I Cistercensi

Storia dell’Ordine cistercense

La guerra delle Osservanze

L’organizzazione delle congregazioni rispondeva sia alle necessità amministrative che al desiderio di dare vita a una ripresa effettiva a livello morale. Verso la fine del XVI secolo movimenti in questo senso erano stati intrapresi efficacemente in tutti i paesi europei dove sussistevano ancora dei Cistercensi, meno che in Francia. Eppure i Cistercensi francesi avevano bisogno di una riforma al pari dei loro confratelli delle altre nazioni. Lungo il corso del secolo XVI quasi tutte le abbazie francesi dell’Ordine erano cadute sotto abati commendatari, mentre incessanti guerre civili e controversie religiose causavano ovunque distruzione e devastazione.

Una reale ripresa non fu possibile per mancanza di buona volontà o di sforzi sinceri; la causa fondamentale consisteva nelle condizioni caotiche a livello politico e religioso in cui versava la Francia. Il successo spettacolare dei Foglianti dimostrava eloquentemente quanto grande poteva essere la forza di rinnovamento a livello locale e circoscritto, ma un movimento a scala nazionale non avrebbe potuto essere lanciato senza che prima venisse restaurata la pace dall’energico e perspicace Enrico IV (1589-1610). Allora, se il paese voleva recuperare il tempo perduto, le forze represse dei Cattolici si ridestarono in tutto il paese con una inconsueta intensità. Tutti gli Ordini religiosi, ispirati spesso dai confratelli delle altre nazioni, intrapresero un totale rinnovamento, restaurando efficaci forme di controllo e una rigida vita ascetica.

I Cistercensi Francesi non potevano lasciarsi superare dagli altri ordini monastici nella ricerca di una concreta riforma interna. Fortunatamente, la sede abbaziale di Cîteaux venne occupata successivamente da quattro eminenti prelati, che non risparmiarono nessuna fatica quando le istanze di riforme chiedevano degli interventi attivi. Nel 1570 Gerolame de la Souchière (1564-1571) già abate di Clairvaux, che aveva partecipato al Concilio di Trento e che poi era stato nominato Cardinale, promulgò un esteso decreto di riforma, composto secondo lo spirito del Concilio di Trento. Nicola Boucherat I, un’altra personalità che aveva partecipato attivamente al Concilio, occupò molto del suo tempo nel realizzare visite regolari, ispirò una altra serie di regolamenti, che venne incorporata agli statuti del Capitolo generale del 1584. Edmond de la Croix (1585-1604) uno dei consiglieri più importanti dei suoi predecessori, compose un vero e proprio codice di riforma per l’Ordine, che venne presentato al Capitolo generale del 1601. Ma i tempi non erano ancora maturi per mandare in esecuzione un progetto tanto audace; perciò il Capitolo del 1605 dovette far marcia indietro e ripiegare sul progetto più modesto, presentato nel 1584. Alla fine, in circostanze più favorevoli, sotto l’abbaziato di Nicola Boucherat II (1605-1625) le forze della riforma fecero apertamente irruzione nella vita dell’Ordine, dando vita alla Stretta Osservanza.

Il movimento non fu il risultato di una iniziativa ufficiale; emerse spontaneamente da alcuni giovani monaci, che erano diventati impazienti di fronte alla lentezza degli ingranaggi burocratici del governo centrale di Cîteaux e che ebbero la fortuna di trovare un benevolo sostegno nella persona dell’abate di Clairvaux.

Gli inizi della Stretta Osservanza sono collegati per ragioni di convenienza al 1598. Fu in quell’anno che un giovane sacerdote, discendente di una nobile famiglia italiana, Ottavio Arnolfini, a soli 19 anni, veniva nominato, col favore del re Enrico IV, abate commendatario dell’abbazia de La Charmoye, un’abbazia cistercense della Champagne della filiazione di Clairvaux. Il giovane, di sentimenti nobili e religiosi, si sentì responsabile, ciò che non succedeva spesso, delle condizioni deplorevoli dell’abbazia, che era stata devastata durante gli anni precedenti dalla guerra civile. Ben presto si rese conto che non gli era possibile dare inizio alla riforma a meno che non fosse stato egli stesso monaco cistercense e quindi abate regolare. Perciò Arnolfini entrò a Clairvaux, dove fece il suo noviziato ed emise la sua professione monastica nel 1603. La grande abbazia, che a quell’epoca era governata dal Santo abate Denis Largentier (1596-1624), era sopravvissuta agli anni di distruzione, senza subire gravi perdite materiali e restava una vera e propria scuola di spiritualità cistercense.

Nel 1605 Largentier faceva la visita regolare a La Charmoye. Rimase così entusiasta del lavoro dell’Arnolfini, che gli affidò un’altra abbazia, quella di Châtillon. Per i tre anni seguenti-Arnolfini governava tutti e due i monasteri, ma nel 1608, consapevole della irregolarità di ritenere due benefici ecclesiastici, si trasferiva a Châtillon come abate regolare; e a La Charmoye gli successe un altro giovane monaco, Etienne Maugier, animato come lui da un gran zelo per la riforma, ma dotato di una più grande energia e ambizione.

Nel 1606, al Collegio san Bernardo di Parigi, Arnolfini e Maugier incontrarono il nipote dell’abate di Clairvaux, che si chiamava Abramo Largentier. Qui i tre firmarono un documento in cui rinnovavano la propria professione monastica ed esprimevano la decisione inflessibile di fare tutto il possibile per sollecitare la riforma, soprattutto per ripristinare l’osservanza della regola di san Benedetto, senza nessuna forma di mitigazione. Essi concludevano quel curioso patto con una velata minaccia: “… se i nostri superiori, dopo ripetute istanze, si rifiutassero ad acconsentire alle nostre proposte… siamo disposti a portare la croce di Cristo e qualsiasi tribolazione, piuttosto di venir meno alla nostra risoluzione”. Il riferimento all’osservanza della Regola senza nessuna forma di mitigazione indicava la loro decisione di ripristinare l’astinenza perpetua dalla carne, un uso che a quell’epoca era divenuto come il contrassegno delle comunità riformate. Per questo motivo, la piccola schiera di giovani cistercensi venne soprannominata come quella degli astinenti, mentre essi da parte loro facevano allusione agli altri membri dell’Ordine come agli anziani.

