Follina |
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StoriaSembra ormai indubbio che un monastero esistesse a Follina prima della venuta dei Cistercensi, probabilmente benedettino e dipendente da San Fermo di Verona. Non esiste la carta di fondazione della comunità monastica, ma numerose fonti sono concordi nell’indicare il 1146 come anno di insediamento dei Cistercensi. Gli Annali Camaldolesi, una delle maggiori fonti di notizie per l’abbazia, non citano però tale data; in essi è detto esplicitamente che le prime notizie del monastero erano oscure e che non fu possibile dalle carte dello stesso luogo indagare la prima costruzione. Si riesce a ricavare una datazione attorno al 1150 da alcuni documenti che si attennero a questa fonte, il Torres affermò che i Cistercensi di Follina erano all’inizio Umiliati, senza specificare tuttavia da dove avesse ricavato questa notizia egli ritenne probabile che la costruzione del monastero non fosse avvenuta prima del 1155, in quanto nel 1154 era avvenuto il matrimonio di Sofia di Colfosco con Guecellone II da Camino, e sarebbe stata proprio tale nobildonna a chiamare i Cistercensi, dotando successivamente l’abbazia di ricchissime donazioni. Grazie a queste ultime e ad altre ancora l’abbazia divenne presto assai ricca e importante: nel 1229, con Bolla papale di Gregorio IX, le fu sottomesso l’Ospedale di Santa Maria di Piave, a Lovadina, e nel 1240 finì sotto la sua giurisdizione anche il monastero di Santa Margherita di Torcello. La fine del XIV secolo segnò il periodo del suo maggior splendore, anche se esso fu di breve durata. Alcuni autori riportano che nel 1448 la Repubblica Veneta chiese a papa Niccolò V di sopprimere l’abbazia per motivi politici, in quanto i monaci bianchi erano considerati quali ambasciatori della politica francese e dei suoi tentativi di egemonia. Il monastero fu così dato in Commenda, e tra i suoi commendatari vi fu anche San Carlo Borromeo, precisamente dal 1560 al 1573, anno in cui subentrarono i Camaldolesi. Esso, con l’istituzione della Commenda, era anche sceso al rango di priorato, ma la dignità abbaziale fu ristabilita nel 1585 da papa Sisto V. Nel 1771 avvenne la soppressione da parte della Repubblica Veneta e i fabbricati conventuali furono venduti e divisi fra diverse famiglie che arrivarono a costruire sul lato addossato alla chiesa, stravolgendo in modo considerevole il chiostro. Nel 1819 fu costituita la Parrocchia, dopo che parte del convento fu lasciata in eredità al comune di Follina dall’ultimo monaco camaldolese, don Bonifacio Baggio. Il complesso monastico fu gravemente danneggiato nella Prima Guerra Mondiale e, dopo l’insediamento dei Servi di Maria il 22 gennaio 1915, fu restaurato radicalmente tra il 1919 e il 1922. ArchitetturaLa chiesa abbaziale presenta un alto interesse storico-artistico, soprattutto per il connubio di elementi cistercensi con quelli locali, costituiti sia da modi prettamente veneti di terraferma e lagunari, sia da quelli lombardi. Essa fu sicuramente costruita su una più antica e infatti, nelle relazioni di restauro del 1921, riportate dalla Fraccaro, si trovano menzionati i ritrovamenti di tracce e resti di due chiese preesistenti all’attuale, delle quali una più ampia dell’altra. Anche il Torres e il Rumor parlano di costruzioni anteriori, il primo identificandole in corrispondenza della cappella di sinistra del coro, il secondo trovandone le tracce nella porte absidale, a suo giudizio inequivocabilmente di due epoche differenti, e nel campanile. Anche Negri afferma che l’attuale fabbrica fu preceduta da un’altra, che scomparve sul volgere del XIII secolo per far posto a quella attuale. L’edificio, quasi tutto in pietra è a tre navate, di cinque campate rettangolari nella nave centrale e nelle laterali oblunghe. La navata principale è scandita da ampie arcate a sesto acuto, portate da forti e slanciate colonne tutte di uguale forma; sia questa sia quelle laterali sono coperte da un tetto a capriate 6 (rifatto secondo la struttura dell’originale, in quanto era stato sostituito con uno piano a finti cassettoni nella nave centrale e con finte volte a crociera nelle laterali durante il periodo di reggenza dei Camaldolesi). Il transetto è costituito dalla quinta campata centrale ed è solo apparente in quanto non sporge dal corpo