Cerreto |
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StoriaIn località Pandino, provincia di Cremona; l’origine del nome, cerretum, stava ad indicare “bosco di cerri” e in questa località già verso il 1040, il Vescovo di Lodi Ambrogio II possedeva delle terre, dove si insediarono i signori di Cassino; un esponente di tale famiglia, Benno, donò, con atto datato 6 dicembre 1084, delle terre ai Benedettini affinché fondassero un’abbazia. Essa diventò autonoma nel 1087 e i monaci iniziarono subito un radicale intervento di bonifica dei terreni assai inospitali, soprattutto con l’aiuto dei conversi, facendo raggiungere al monastero un ruolo considerevole, sia dal punto di vista dei possedimenti terrieri, che da quello agricolo. In occasione dello scisma di Anacleto II, i Benedettini parteggiarono per l’antipapa, ed essendosi anche rilasciati nell’osservanza, si pensò di sostituirli; fautore di tutto ciò fu il Vescovo Guido di Lodi, che aveva accompagnato San Bernardo a Milano al suo ritorno dal Concilio di Pisa (1134); secondo il Bedini i Cistercensi andarono a sostituire i Benedettini il 29 settembre 1135, mentre la Fraccaro riporta come anno il 1136, naturalmente appoggiandosi a diversi autori, specificando tuttavia il fatto che non esiste per tale abbazia una sicura Carta di fondazione, così come, ad esempio, per Chiaravalle Milanese. I monaci cistercensi ivi insediatisi provenivano proprio da Chiaravalle e furono capeggiati, in quest’impresa, dall’abate Brunone. Nel 1139 il Papa Innocenzo II conferma il passaggio ai Cistercensi con una Bolla del 19 novembre, che sottopone l’abbazia del Cerreto a quella di Chiaravalle Milanese; seguono altre due Bolle: nel 1144 dell’Arcivescovo Robaldo di Milano, che confermò i beni dell’abbazia, e nel 1148 del Papa Eugenio III di conferma di quella del 1139. I Cistercensi continuarono il lavoro avviato dai Benedettini, con la bonifica delle terre via via ricevute in dono; nel 1439 l’abbazia passò sotto Commenda e nel 1481 vi si insediarono gli Osservanti, ma quest’ultima notizia è riportata solo dalla Fraccaro. Nel frattempo il monastero, che era già stato teatro di guerre nei secoli XIII e XIV, fu molto danneggiato il Cardinale Recanati, Commendatario dell’abbazia, restaurò parte degli edifici conventuali e Federico Cesio, nel 1541, restaurò la chiesa. Il 19 giugno 1798 il monastero fu soppresso; oggi la chiesa è parrocchia. ArchitetturaLa Fraccaro, dopo aver analizzato le proposte di diversi autori, ritiene che l’arco temporale più probabile per l’edificazione della chiesa sia stato il 1160-70, in quanto così sarebbero giustificati elementi gotici d’importazione francese, altrimenti troppo precoci e improbabili qualche decina d’anni prima. La particolarità di tale chiesa è il suo rivestimento, tutto in laterizio, valorizzato dopo i restauri degli ultimi anni, e i chiari caratteri dell’arte locale: infatti, in generale, l’impianto non è propriamente francese, data la presenza di massicci pilastri, del rivestimento in mattoni, dei capitelli cubici ad angoli smussati, fino al ritmo delle arcate a tutto sesto lungo l’intera navata, elementi, questi, tutti propriamente romanici. La planimetria è di tipo basilicale, a tre navate a sistema alternato, di cui quella centrale composta da quattro doppie campate rettangolari, a cui corrispondono, nelle laterali, Otto piccole campate. I pilastri sono tutti in mattone, formati da tre massicce colonne semicilindriche e senza base. Le volte hanno uno slancio verticale abbastanza pronunciato e quella all’incrocio è di taglio più acuto rispetto a quelle della navata; le cordonature attuali sono solo dipinte. Nelle campate laterali i pilastri sono a muro. Il transetto è aggettante, formato da una campata per ogni braccio, sul quale si aprono, per ciascuno, tre cappelle rettangolari e con un coro anch’esso rettangolare ad una campata. Il transetto è coperto da volte a crociera cordonate, mentre le cappelle presentano una volta a botte acuta e a sezione acuta è anche l’arco d’ingresso. Il coro è analogo alle cappelle, sia per la volta che per l’arco d’ingresso, ed è molto più basso della navata centrale, presentando infatti una parete forata da due oculi. La facciata della chiesa è a frontone spezzato, divisa in cinque zone da quattro lesene; quella centrale si arricchisce di un piccolo rosone forato da cinque tondi disposti a croce; in alto essa termina con un fregio ad archetti a tutto sesto su fondo bianco, sormontati da mattoni disposti a sega e a filari lisci. La facciata è preceduta da un grande portico che subì, come la facciata stessa, un rifacimento barocco, e poi ripristinato nel 1944: esso è a tre campate, coperte con volte a crociera, con la centrale aperta da un’ampia arcata a tutto sesto (non toccata dal rifacimento), e le laterali con tre piccole arcate per parte, rifatte, invece, ex-novo. La parte esterna dell’edificio è stata quella più soggetta a rifacimenti; per la sua descrizione seguiamo la traccia data dalla Fraccaro, assai esauriente in tutti i particolari. Nel fianco settentrionale i contrafforti sono disposti orizzontalmente, elevantisi dal tetto delle navatelle, in corrispondenza di quelle verticali; ogni campata, sia della navata centrale che di quelle laterali, aveva finestre ad arco a tutto sesto, anche se ora sono rettangolari, ricavate nel periodo barocco, conservando però la traccia dell’arco antico. I rifacimenti subiti sono coglibili anche dal fatto che la muratura non è molto regolare, e i mattoni presentano tinte diverse. Dalla quarta campata sporge la Cappella del Rosario, eretta nel ‘600. Sul fianco occidentale del transetto è la sporgenza della scala, di forma poligonale. Sulla testata è stata rimessa in luce, durante i restauri del 1944, l’antica porta del cimitero, ora murata. Sopra, una finestra, anch’essa murata, profilata a grossi cordoni alternati a spigoli, di schietto sapore romanico lombardo. La testata del coro presenta una disposizione di finestre assai frequente nelle chiese cistercensi, sono tre, con la centrale sormontata da un rosone. Il fianco meridionale della navata centrale fu restaurato già nel 1893-94 e negli stessi anni fu abbattuto il tetto della navata meridionale, che era stato sopraelevato fino a nasconderla completamente. Fu perciò restaurata la cornice, rifatti i contrafforti e le finestre rese a tutto sesto; le attuali, quadrate, sono state aperte quando il portico del chiostro era caduto. BibliografiaAGNELLI G., Monasteri lodigiani. Cistercensi: S. Pietro di Cerreto, in Archivio Storico di Lodi, XXX (1911), pp. 28-29; 105-124 e XXXI (1912), pp. 2-34; 145-156; Il Cerreto e la sua abbazia (1084-1984), Lodi 1984. AGNELLI G., Monografia dell’abbazia cistercense di Cerreto, Milano, 1883. SOLDATI V., Brevi cenni storico-artistici del Cerreto, s.l., 1992. SOLDATI V., Venti anni insieme, Esperienze di vita al Cerreto, 1989. GIORGINA PEZZA TORNAMÈ, Insediamenti cistercensi e viabilità medioevale nel mondo padano. L’esempio di Cerreto, in De strata francigena. Il lodigiano: un’area di strada tra la francigena e la romana, IX/2 2001, pp. 27-57. Foto |
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