Denis Largentier simpatizzava totalmente con la nuova generazione e, come suo contributo personale alla loro causa, nominò dei priori aperti alla riforma, in alcune case della filiazione di Cîteaux, come ad esempio a Cheminon e a Longpont. Nella lontana Bretagna un’altra abbazia figlia di Clairvaux, Prières, si schierava per la Riforma. Il priore, Bernard Carpentier, riusciva a far diventare il monastero, già in condizioni disastrose, una scuola fiorente di rigido ascetismo.

L’abate di Clairvaux, se voleva vedere l’affermazione del movimento, doveva procedere con cautela. A causa dell’antagonismo che tradizionalmente aveva contrapposto Clairvaux e Cîteaux, non poteva rischiare di dare l’impressione che, una volta di più, Clairvaux si stava mettendo alla testa di un movimento separatista. Fu per questo che fino al 1615, non fece nulla per introdurre a Clairvaux l’astinenza perpetua dalla carne e quando, sollecitato dai suoi giovani ammiratori, alla fine lo fece, lo lasciò alla libera responsabilità dei suoi monaci. A quell’epoca l’astinenza era stata introdotta già in altre otto comunità, e la nuova disciplina richiedeva ovviamente una qualche approvazione ufficiale.

Nicola Boucherat II, abate generale, che aveva preso accordi in proposito con Largentier, dava la propria approvazione di buon grado, ma dietro il consenso del Capitolo generale che doveva essere convocato nel 1618. Il Capitolo elogiava la riforma in termini calorosi, però la preoccupazione principale dell’assemblea era quella di preservare l’uniformità della disciplina. Quindi, invece di concedere un’approvazione aperta e totale, il Capitolo proponeva una soluzione di compromesso: tutto l’Ordine avrebbe dovuto abbracciare la riforma in tutte le sue austerità, ma, invece di una astinenza perpetua per tutto l’Ordine, l’assemblea sceglieva di richiedere l’astinenza dalla carne soltanto dalla Festa dell’Esaltazione della Croce (14 settembre) fino a Pasqua.

La proposta non piacque ai pigri e agli indifferenti, e certamente provocò l’ostilità degli Astinenti. Protetti dai loro potenti sostenitori, gli Abati di Cîteaux e di Clairvaux, essi decisero di perseverare nella loro scelta di astinenza perpetua. Tale decisione divenne oggetto di un’altra dichiarazione, firmata da un imponente numero di Astinenti nel 1622, che riaffermava di nuovo il loro programma ormai non ulteriormente modificabile: “… osservanza integrale della Santa Regola, soprattutto dell’astinenza perpetua dalla carne e il non uso di indumenti di lino, la fedeltà nelle leggi costituite a proposito del digiuno e del silenzio e la custodia di tutte le altre norme che sono state gelosamente osservate dai nostri predecessori fin dai tempi più antichi.”

Il problema del rinnovamento dei Cistercensi era parallelo a quello di altri ordini monastici; così la corte di Luigi XIII, (1510-1543) interessata ai problemi religiosi decise di sollecitare la nomina di un visitatore apostolico per facilitare il coordinamento di tutti gli sforzi; questi avrebbe dovuto godere di un’ampia ed estesa autorità. Fu così che nel 1622 per promuovere la riforma fra gli Agostiniani francesi, i Benedettini, i Cluniacensi e i Cistercensi, Gregorio XV nominava visitatore apostolico per sei anni il Cardinale François de la Rochefoucauld, membro eminente della gerarchia francese, noto per la sua pietà e lo zelo riformista.

L’attivo Cardinale sentì subito l’influenza di Etienne Maugier e dei suoi intransigenti confratelli e, ovviamente dietro loro suggerimento, la Rochefoucauld promulgò all’inizio del 1623 un insieme sorprendente di articoli di riforma. Clairvaux, con tutte le sue case figlie situate in Francia, avrebbe dovuto costituire una congregazione riformata autonoma, autorizzata a convocare Capitoli separati e a mantenere dei noviziati comuni, ma separati da quelli delle altre abbazie, dove tutte le nuove vocazioni sarebbero state educate all’astinenza perpetua. L’organizzazione concreta della nuova congregazione della Stretta Osservanza avrebbe dovuto essere affidata a Maugier e ad Arnolfini.

Un documento così rivoluzionario fece esplodere una specie di bomba in mezzo al Capitolo generale, convocato in una sessione speciale nel Maggio del 1623. Le congregazioni riformate erano già sorte un po’ dovunque nell’Ordine: ma uno scisma di quel genere non poteva essere permesso in Francia!

In uno scoppio di indignazione i padri che partecipavano al Capitolo denunciarono apertamente e rigettarono l’ordine dei visitatore come qualcosa che “avrebbe portato alla divisione, alla segregazione, ad uno scisma e alla separazione: cose che non possono essere ratificate da nessun procedimento legittimo! Perciò tutto quello che aveva attinenza o portava alla promulgazione di qualcosa del genere… doveva essere considerato come privo di validità e senza effetto”. D’altro lato, lo stesso Capitolo si riservava di pronunciarsi a proposito dell’astinenza e permetteva ai riformatori di continuare in quella pratica fintanto che “non intaccava la carità o il bene e l’interesse fondamentale dell’Ordine”. Di più, Boucherat assicurava in privato il Cardinale che egli avrebbe continuato a sostenere gli Astinenti ed a favorire la loro causa. Per dare prova della sua sincerità, egli permise agli Astinenti di formare un viCariato a parte e subito nominava Maugier come vicario su tutte le abbazie riformate. Anzi, il Generale andava ancora oltre e incoraggiava gli Astinenti a radunarsi in Capitolo, dove avrebbero potuto anche emanare delle leggi come, a loro giudizio, sarebbe stato conveniente.

