Bartolomeo all’Olivella, San |
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StoriaIl monastero di S. Bartolomeo dell’Olivella venne fondato nel 1305 dall’Ordine Cistercense per volontà del banchiere genovese Bonagiunta Valente, padre di Giovanni Valente, III Doge della Repubblica, per monache cistercensi che nel 1470 vennero sottomesse alla regola di S. Agostino. La comunità monastica abbandonò il monastero agli inizi del XVI secolo. Il monastero sorge in località Carbonara sulla sponda destra del rio Fossatello nel quartiere del Carmine. Il fitonimo di olivella deriva dalla presenza in antico di un vasto uliveto. In tempi remoti la località del Carmine era chiamata con i nomi di Pasturezza, Olivella e Giuggiola; era quindi una zona preminentemente agricola. Una prima trasformazione urbanistica si attuò nella zona intorno al XIV secolo, quando sorsero le abitazioni dei commercianti, in prevalenza droghieri, che vi si riunirono in corporazioni. Sorsero così i primi “caruggi” che vennero poi indicati con il nome di zucchero, cioccolatte, ecc. in relazione al genere di merce che vi si vendeva. Questi vicoli tuttora esistono e recano il nome di vico del cioccolatte o dello zucchero così come esiste piazza della giuggiola o salita dell’olivella. La chiesa e il monastero vennero edificati in stile gotico. La chiesa presenta ancora in facciata la memoria dello stile primitivo. Dal 1640 al 1670 la chiesa venne adeguata al nuovo gusto. Venne ingrandita, sopraelevata ed affrescata da Giovanni Battista Carlone e dal figlio Giovanni Andrea. Nel corso del XIX secolo fu restaurata. Nel 1920 venne sconsacrata e intorno al 1950 subì pesanti manomissioni ed asportazioni (demolizione del coro delle monache, asportazione degli altari, costruzione di un soppalco in cemento armato per ricavarne un teatro). La Soprintendenza ha avviato una campagna di recupero e conservazione degli affreschi della volta e la demolizione del soppalco. Mentre la chiesa dedicata a S. Bartolomeo è facilmente leggibile nelle sue strutture: facciata e campanile, il monastero è molto cammuffato dalla successiva trasformazione in abitazioni private. Alla piazza antistante la chiesa si accede da due portali posti nelle mura che delimitavano e difendevano il monastero. L’accesso inferiore da salita Carbonara è di fattezze barocche; quello superiore da salita S. Bartolomeo dell’Olivella (o del Carmine) è di aspetto gotico. È ancora visibile il chiostro in parte tamponato e trasformato in abitazioni e la corte frazionata in giardini privati. All’interno della Chiesa, sulla volta dell’altare maggiore, è rappresentata in affresco la gloria di S. Bartolomeo, per mano di G.B. Carlone; sulla volta centrale è rappresentata invece la gloria di S. Agostino con i quattro evangelisti in chiaroscuro e sulla volta del coro delle monache, visibile fino al momento della demolizione, 1950 circa, la discesa dello Spirito Santo, tutti per mano del figlio Giovanni Andrea. Federico Alizieri, nella sua guida artistica della città di Genova del 1846, parla anche delle pale dei tre altari che ornavano la chiesa, opere di Luca Cambiaso. Quella dell’altare maggiore raffigurava S. Bartolomeo; le altre due raffiguravano, una l’Assunzione della Vergine, dipinta nel 1567, l’altra S. Agostino ed altri Santi, dipinta nel 1570 con aiuti di bottega. Attualmente questi ultimi due quadri sono visibili nella chiesa parrocchiale di S. Bartolomeo di Vallecalda – Comune di Savignone – Genova. (Pietro Bigoni) BibliografiaItalia Benedettina, II, Liguria Monastica, Cesena 1979, pp. 112-113, sch. 13. Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio della Liguria; F. Alizieri, Guida artistica per la città di Genova, 1846 L. Grossi Bianchi - E. Poleggi, Una città portuale del Medioevo, SAGEP Editrice Foto |
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