I Cistercensi

Architettura cistercense

Caratteri generali

L’ordine Cistercense nasce e si sviluppa dal ceppo benedettino. Perciò sia la spiritualità che la struttura urbanistica delle abbazie hanno come punto di riferimento l’ordine Benedettino.

Il capitolo 66 della Regola tra l’altro afferma: “Possibilmente il monastero deve essere costruito in modo da potervi trovare quanto è necessario, cioè, l’acqua, un mulino, un orto e reparti per le varie attività, così che i monaci non debbano girovagare fuori: ciò infatti non reca alcun vantaggio alle loro anime”. Ma ogni tentativo di ricostruzione di uno sviluppo architettonico-urbanistico del monastero occidentale primitivo è reso estremamente difficoltoso dalla scarsità di dati e dalla poca interpretabilità di quelli esistenti. Manca ogni traccia della costruzione primitiva di Montecassino e per trovare i primi documenti concreti, bisogna spingersi fino all’epoca carolingia, quando, sotto l’impulso di Carlo Magno, il movimento benedettino conosce un vigoroso sviluppo e diviene il motore principale della riorganizzazione civile e culturale messa in opera dall’imperatore. Per giungere a dati decisivi, anche sul piano di documentazione architettonica bisogna oltrepassare il secolo IX, in cui a causa delle invasioni normanne, massimo è lo sconvolgimento organizzativo e spirituale dell’ordine, e in conseguenza l’opera distruttiva annulla ogni spinta allo sviluppo degli edifici. La ripresa costruttiva, segno di una nuova vitalità dell’istituzione monastica, avviene a partire dai primi decenni del 900, con la costruzione dell’abbazia di Cluny.

Storicamente l’abbazia di Cluny conobbe tre diverse costruzioni: del primo edificio, conosciamo poco, mentre del secondo (993-1048) e del terzo (1077-1086) si può analizzare in ogni particolare.

Per quanto riguarda i modelli storici a cui si ispirò l’edilizia monastica, va certo ammesso, con l’Eschapasse, che le idee architettoniche più salienti provenissero dalla villa romana: in particolare il chiostro ricorda il peristilio, nell’analoga funzione di raggruppare le parti riservate di un insieme e farle comunicare tra loro tenendole tuttavia isolate dall’esterno. Che il chiostro rappresenti il nucleo istituzionale veramente importante per l’insediamento monastico in occidente, è dimostrato dall’attenzione che a esso dedica la letteratura religiosa medievale.

Che la pianta adottata da Cluny fosse diventata vincolante, è dimostrato dall’esame del notevole numero di monasteri sorti in quel tempo soprattutto in Francia, Germania e Inghilterra. Nonostante tutto appare una certa complessità nella pianta cluniacense. Lo schematismo, la razionalità maggiore sta per nascere con il comparire dei cistercensi.

L’ultima grande ondata di diffusione per i monasteri che si richiamano al l’ideale benedettino avviene con la nascita dell’ordine cistercense, col quale si ripresenta in certo senso la mentalità di San Benedetto a contemperare lo scrupolo di una genuina spiritualità con quello di una reale efficienza pratica, costituendo nello stesso tempo un’avanguardia per i tempi nuovi e un adeguamento ad essi. Il rigorismo dell’ordine non mancò di riflettersi sulla regolarità della planimetria delle abbazie. La costante disposizione degli edifici si estende in questo caso dalle zone claustrali, all’intero insieme dell’impianto, tale che, si è potuto parlare di pianta ideale dell’abbazia cistercense. Si fa riferimento all’abbazia di Royaumont. Mentre per l’analisi dei vari ambienti si prenderà in considerazione la pianta tipica elaborata dal Dimier.

Chiesa Sala capitolare Parlatorio Sala dei monaci Scala per il dormitorio Calefactorium Lavabo Chiostro Refettorio dei monaci Dispensarium Cucina Refettorio dei conversi

  1. chiesa,
  2. sagrestia,
  3. armarium,
  4. sala del capitolo,
  5. scala del dormitorio,
  6. auditorium,
  7. sala dei monaci,
  8. calefactorium,
  9. refettorio dei monaci,
  10. cucina,
  11. refettorio dei conversi,
  12. passaggio,
  13. dispensarium,
  14. passaggio dei conversi,
  15. chiostro del mandatum,
  16. lavabo.