L’assemblea si riunì nel 1624 nella abbazia riformata di Vaux-de-Cernay, vicino a Versailles. Maugier ed altri nove superiori riformati non soltanto si trovarono d’accordo su questioni disciplinari, ma richiesero inoltre a Boucherat l’autorizzazione di convocare Capitoli annuali, di eleggere priori nelle abbazie che erano rette da abbati commendatari, di mantenere dei noviziati separati e di programmare essi stessi le loro visite regolari. Essi chiedevano inoltre che nessun monaco degli Anziani venisse trasferito in case riformate, e che nemmeno nessun monaco fra gli Astinenti venisse trasferito in comunità non riformate.

Boucherat acconsentì a tutte le richieste fino alla sessione successiva del Capitolo generale, che avrebbe dovuto dare un giudizio definitivo sui punti proposti; la sola eccezione era a proposito delle nomine dei priori conventuali, un diritto che volle conservare gelosamente. Così, ciò che la Rochefoucauld domandava per l’erezione di una congregazione autonoma, Boucherat lo concedeva a un vicariato. La differenza notevole tra le due soluzioni consisteva, naturalmente, nel fatto che il vicariato degli Astinenti doveva muoversi sotto l’autorità del Capitolo generale; tuttavia, l’ulteriore crescita non veniva per nulla ostacolata. Se Maugier fosse rimasto soddisfatto di queste generose concessioni, la riforma avrebbe potuto espandersi pacificamente in base ad adesioni volontarie e non sarebbe stato scritto un capitolo della storia dell’Ordine tanto sconcertante. Ma purtroppo non fu così.

La coincidenza con alcuni eventi tragici negli anni 1624-25 diede a Maugier l’impressione che la sua nascente Stretta Osservanza era in pericolo. Verso la fine del 1624 Denis Largentier moriva in una visita a Orval, e Boucherat moriva nella primavera dei 1625. La scomparsa quasi simultanea di questi due araldi della riforma indubbiamente rendeva più precaria la posizione degli Astinenti, ma presto seguiva una delusione ancora più grande. Le elezioni sia a Cîteaux che a Clairvaux avevano avuto luogo in un’atmosfera surriscaldata. A Clairvaux, Maugier si batteva per la successione del nipote dell’abate scomparso, Claude Largentier. Nonostante il vigoroso intervento del Cardinale de La Rochefoucauld in suo favore, Maugier non riuscì nel suo intento, e Claude Largentier espulse gli Astinenti dalla sua abbazia. La riforma perdeva per sempre Clairvaux. A Cîteaux l’introduzione del Cardinale trovò un rigetto identico e Pierre Nivelle, il nuovo abate eletto, non era di certo un entusiasta della riforma, nonostante fosse un uomo molto colto e di grande esperienza di governo.

In seguito a tali circostanze, la Stretta Osservanza perse un po’ di slancio, ma niente di più. Nivelle spontaneamente nominava ancora Maugier come suo vicario sugli Astinenti, e il Capitolo generale non pose nessun ostacolo per l’ulteriore diffusione del movimento. Verso il 1628 la Stretta Osservanza contava già 14 monasteri e il Capitolo generale nello stesso anno approvava i termini dell’accrodo firmato tra Boucherat e Maugier nel 1624. Nel 1628 terminava il mandato del Cardinale de la Rochefoucauld come visitatore straordinario, e così la futura Stretta Osservanza restava nelle mani dei suoi sostenitori.

Ma la crescita poco spettacolare della Stretta Osservanza lasciava molti monaci più giovani, della seconda generazione degli Astinenti, ancora più impazienti di quanto non lo fosse stato lo stesso Maugier. La conduzione della riforma si spostava gradualmente sulle spalle di Jean Jouaud, il quale nel 1631, all’età di soli 29 anni, diventava abate dell’abbazia di Prières. Il giovane abate aveva avuto modo di farsi molti amici influenti durante gli anni dei suoi studi a Parigi e si era avvicinato ai circoli dei consiglieri del Cardinale Richelieu in questioni di riforma religiosa. Quanto a professione monastica avrebbe dovuto essere un contemplativo, ma in realtà divenne un uomo energico e di ferrea volontà, ben formato in materia di diritto, e maneggiava la penna come un formidabile libellista.

Era questo lo sfondo dell’inattesa rielezione del Cardinale de la Rochefoucauld verso la fine del 1632, quale visitatore straordinario dei Cistercensi per altri tre anni. Le circostanze che favorirono questo riapparire dell’anziano Cardinale non sono chiare, ma non è impossibile che, secondo quanto sospettavano alcuni contemporanei, la manovra fosse stata escogitata dagli Astinenti, che avevano mobilitato i loro amici influenti a Roma e a Parigi. Comunque, una cosa è certa: avvenimenti drammatici cominciarono a verificarsi in rapida successione.

Dopo numerose consultazioni con i sostenitori degli Astinenti, il Cardinale promulgava un suo nuovo decreto, nell’estate del 1634, intitolato Progetto di sentenza per il ristabilimento dell’osservanza regolare nell’Ordine di Cîteaux. Le caratteristiche fondamentali del documento gettarono l’Ordine in uno scompiglio senza precedenti, che rimase acceso per più di mezzo secolo. Le ferite aperte in una guerra verbale incessante, talora anche accompagnata da violenze fisiche, non si sono mai completamente rimarginate.

La parte principale del testo della Sentenza di La Rochefoucauld, consisteva in 30 paragrafi e mirava alla completa riorganizzazione del governo dell’Ordine sotto il controllo esclusivo della Stretta Osservanza. Il provvedimento più rivoluzionario era la decisione drastica di sospendere la giurisdizione dell’abate e del Capitolo generale. L’autorità esecutiva sarebbe stata esercitata da un vicario generale, membro della riforma, fino a che la Stretta Osservanza fosse abbastanza consistente per assumere realmente il controllo di Cîteaux e delle altre principali abbazie dell’Ordine. Veniva proibito alle abbazie degli Anziani di accogliere dei novizi, mentre si autorizzava la Stretta Osservanza a prendere possesso di tutti quei monasteri che avrebbero potuto essere aperti a riforme efficaci e durature.

