Martino de Bocci, San |
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Storia15 aprile 1298 Papa, Bonifacio VIII, esaudendo una, richiesta, del Cardinale Gerardo Bianchi, nativo di questi luoghi, autorizza la realizzazione di un’abbazia cistercense, nella zona di S. Martino Bocci, dedicata alla Madonna, S. Martino e S. Ludovico che sarà chiamata comunemente Valserena. 15 maggio 1298 Iniziano gli studi di canalizzazione per far defluire le acque. Ne sono artefici il Monaco Zenone da Ulmeta e il Converso Uberto, mandati dall’abate Gifredo di Chiaravalle della Colomba. 1302 S’insediano i monaci provenienti da Chiaravalle della Colomba., il loro abate è Enrico. Il Cardinale G. Bianchi, morto nel 1300, e altri benefattori dotano l’abbazia di molti beni come terre, rese poi fertili dal lavoro dei monaci, mulini, pozzi per l’estrazione dei sale a Salsomaggore, case in città, inoltre i prodotti dell’abbazia sono esenti da dazi quando vengono venduti in città. 1361 L’abate Giovanni Bersani II è scomunicato e successivamente assolto. 1385 Viene consacrato l’altare principale. 1457 Sigismondo Fulchini scelto tra il clero secolare di Parma diventa abate di Valserena. Egli restaura la chiesa e il monastero, inoltre migliora le strutture delle aziende agrarie. A ricordo di questi lavori pone una targa con la data 1489. Iniziano le trattative per collegarsi a Chiaravalle Milanese. 1496 Papa Alessandro VI ordina la divisione dei beni di Valserena in beni per la mensa conventuale e beni per la mensa abbaziale (è di fatto sottoposta a commenda.). Sigismondo Fulchini è ancora abate. 1551 L’abbazia Cistercense è occupata temporaneamente da Ferrante Gonzaga plenipotenziario pontificio. Nel ’500 e ’600 La chiesa subisce vistosi "ritocchi" (facciata). 9-6-1805 e 13-9-1810 I decreti napoleonici ordinano la soppressione dell’abbazia. 1810 Il convento è sconsacrato e chiuso, i locali sono venduti a privati e adibiti a fabbrica di conserve, successivamente sono occupati da un’azienda agricola. Molti locali attorno ai chiostro sono distrutti. 1964-67 La chiesa passa al Demanio dello Stato. Recentemente i locali sono stati restaurati, ma complesse vicende ne impediscono l’apertura al pubblico. ArchitetturaAnche per questa chiesa, come per quella di Fontevivo, le uniche notizie sono date da Negri. L’unico ad indicare una data di costruzione della chiesa è il Van Der Meer, che propone il 1324 ed essa sembra essere plausibile con l’affermazione del Bedini che i Cistercensi di Valserena furono presto in condizioni di costruire una bella e vasta chiesa. Questa, interamente costruita in mattoni, segue lo schema tipico basilicale: quindi tre navate a sistema alternato (quella centrale di quattro campate quasi quadrate, a cui corrispondono otto campatelle rettangolari nelle laterali), supportato da massicci pilastri “semi-cruciformi , con semicolonne cilindriche addossate a reggere le costolonature delle crociere, e a pianta ottagona. Mancano qui le semicolonne sospese, più volte trovate nelle chiese cistercensi di tradizione lombarda: al loro posto salgono continue da terra le semicolonne cilindriche citate, che si innestano sia con gli archi acuti trasversi sia con le costolonature della volta a crociera, supportate, queste ultime, da colonnine in posizione loro laterale. In merito alle coperture Negri afferma che tutte e tre le navate sono coperte da volte a crociera ogivate, e in particolare costolonate, ma nella pianta presente nel Recueil le prime due campate non sono ben specificate ed è inspiegabilmente assente anche l’indicazione degli archi trasversali delle navatelle. Il transetto è composto di cinque campate, aggettandone di una per lato, ed è terminato da un profondo presbiterio rettangolare di due campate, affiancato da due cappelle per parte; tutti questi ambienti sono anch’essi voltati a crociera e mostrano evidenti tracce di affreschi seicenteschi. All’incrocio della navata centrale col transetto si eleva un ampio triburio ottagonale, sormontato da un’alta torre campanaria, e la cui cupola interna presenta pennacchi a tromba. La facciata attuale, dai decisi tratti barocchi, fu costruita tra il XVI e il XVII secolo in sostituzione dell’originale e, secondo il giudizio del Negri, tampona le navate in modo incongruo rispetto ai rimanenti caratteri stilistici degli altri prospetti dell’edificio. Di questi ultimi, quello meridionale presenta ancora evidenti le tracce degli archi che coprivano lo scomparso chiostro e la sua tessitura muraria è omogenea e compatta. Questo fianco, come gli altri della chiesa, presenta un coronamento ad archetti tondi incrociati, e questo è l’unico motivo decorativo esteriore, insieme a cornici in cotto a segnare le aperture. Nel XIX secolo essa viene profondamente alterata: è infatti trasformata in una fabbrica di conserva di pomodori e quindi occupata da caldaie e camini; dalla seconda metà degli anni ‘60 è stata sottoposta a un recupero strutturale che ha ripristinato i caratteri gotici originari nell’insieme delle trasformazioni d’epoca barocca. BibliografiaBALDINI G., L’abbazia cistercense di S. Martino in Valserena, in Arte Cristiana, XII (1959), pp. 237-244; CAPELLI G., L’Abbazia di S. Martino dei Bocci (Valserena). Un insediamento cistercense nel territorio di Parma. Luigi Battei, Parma 1973. DREI G., La badia Cistercense di Valserena, in Archivio Storico della Deputazione di Storia Patria per le Province Parmensi, XXVII, 1927, pp. 203-230. QUINTAVALLE A.C., Un problema di architettura – urbanistica in Emilia dal sec. XII al sec. XIV. La Certosa di S. Matin de’ Bocci in Aurea Parma, Ottobre-Dicembre 1961. Foto |
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