longitudinale; le campate laterali che lo costituiscono si differenziano dalle navatelle solo per l’altezza, che corrisponde a quella della navata centrale. La zona absidale è formata da un ampio coro pressoché quadrato, introdotto da un grande arco acuto e fiancheggiato da una cappella per lato; queste sono a due piani e coperte, in quello inferiore, da volte a crociera cordonata (le uniche della chiesa) a sezione plurima, anche queste alterate da intonaci e stucchi, poi liberate dai restauri del 1921. Come tutti quelli presenti nella chiesa, anche qui gli archi d’ingresso sono acuti. La datazione comunemente accettata, l305-1335, e più probabile, secondo la Fraccaro, che si riferisca al rialzamento dell’edificio e all’erezione o completamento della facciata e, non escluso, il rialzamento delle cappelle orientali e il campanile, dove si possono riscontrare modi già piuttosto avanzati. La studiosa ritiene infatti che la struttura vera e propria della chiesa sarebbe invece da ascrivere ad un periodo che va dalla prima metà del XIII secolo al 1260-68. La prima parte ad essere costruita sarebbe stata quella absidale, fino al livello terminale della muratura in pietra, comprese le due cappelle laterali (qui infatti si trovano le uniche crociere costolonate della chiesa, elementi, questi, duecenteschi secondo l’autrice) e il transetto, anch’esso, come il coro, fino alla muratura in pietra. Successivamente, nei primi anni del ‘300, fu eretto il campanile, che non può essere contemporaneo alla chiesa, data la spaccatura che ha provocato nella fronte del transetto meridionale; in seguito si sarebbero rialzate le cappelle, insieme alle parti di coronamento in mattoni del coro e del transetto settentrionale, e il motivo di adozione del diverso materiale potrebbe essere stato quello che i monaci possedessero una scorta di mattoni rimasti dalla costruzione del campanile. Nel corso del XIII secolo si costruirono poi le navate, rimaste immutate nelle loro linee originarie. La facciata trecentesca, a frontone spezzato, è di linee molto semplici, dal taglio quasi ancora romanico; a differenza di altre chiese abbaziali cistercensi è animata dalla presenza di numerose aperture. Infatti si hanno, al centro, un grande portale cuspidato, con sottostante arcata a tutto sesto, dalla linea sobria e interamente in pietra e due portali laterali, di datazione assai più recente e molto piccoli rispetto al portale centrale e ai finestroni che lo serrano. La facciata è inoltre divisa, nella sua zona centrale, da due lesene piane, in tre scomparti e tali lesene arrivano a toccare il fregio ad archetti che corre sotto gli spioventi. Questa divisione con lesene fu certamente un’aggiunta posteriore: esse infatti non sono in stretto rapporto col fregio che dovrebbero reggere (che invece ha una struttura ben definita e uniforme a quella che corre anche sui fianchi) e anche il rosone risulta quasi “tagliato” da tali elementi. Al centro si trova dunque il rosone, armoniosamente inserito nel complesso strutturale della fronte. Oltre a questa apertura vi sono altre quattro finestre, due molto allungate che affiancano il portale e due spostate verso il limite estremo della fronte. Il numero eccezionale di aperture può ricordare quello della facciata di Morimondo, ma la differenza sostanziale è che, nella chiesa lombarda, le finestre sono inserite con grande disordine, dovuto a successive epoche costruttive, mentre qui la disposizione risulta armonica, se non per la posizione un po’ troppo spostata sui fianchi di quelle laterali. La facciata non ha portico, cosa abbastanza eccezionale fra le chiese cistercensi italiane; è presente, come già ricordato, anche un massiccio campanile, costruito sopra la cappella a meridione del coro: nella parte inferiore è, fino ad una certa altezza in pietra, poi in mattoni. BibliografiaFRACCARO DE LONGHI L., S. Maria di Follina, una filiazione di Chiaravalle milanese nel Veneto, in “Arte Lombarda”, ns. XLVII-XLVIII, 1977, pp. 5-30. PASSOLUNGHI P. A., Il monastero di S. Maria di Follina e la sua biblioteca nel sec. XV, in “Benedietina”, 34 (1987), pp. 451-472. PASSOLUNGHI P. A., S. Maria di Follina monastero cistercense, Treviso, 1984. TODESCATO G. M., Abbazia di S. Maria di Follina, Follìna, 1989. Foto |
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