Immediatamente, Nivelle e i proto-abati presentavano le loro proteste alla corte del papa e si appellavano a Luigi XIII. Non appena all’estero si seppe dell’incidente, molte abbazie cistercensi, soprattutto la possente congregazione della Germania Superiore, minacciarono di separarsi se la Sentenza non fosse stata revocata. Ma a quel momento gli Astinenti avevano saldamente le cose in mano e nel 1635, con una scorta militare, La Rochefoucauld entrava nel Collegio san Bernardo di Parigi, ne espelleva il Rettore e il personale, e cambiava l’istituzione nel quartier generale della riforma.

Come ultima disperata mossa Nivelle e i suoi colleghi si appellarono al Cardinale Richelieu. Il gran ministro offri la possibilità del suo aiuto e della sua protezione, ma anch’egli poneva come prezzo la sua personale elezione ad abate generale dell’Ordine. Nivelle, dietro compenso del vescovado di Luçon, fu costretto a dare le dimissioni e il 19-XI-1635, una finta elezione concedeva a Richelieu il titolo abbaziale. Comunque, egli non mancò di fare la sua, in quell’intrigo. Assunse Jean Jouaud tra il personale del suo segretariato e incominciò a realizzare ed ampliare la Sentenza di La Rochefoucauld con energia ancora maggiore di quella che avrebbe potuto raccogliere l’anziano Cardinale. Maugier venne nominato di nuovo vicario della riforma e questi si rimise al lavoro pieno di zelo per una propaganda efficace della Stretta Osservanza. Gli Anziani che facevano parte della comunità di Cîteaux vennero letteralmente buttati fuori e sostituiti nel 1637 con una nuova comunità di Astinenti. In altre abbazie vennero prese delle misure analoghe e solo la disponibilità limitata di monaci Astinenti poté mettere freno allo zelo di Maugier. Ma anche così, fino alla morte di Richelieu, avvenuta nel 1642, il numero delle abbazie in possesso della Stretta Osservanza venne raddoppiato da 15 a 30 e ci si gloriava di aver raggiunto quasi 400 monaci. La maggior parte delle abbazie conquistate da poco preferì arrendersi pacificamente piuttosto che lottare. In alcuni casi dove venne fatta un po’ di resistenza, per esempio a Barbery o a Igny, vennero prese delle misure militari.

Maugier non doveva assaporare a lungo la vittoria. Egli moriva prematuramente nel 1637 al Collegio san Bernardo. Il suo amico di tutta la vita, Ottavio Arnolfini, che era ancora vivo ma in precarie condizioni di salute, doveva succedergli nel suo compito, ma moriva nel 1641. Da questo momento in poi, e sotto diversi titoli, Jean Jouaud doveva fungere da maestro e da conduttore del destino degli Astinenti.

Ma ci fu un punto, certamente, che guastò il generalato cistercense del Cardinale Richelieu. La sua elezione era molto dubbia per diverse ragioni, e quindi egli non fu accettato dalle congregazioni straniere. Fu ancora più umiliante per lui il fatto che la Santa Sede rifiutò risolutamente di concedergli la dispensa necessaria perché la sua elezione, difettosa da un punto di vista formale, fosse valida dal punto di vista canonico. Però l’atteggiamento negativo della Curia era soltanto un sintomo che le relazioni tra Parigi e Roma, alterate dalle questioni gallicane, stavano peggiorando. Nei decenni successivi le due osservanze cistercensi, polemizzando fra loro, continuarono a sfruttare le loro conoscenze con una grande perspicacia diplomatica. Jouaud, con la falsa presunzione che un sostegno del governo poteva continuare anche dopo la partenza di Richelieu, continuò a ricercare protezione e vantaggi a livello politico, invocando i princìpi del gallicanesimo e rifiutando rudemente i tentativi di mediazione che venivano dal papa. Gli Anziani, denominati ufficialmente come Comune Osservanza, da parte loro, si rivolgevano per comodità a Roma per essere riconfortati e indossavano le vesti di difensori fedeli dei diritti del papa contro l’intrusione dei secolari nelle questioni fondamentali della religione. La posizione della Comune Osservanza venne ulteriormente migliorata a Roma dal sostegno di un Cistercense italiano che godeva di una grande influenza, Ilarione Rancati (1594-1663), abate di Santa Croce e procuratore generale, un teologo e un consultore del papa molto ammirato. Fu Rancati che, alla fine del 1635, otteneva da Urbano VIII un breve a condanna della presa del Collegio di Parigi e che dichiarava nulla e revocava tutte le misure del Cardinale de La Rochefoucauld che privavano Cîteaux dei suoi antichi privilegi. Fintanto che Richelieu era vivo, il breve papale non poteva nemmeno essere nominato, ma dopo la sua morte il documento, finalmente scoperto, rialzò di molto il morale della scoraggiata Comune Osservanza.

Richelieu si stava aggrappando ancora alla sua vita ormai in via di totale declino, quando alcuni dei membri della comunità di Cîteaux, che erano stati espulsi, ricominciavano a tornare alla loro abbazia. Non appena si seppe della morte del Cardinale, altri monaci accorrevano ancora, e il 2 gennaio del 1643, 21 Anziani, in mezzo agli Astinenti che protestavano a gran voce, eleggevano come loro nuovo abate Claude Vaussin (1608-1670). La scena, tumultuosa, era certamente ben lontana dal costituire una elezione legittima, ma la persona era stata scelta bene. Vaussin, un giovane monaco di 3 5 anni, non era solo una persona di grandi talenti, proveniente da una eminente famiglia borghese di Digione, ma era anche il favorito del governatore della Borgogna, Enrico Il dei Borboni, Principe di Condè.

