. Ideali e realtà, X, Certosa di Pavia, 1989.

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