Dormitorio (sovrastante la sala capitolare)

Dormitorio dei Conversi (sovrastante il dispensarium e il refettorio dei conversi)

La grangia

  1. presbiterio,
  2. porta dei morti,
  3. scala del dormitorio,
  4. porta dei monaci,
  5. coro dei monaci,
  6. banchi degli infermi,
  7. coro dei conversi,
  8. porta dei conversi,
  9. nartece
  10. pulpito per il lettore di mensa,
  11. passa-vivande.

In tutte le abbazie sorte nei corso dei secoli XII e XIII in tutta l’Europa gli elementi comuni non sono tanto l’ubicazione materiale legata a precise norme strutturali o stilistiche quanto una necessaria espressione formale della stessa esigenza di essenzialità, della stessa tensione dinamica che dà vita alla realtà di fatto del monachesimo cistercense. L’elemento nuovo e caratterizzante l’architettura cistercense non sta, in altre parole, nella creazione di nuove formule, né planimetriche né costruttive: e questo sia nei confronti con l’edilizia civile e religiosa del tempo e nelle diverse regioni (a partire dalla terra-madre, la Borgogna), sia della tradizionale architettura monastica in genere. Sta piuttosto nel rigore assoluto con cui l’idea benedettina del monastero come civitas Dei esemplare viene purificata da ogni elemento inessenziale e condotta a una incandescente essenzialità ed evidenza, in forme scattanti, basate esclusivamente sulla linea retta. L’edificio e ogni struttura come segno, espressione immediata di valori e creatore, in sé, di tali valori: è qui l’anima vitale dell’architettura cistercense e nello stesso tempo il primo acerbo germoglio della fioritura gotica, destinata a concludere il medioevo occidentale con una fiammata carica di energie germinali per nuove civiltà.

Alle volte si è parlato di un immanente pericolo di identificare la problematica relativa al fatto artistico con quella qualificante in particolare l.phpetto “monastico” di tale fatto. Nel caso dell’architettura cistercense, il pericolo si fa esplicito, per l’inveterata tendenza della relativa storiografia critica a considerare il monaco cistercense come una specie più o meno efficiente di pioniere e missionario del gotico. Ed è, si badi, una tendenza comprensibile, se non altro per la rapidità dei passaggi stilistici con cui il non meno rapido diffondersi e moltiplicarsi delle fabbriche cistercensi coincide, nei singoli paesi europei, con l’evoluzione dell’architettura locale dal romanico al gotico. Ma ciò non avvenne per una vera e propria scelta stilistica dell’Ordine. Si trattò piuttosto di una sorta di affinità radicale tra l’idea-base dell’edilizia cistercense – la concentrazione, cioè d’ogni forma e struttura per l’enucleazione del puro essenziale e dunque del nudo rigore dell’ossatura portante e planimetrica – e quella che determina in Europa, con centro nelle grandi cattedrali dell’Ile-de-France, la nascita della logica gotica, libera tessitura strutturale ubbidiente solo a un’interna coerenza razionale, vero e proprio dialogo della struttura con uno spazio che (superato ogni vincolo di difficoltà statica) non ne risulta chiuso, ma plasmato e penetrato in movimento ad infinitum. Non è troppo ardito passaggio l’innestare l’avvio di tale superbo rigoglio nella potatura radicale operata nel vivo dall’architettura romanica dalla singolarissima esperienza di povertà tentata dalle prime generazioni cistercensi. L’esame delle vie da essi perseguite nella realizzazione delle loro nude fabbriche primitive – chiese e monasteri, connessi in unità organica – dimostra di fatto che si trattò di una povertà di mezzi coincidente con una straordinaria ricchezza di logica. Come è noto, l’idea base fu la determinazione di leggi modulari che permisero la massima concentrazione dell’energia portante, semplificando e riducendo al minimo lo sforzo statico e dunque la difficoltà e il costo della costruzione. Ed è proprio una concezione modulare dello spazio che ritroviamo alla base dell’architettura e in genere di tutta l’arte gotica, tendente a compenetrare l’immagine in figure e segni che ne colgano il significato ultimo ed essenziale (Cfr. A.M. Romanini, Architettura monastica Occidentale, in Dizionario degli Istituti di Perfezione, Vol. I, Roma 1974, coll. 810-815).

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