Fu allora la volta di Jean jouaud di elevare delle proteste, sotto accusa che, secondo la Sentenza di La Rochefoucauld e le norme di Richelieu, i membri della Comune Osservanza non avrebbero potuto essere eletti abati. Durante il conflitto legale, estremamente complicato, che ne derivò, Vaussin rimase prudentemente nell’ombra. Colui che guidava la strategia degli eventi, che si conclusero in favore della Comune Osservanza, era Claude Largentiér, abate di Clairvaux, pienamente sostenuto da Rancati a Roma. Il risultato definitivo venne da una decisione del consiglio del re del 5 aprile del 1645, che lasciava intatta la questione della validità della Sentenza di La Rochefoucauld, ma che restaurava il diritto attivo e passivo degli Anziani nelle elezioni abbaziali. Così, secondo tutte le formalità che il caso richiedeva, si tenne a Cîteaux una nuova elezione; il 10 maggio Vaussin riceveva unanimemente il voto dei 36 membri della sua osservanza, e i 16 Astinenti di Cîteaux votavano in favore di Jouaud. La vittoria di Vaussin venne immediatamente ratificata dall’approvazione del re e del papa.

I monaci della Stretta Osservanza, accusarono il colpo, considerarono per un po’ la possibilità di accettare un compromesso, cioè l’idea di dare vita a una congregazione autonoma sotto l’autorità nominale di Vaussin; ma alla fine prevalse l’aggressività di Jouaud. Sulla base della validità della tanto contestata Sentenza, la Stretta Osservanza sfidò e mise in dubbio la legittimità dell’elezione di Vaussin e richiese l’immediata esecuzione delle norme emanate da La Rochefoucauld. La causa legale, che si trascinò per almeno dieci anni, alla fine giunse fino al Parlamento di Parigi, ma nella contesa il problema effettivo venne oscurato in pratica da considerazioni di carattere diplomatico interno e dal sorgere del Giansenismo.

Questa nuova situazione, era meglio controllata da Jouad. Con il nuovo Papa, Innocenzo X (1644-1655), l’influenza di Rancati diminuì grandemente, mentre quella di Jouaud cresceva e si affermava, nell’ambiente che circondava la Reggente, la Regina Anna d’Austria. La Regina divenne una delle più ardenti sostenitrici della Stretta Osservanza e la lotta contro il Giansenismo doveva procurarle a Roma una posizione eccellente e influente: se il Papa sembrava riluttante di fronte alle richieste della Stretta Osservanza, la Regina si sarebbe dimostrata ugualmente riluttante a procedere contro i giansenisti.

Vaussin cercò di neutralizzare la posizione più vantaggiosa dei suoi oppositori utilizzando l’intervento impaziente delle grandi abbazie della Germania e della Svizzera. Esse avevano a Roma un notevole peso, ma a Parigi non avevano nessuna incidenza. Così, la decisione del parlamento di Parigi del 3 luglio 1660 faceva ritornare la situazione così com’era al 1634: si dichiarava valida la Sentenza di La Rochefoucauld e anzi si ordinava di prendere misure ancora più rigide. Solo la Stretta Osservanza avrebbe avuto il diritto di ammettere dei novizi, e solo gli Astinenti potevano essere eletti abati..phpettandosi un provvedimento del genere da tanto tempo, molte comunità cistercensi decisero di sottomettersi alla riforma molto prima del 1660, e sotto la pressione esercitata legalmente, la diffusione del movimento aveva registrato un’accelerazione già prima di quella data. Verso il 1664 il numero delle abbazie controllate dagli Astinenti era di 55, con un totale di circa 700 monaci.

Tuttavia dei cambiamenti considerevoli nell’orizzonte politico convincevano Vaussin che, sebbene avesse perduto una battaglia, egli avrebbe potuto ancora vincere la guerra. Per prima cosa con il pontificato di Alessandro VII (1655-1667) l’influenza di Rancati raggiunse il massimo grado. In secondo luogo, agli inizi del 1661, dopo la morte di Mazzarino, il giovane Luigi XIV prendeva personalmente in mano il governo del paese. Oltre all’assolutismo che caratterizzava le sue concezioni politiche, egli guardava di traverso qualsiasi movimento che attaccava l’autorità costituita; le severe richieste della Stretta Osservanza gli sembravano equivalere a ribellioni contro l’abate generale. Inoltre, l’atteggiamento benevolo delle grandi abbazie della regione del Reno sembrava quasi allettante ad un monarca che considerava l’espansione della Francia verso l’Est. Ben consapevole della alleanza che univa Vaussin e i suoi colleghi tedeschi, Luigi XIV ritenne che sostenere l’autorità dell’abate generale fosse un espediente politico favorevole per lui. E, da ultimo, con l’instaurazione di un nuovo regime di governo in Francia, l’atmosfera di religiosità che aveva circondato l’anziana Regina Madre svaniva. Non essendo più reggente e in condizioni di salute precarie, stava rapidamente perdendo il controllo degli affari pubblici.

Fu in queste circostanze che Vaussin richiese al Consiglio di stato del Re di permettere il trasferimento a Roma, per un arbitrato affidato al Santo Padre, della contesa che sembrava non finire mai. La decisione del Consiglio di Stato del 18 giugno 1661 confermava il verdetto ratificato dal Parlamento l’anno precedente, ma autorizzava la Comune Osservanza ad appellarsi alla Santa Sede per il giudizio definitivo.

Jouaud, che aveva la meglio per superiorità strategica, si rivolse nuovamente al Parlamento per essere consolato e fece pubblicare una serie di opuscoli sarcastici contro Vaussin e l’intervento del papa, ma non riuscì a impedire che l’abate generale si appellasse a Roma e perorasse personalmente la causa della Stretta Osservanza. Il lavoro di Vaussin in curia (dal novembre 1661 al marzo 1662) si dimostrò più che soddisfacente. Egli convinse le autorità che preservare l’unità dell’Ordine e promuovere una riforma generale era più importante del dominio della Stretta Osservanza. Di conseguenza, un nuovo breve papale invalidava espressamente la Sentenza di La Rochefoucauld, nominava appositamente una congregazione romana per i problemi dell’Ordine Cistercense e invitava delle rappresentanze di tutte e due le osservanze a partecipare alla formulazione di un codice di riforma cistercense che impegnasse tutte le abbazie.

Le relazioni diplomatiche tra la Francia e Alessandro VII peggioravano e non fu possibile perciò applicare immediatamente il breve papale in tutti i suoi termini; però nel 1664 Vaussin era nuovamente disposto a tornare a Roma per la fase definitiva della causa fra le due osservanze. Jouaud, prevedendo il peggio, era più incline a boicottare i negoziati di Roma, ma una riunione di abati Astinenti decise alla fine di inviare a Roma due personalità del loro gruppo per difendere la Stretta Osservanza. Si trattava di Dominique George, abate di Val-Richer e di Armand Jean le Bouthillier de Rancé (1626-1700) abate dell’abbazia della Trappa, recentemente riformata.

Fu quella la prima apparizione di De Rancé sullo sfondo di quello scenario agitato: si era già molto parlato della sua conversione alla vita monastica. Egli era stato scelto senz’altro per la sua cultura, la sua pietà e la sua eloquenza, ma anche per le sue relazioni con i membri dell’aristocrazia. La sua indole, il suo ascetismo ostentato e la sua inflessibilità, purtroppo, non furono i fattori più positivi per l’affermazione della sua causa a Roma. Egli istintivamente assunse il ruolo di un secondo san Bernardo in mezzo alla Curia, e cercò di dare ai Cardinali della congregazione speciali lezioni sulla spiritualità monastica e sulla riforma, sebbene avesse egli stesso fatto professione monastica solo alcuni mesi prima di partire per Roma. Comunque, egli dimostrò di essere molto capace e di saper raccogliere in modo ammirevole il sostegno di molte grandi personalità, quali il venerato Cardinale Giovanni Bona, della Congregazione dei Foglianti, di Paolo de Gondi, del cardinale de Retz.

Non si dubitò mai di quale sarebbe stata la conclusione dell’arbitrato di Roma. Alla fine del 1665 la bolla di Riforma dell’Ordine Cistercense era pronta per la promulgazione e solo l’opposizione della morente Anna d’Austria fu la causa del ritardo. Agli inizi dell’anno successivo, Anna d’Austria moriva e la bolla tanto attesa venne pubblicata, sotto forma di una costituzione apostolica, il 19 aprile 1666. Conosciuta come la In suprema dalle parole iniziali, servi come codice della disciplina dell’Ordine Cistercense fino alla rivoluzione francese.

Il documento interpretava la Regola di san Benedetto capitolo per capitolo e prescriveva la stessa disciplina per tutte e due le osservanze, eccezion fatta per la sola astinenza. La Stretta Osservanza doveva mantenere l’astinenza perpetua; la Comune Osservanza riceveva invece l’autorizzazione di mangiare carne tre volte alla settimana, ma non durante l’Avvento e la Quaresima, in cui l’astinenza doveva essere totale. Più significative erano le norme che organizzavano la Stretta Osservanza come entità giuridica distinta all’interno dell’Ordine. Il Papa elogiava gli Astinenti per il loro zelo e la loro disciplina esemplare ed esprimeva i suoi migliori auspici per un ulteriore sviluppo del movimento, ma la Stretta Osservanza doveva accontentarsi di una autonomia limitata, con la supervisione di Cîteaux e del Capitolo generale. Le abbazie che seguivano la riforma dovevano essere suddivise in due province, ciascuna delle quali dipendeva da un visitatore scelto tra gli Astinenti. Il Collegio san Bernardo doveva essere condiviso dalle sue osservanze e dipendere dalla revisione del Capitolo generale. Trasferire monaci da una osservanza all’altra era permesso solo in via eccezionale. La concessione più sorprendente fatta alla Stretta Osservanza era il diritto di designare dalle sue abbazie dieci delegati per il Definitorio, il Comitato Esecutivo del Capitolo generale. E come nota finale di precauzione, il Papa imponeva silenzio perpetuo a coloro che avrebbero potuto essere inclini a riaprire il conflitto.

La costituzione papale venne solennemente promulgata durante il Capitolo generale del 1667, che era la prima sessione dopo una convocazione irrilevante tenuta nel 1651. La lettura del documento non era ancora stata completata, quando De Rancé si alzò e dichiarò che la bolla era il risultato di informazioni sbagliate e di frodi, promulgata con il solo intento di reprimere la Stretta Osservanza. Egli quindi si riservava il diritto di inoltrare ulteriori ricorsi legali in proposito. La protesta di De Rancé venne sottoscritta da tutti gli Astinenti che partecipavano al Capitolo.

La morte di Alessandro VII nello stesso anno offriva agli Astinenti l’opportunità di rivolgere le loro lagnanze al nuovo papa, Clemente IX (1667-1669). La petizione venne presentata a Roma dal cardinale de Retz. Ma, profondamente al corrente dei problemi dei Cistercensi, il nuovo Pontefice non solo rifiutava l’appello, ma in termini forti condannava l’atteggiamento temerario di De Rancé.

La costituzione In suprema stabiliva Capitoli triennali, e Vaussin subito si impegnò nei preparativi del Capitolo del 1670. La sua morte, avvenuta a Digione il I febbraio 1670, mentre era impegnato nelle sue attività, fu una grave perdita per la causa della pace, come in seguito ammetteranno anche i suoi avversari. Egli era un uomo di gran buona volontà e dotato di una sapienza pratica sempre più disposto ad accettare dei compromessi ragionevoli che a lottare per conseguire una schiacciante vittoria. In quella contesa poco piacevole il ruolo del grande protagonista era piombato addosso a lui, ma il suo tatto e la deferenza che seppe dimostrare verso i proto-abati assicurarono, almeno all’interno della Comune Osservanza, un epoca di armonia e di collaborazione.

Il successore di Vaussin fu Jean Petit (1670-1692), laureato in diritto canonico, uomo di intelligenza penetrante, ma fortemente attaccato ai suoi principi, uno dei quali era la assoluta autorità su tutto l’Ordine. Nel giro di un anno egli si trovò immerso in conflitti non solo con gli Astinenti, ma anche con i proto-abati. La morte di Vaussin aveva costretto a posticipare il Capitolo generale annunciato per il 1670; e il Capitolo si riunì nel 1672. Fu il più burrascoso tra quanti vennero mai registrati negli annali cistercensi. I proto-abati si ritrovarono stranamente alleati con la Stretta Osservanza, gli uni e gli altri infatti contestavano i metodi con cui Petit cercava di controllare le assemblee generali. Raggruppò nel definitorio i propri sostenitori e ridusse i delegati degli Astinenti da dieci a sei. I proto-abati e i membri della Stretta Osservanza abbandonarono in modo drammatico l’assemblea e il Capitolo venne interrotto con grande disordine.

La morte di Jean Jouaud nel 1673 non fece che aggravare quella già tanto ingarbugliata situazione. Indubbiamente, era una persona combattiva, ma la sua dedizione alle più genuine tradizioni cistercensi non potrà mai essere messa in discussione. La conduzione della Stretta Osservanza passò a De Rancé, la cui inclinazione per le dispute è leggendaria e la cui adesione al rigorismo morale era un povero surrogato alla sua mancanza di comprensione dell’autentico spirito cistercense.

La Stretta Osservanza non aveva mai goduto di grande favore a Roma; Rancé decise quindi alla fine del 1673 di tentare un’altra via perché venissero ascoltate e fossero riparate le questioni oggetto delle sue lagnanze: in quel momento esse comprendevano anche la sessione interrotta in così malo modo del Capitolo generale dell’anno precedente. Egli indirizzò un eloquente appello alla persona stessa dei Re, e si impegnava ad accettare il suo verdetto come se fosse stata la voce stessa di Dio. La sua iniziativa era accompagnata dalla mobilitazione generale dei numerosi amici di Rancé a Parigi e a Versailles, e da una nuova ondata di opuscoli diffusi su larga scala. L’esame dei punti che egli sollevava venne affidato a un comitato regale appositamente costituito, guidato da François de Harlay de Champvallon, arcivescovo di Parigi. Petit non era assolutamente in grado di controbilanciare l’influenza di Rancé nell’alta società parigina, e ci si attendeva un verdetto in favore della Stretta Osservanza. Fu l’intervento inevitabile delle abbazie cistercensi straniere che invertì la corrente e costrinse il Re a mutare pensiero; in quel momento critico il suo esercito era impegnato in una campagna inconcludente nella regione del Reno, la zona dove più forti si elevavano le proteste. Il 19 aprile 1675 il Consiglio di Stato respinse le rivendicazioni degli Astinenti, ma permetteva agli iniziatori della nuova querela di rivolgersi a Roma, se desideravano portare avanti la controversia. Il Papa era in quel momento Clemente X (1670-1676) quello stesso Emilio Altieri che per anni era stato responsabile della congregazione romana per i problemi dell’Ordine di Cîteaux. Fu soltanto questo fatto a scoraggiare le attese che gli Astinenti riponevano in Roma, e la questione venne temporaneamente sospesa.

Le lagnanze sollevate dagli Astinenti e le loro rivendicazioni sembravano dover continuare per sempre; ma anche i papi sono mortali. A Clemente successe Innocenzo XI (1676-1689), un santo asceta, che prima non aveva avuto niente a che fare con la guerra delle osservanze dei Cistercensi; si credeva però che avesse una grande stima di Rancé e dei suo gran successo alla Trappa. Dopo che l’abate della Trappa ebbe ottenuto alcuni importanti brevi papali in favore della propria abbazia, la Stretta Osservanza decise di fare un ultimo tentativo per far riconsiderare la Sentenza di La Rochefoucauld. Verso il 1677 degli emissari degli Astinenti stavano lavorando sodo a Roma. Questa volta le autorità si dimostrarono più aperte e quindi venne alla luce il testo di una nuova bolla papale che incorporava la maggior parte delle clausole della famosa Sentenza e portava la Stretta Osservanza ancora una volta quasi al varco della piena vittoria. Ma le relazioni del Papa con la Francia avevano raggiunto un punto critico e la Curia non osava pubblicare il documento senza consultare prima Luigi XIV. La nunziatura apostolica a Parigi venne incaricata di intraprendere delle conversazioni amichevoli per indagare le disposizioni del Re; verso gli inizi del 1679 i risultati non restavano ormai più a lungo segreti: il Re, sebbene fosse in un atteggiamento benevolo nei confronti della riforma, non avrebbe permesso che l’autorità di Cîteaux venisse indebolita dalla costituzione di una congregazione indipendente. Chiaramente, non c’era altro da fare che lasciar cadere le cose, completamente, e per sempre.

Non furono fatti altri passi legali, ma la saggezza un po’ lenta di Jean Petit che alla fine portò a dei provvedimenti che miglioravano ancora le condizioni giuridiche della Stretta Osservanza. Dopo aver combattuto per più di dieci anni su due fronti, egli venne finalmente alla conclusione che non avrebbe potuto sconfiggere i proto-abati senza far pace con la Stretta Osservanza. Per il 1683 si annunciava finalmente una sessione del Capitolo generale, dopo grandi rinvii. Per evitare il confronto aperto del 1672, Jean Petit negoziava con gli Astinenti un accordo ragionevole. Egli assicurava loro una indipendenza di fatto nel governo delle loro case, che erano circa 60 a quel momento, ed assicurava agli abati della riforma il diritto di tenere delle riunioni annuali, pur riservandosi il diritto della presidenza. Tali assemblee avrebbero goduto di nominare i visitatori regolari; lagnanze di qualsiasi genere sarebbero state demandate alla valutazione di una delegazione di abati della riforma. E da ultimo, Jean Petit assicurava la Stretta Osservanza che non era contrario affatto all’introduzione della riforma là dove la maggioranza dei monaci si fosse espressa favorevolmente.

Così, dopo 60 anni di incessanti controversie, l’ingranaggio ritornava al suo punto di partenza, dopo aver lentamente girato su se stesso. L’accordo raggiunto da Jean Petit e la Riforma rassomigliava molto da vicino al contratto del 1624, concluso fra Nicola Boucherat e Etienne Maugier. È inutile stare ad immaginare quale sarebbe stata l’evoluzione del movimento se non ci fossero stati quegli accaniti sforzi di coinvolgere Cîteaux nella burrasca. Eppure non è del tutto infondato affermare che se la Stretta Osservanza avesse applicato tutte le sue forze materiali, intellettuali e spirituali per una penetrazione pacifica nell’Ordine, piuttosto che cercare una affermazione attraverso pressioni autoritarie, i risultati finali avrebbero potuto essere più gratificanti anche se forse meno spettacolari.

Per colmo di ironia, quando la contesa giungeva alla fine, la Stretta Osservanza subiva già un processo di frantumazione. Il fattore che causava la divisione tra le fila della riforma era soprattutto la personalità stessa di Rancé. Durante l’amministrazione di Richelieu, le autorità degli Astinenti avevano elaborato un codice per la disciplina della riforma, che sostanzialmente era basato sul Libro delle Antiche Definizioni del 1316. Era stato quel codice lo strumento di una uniformità notevolmente ben preservata, fino a quando non venne sfidato da Rancé e dai suoi discepoli. I regolamenti che egli aveva steso per l’abbazia della Trappa andavano molto al di là delle strutture stesse degli Astinenti quanto alla loro severità, ed egli insisteva di avere il diritto di dare forma alla spiritualità della sua comunità così come gli sembrava meglio. Dopo il 1667 egli non partecipò più né alle sessioni del Capitolo generale né alle assemblee speciali della Stretta Osservanza, e rifiutò risolutamente qualsiasi tentativo per ricondurre la sua abbazia entro le linee seguite dalle altre comunità riformate.

Se resta innegabile lo zelo e la pietà di De Rancè, bisogna segnalare che le caratteristiche più salienti della sua riforma alla Trappa costituivano delle novità nella storia dell’Ordine. Invece di dare nuova vita alle autentiche tradizioni cistercensi, la Trappa rifletteva lo sviluppo della spiritualità del suo riformatore e l’eccessiva accentuazione ascetica del XVII secolo in Francia. Rancé credeva che la vita monastica fosse fondamentalmente una forma di vita penitenziale; i monasteri erano come delle prigioni, i ricoverati erano criminali, condannati a trascorrere il resto della loro vita in severe penitenze corporali. Il dovere principale dell’abate era quello di creare per i suoi monaci umiliazioni di ogni genere e di incoraggiarli a praticare austerità anche a costo di provare alcun genere di soddisfazione nel lavoro o nei vari esercizi; l’attività che più si addiceva a loro era quella di piangere i propri peccati. A questo fine era accordata la disciplina della casa, il menu e l’orario del giorno. Rancé e i suoi seguaci moltiplicarono il tempo da trascorrere in preghiera, si applicarono preferibilmente a lavori faticosi, misero una nuova eccessiva importanza sul silenzio e bandirono dalla loro mensa non solo la carne, ma anche il pesce, le uova e il burro. In certa misura, lo spirito eroico dei primi cistercensi era tornato a nuova vita alla Trappa, ma alla meravigliosa intensità contemplativa dello spirito mistico di san Bernardo, Rancé aveva sostituito la pesantezza opaca del rigorismo del suo tempo.

L’introduzione della riforma a Sept-Fons, un altro centro famoso di rinascita di vita monastica, fu opera di Eustachio di Beaufort (1636-1709). Nel 1656, quando ricevette l’abbazia grazie a un privilegio del re, egli era soltanto un giovane di vent’anni. Un po’ a denti stretti egli decise di farsi monaco, completò il suo noviziato a Clairvaux, ma si integrava alla Stretta Osservanza solo nel 1664, dopo aver fatto l’esperienza di una seconda conversione. Negli anni successivi, Beaufort venne influenzato profondamente da De Rancé, anche se Sept-Fons, per proprio conto, sviluppò una versione indipendente della disciplina degli Astinenti.

Una situazione analoga emerse a Tamié, dove la Stretta Osservanza veniva introdotta nel 1677 dall’abate Jean-Antoine de la Forest de Somont, che si muoveva seguendo l’ispirazione che gli veniva da Rancé. L’unico discepolo inflessibile di Rancé tra i Cistercensi fu Charles de Benzeradt, abate di Orval, che mandava i suoi monaci alla Trappa perché vi fossero formati e adottò nel 1674 i regolamenti di Rancé. Orval a sua volta tentò di imporre lo stesso stile di vita alle comunità di Conques (1679), Düsselthal (1701) e Beaupré (1710). Tra le case Cistercensi solo Orval e le sue tre case figlie diedero un saldo punto d’appoggio al Giansenismo. Rancé aveva molti amici fra i Giansenisti, ma cercò di evitare di esserne coinvolto.

La Stretta Osservanza rimase fino alla Rivoluzione Francese una istituzione di carattere quasi esclusivamente francese; ma nel 1705 la Trappa infondeva nuova vita e riformava l’abbazia italiana di Buonsollazzo, che a sua volta introduceva la stessa osservanza anche a Casamari, nel 1717. L’ultimo fenomeno di espansione fu l’acquisizione e la riforma operata da Sept-Fons dell’abbazia di Val-des-Choux, che era una abbazia Caulita, che cioè faceva parte di una congregazione contemplativa indipendente. Con la nuova sistemazione giuridica, l’antica abbazia cambiava la propria denominazione in Val-Saint Lieu. Come accadeva in tutto il mondo monastico francese durante il secolo XVIII, la Stretta Osservanza perdeva molto del suo fervore primitivo, anche se le abbazie della Trappa e di Sept-Fons restarono fino alla fine comunità numerose, con una disciplina esemplare.

Durante il XVII secolo la Stretta Osservanza incorporava 5 monasteri di monache cistercensi (Maubuisson, Argensolles, Lieu-Dieu, Thorigny, Sainte-Catherine d’Angers), mentre il monastero di Les Clairets veniva riformato sotto la tutela della Trappa.

Alcune comunità più piccole cambiarono diverse volte la loro obbedienza, ed è quindi difficile attribuire un numero preciso di abbazie alla Stretta Osservanza, prima della Rivoluzione. Quando raggiungeva l’apice del suo sviluppo, la Stretta Osservanza comprendeva circa 65 case, e 5 monasteri di monache.

Bibliografia

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L.J. Lekai, I Cistercensi. Ideali e realtà, XI, Certosa di Pavia, 1989.

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