I Cistercensi

Storia dell’Ordine cistercense

La rinascita del diciannovesimo secolo: i Trappisti

Pochi fenomeni storici sono più sorprendenti della capacità e potenza di ricostruzione degli ordini monastici. Senza lasciarsi vincere né dalla natura né dalla frequenza delle calamità, i monaci sono sempre stati impazienti di rimettere insieme i vari rottami sparpagliati qua e là e di ripartire da zero un’altra volta, in una nuova casa di Dio, nell’ininterrotta tradizione della vita monastica.

L’incendio della Rivoluzione non era ancora estinto che già alcuni eroici Cistercensi si erano messi a lavorare sodo. Ma le comunità che si riunivano agli inizi del XIX secolo non devono essere considerate soltanto come una sopravvivenza o come una continuità delle tradizioni monastiche del XVIII secolo. Esse recuperavano molto di ciò che era stato il passato, ma erano insieme desiderose di imparare. Dopo la Rivoluzione, il mondo era così profondamente diverso da quello che era stato nell’Ancien Régime, che nessuna istituzione appartenuta all’ordine ormai crollato poteva essere semplicemente rappezzata e risistemata dentro una nuova struttura. A questo rispetto i monaci non si facevano nessuna illusione. La posizione umile che i Cistercensi cercarono di assicurare per sé nelle mutate condizioni storiche era diversissima dall’importanza che l’Ordine aveva goduto un tempo. Eppure ciò che si era perduto come prestigio portava dei vantaggi di altro tipo.

La riforma cistercense del XII secolo era partita agli inizi, come un movimento di rinnovamento spirituale, inevitabilmente era divenuta poi uno dei fattori più importanti della vita sociale, economica e perfino politica dell’Europa medioevale e anche dei primi secoli dell’Europa moderna. Ma in seguito, la violenta tempesta che per più di vent’anni si era abbattuta su tutto il continente aveva spezzato ciò che ancora rimaneva dello stile feudale ed aveva infranto le difese di protezione delle abbazie medioevali. I monaci che riemergevano dalle rovine non erano più membri privilegiati, riveriti e sicuri di sé e di un grande Ordine; erano soltanto dei poveri che cercavano Dio, circondati da un mondo sociale impegnato in opere e ideali molto diversi.

L’Ordine Cistercense, nel XIX secolo, non poteva più rivendicare un ruolo di primo piano nella nuova società né nella vita economica o politica. Mentre perfino il riassunto più sintetico di storia della civiltà medioevale deve lasciare almeno alcune pagine alla vita monastica, il lettore di qualsiasi voluminoso trattato di storia contemporanea cercherebbe invano qualche riferimento al monachesimo. Ripudiati dai costruttori del mondo nuovo, i monaci si sono visti costretti a fare ritorno alla primitiva missione, offrendo magari il loro aiuto a pochi eletti, che si sforzano di raggiungere la perfezione cristiana nel cuore di una società ormai non più cristiana.

Ma non fu soltanto l’Ordine, in quanto organizzazione, che dovette affrontare la sfida di circostanze storiche che non gli erano più congeniali. La stessa vocazione religiosa fu messa in discussione in quanto frutto di una scelta personale. I tre voti di povertà, castità e obbedienza si opponevano apertamente ai nuovi ideali di libertà illimitata o di ricerca sfrenata delle ricchezze e del piacere. La vita monastica era molto stimata nell’Ancien Règime; allora la si incoraggiava, e talvolta vi venivano forzati i ragazzi dai genitori stessi o da altri fattori esterni. Nell’atmosfera materialistica del XIX secolo, diventare monaci era qualcosa di insolito; e quindi la realizzazione di un desiderio di questo genere richiedeva una deliberazione precisa ed una grande forza di volontà, disposta a superare notevoli difficoltà. Era stato per questi motivi che il numero elevato delle comunità delle antiche abbazie comprendeva spesso vocazioni forzate, che causavano problemi disciplinari cronici. Invece, il monaco dei tempi nuovi, doveva per forza essere un volontario, messo a prova nelle sue motivazioni. La sua presenza in comunità elevava il livello della vita monastica. Così, se da un lato i Cistercensi avevano perso i loro beni materiali, la loro posizione sociale prestigiosa e il numero elevato delle comunità, dall’altro potevano realmente aspirare al successo di una ricostruzione puramente interiore.

Eppure il clima dei primi anni del XIX secolo non era completamente ostile alla rinascita del monachesimo. La delusione seguita all’insuccesso dell’Illuminismo portava alla nascita del Romanticismo, spodestando la ragione e richiedendo per il cuore umano un ruolo più grande. Il Romanticismo era primariamente movimento artistico e letterario, ispirato al ritorno del passato e si rivolgeva soprattutto verso il Medio Evo, verso cioè quel periodo in cui si erano formate le grandi nazioni europee. Lo studio di quell’epoca storica portava inevitabilmente a una più grande stima della Cristianità, e questa a sua volta considerava la vita monastica secondo quanto meritava: i monaci infatti erano stati i primi maestri dei giovani popoli barbari.

Un interesse diffuso per l’antiquariato, l’imitazione dell’architettura gotica, la moda dei romanzi storici e la reintroduzione del canto gregoriano nella liturgia, costituivano altrettanti fattori considerevoli della nuova Corrente culturale. Era inoltre il tempo in cui le rovine romantiche dei monasteri dimenticati richiamavano l’attenzione di un numero sempre crescente di visitatori o esploratori delle foreste e ispiravano poeti e pittori, tutti incuriositi dalle misteriose disposizioni interiori che animavano un tempo le fila dei loro abitanti incappucciati. È difficile valutare l’incidenza di questo nuovo interesse per il monachesimo sulla riuscita della rinascita della Trappa. È comunque innegabile che le prime tappe della ricostruzione della vita monastica cistercense vennero considerevolmente facilitate dall’atteggiamento pieno di simpatia della nuova generazione di intellettuali.

Quando ci si rese conto chiaramente che tutto in Francia era andato perduto, l’unico sforzo organizzato per salvare un nucleo di vita cistercense reale e vitale per il futuro, venne dalla Trappa. Si trattava di un gruppo di monaci severamente disciplinati e pieni di zelo, che, dopo 25 anni di dure prove e di continui tentativi, ritornarono in patria e iniziarono a diffondere l’Ordine con un successo considerevole. Il fatto che tutti si dichiarassero discepoli dell’Abate De Rancè, il grande riformatore della Trappa, era di capitale importanza, e ciò avrà delle grandi conseguenze sulla storia successiva dell’Ordine. Prima della Rivoluzione, l’osservanza particolare dell’abbazia della Trappa era limitata a poche comunità; dopo il 1815, l’influenza di De Rancé divenne la forza che dominava la rinascita dei Cistercensi in tutta la Francia e all’estero, nei paesi cioè dove una energica espansione aveva portato i Trappisti, nome popolare che in quegli stessi paesi divenne sinonimo di Cistercensi.

Circostanze straordinarie richiedono personalità straordinarie. L’ultimo maestro dei novizi della Trappa, Agostino di Lestrange (1754-1827), era un personaggio eccezionale. Muovendosi con l’autorizzazione ricevuta all’ultimo momento da F. Trouvè, Abate Generale, e di Louis Marie Rocourt, abate di Clairvaux e Padre Immediato della Trappa, Lestrange raccoglieva 21 monaci della sua comunità e fuggiva in Svizzera. Le autorità svizzere dei Cantone.di Friburgo accolsero gli esuli e concessero loro la Certosa abbandonata della Valsainte, dove il I giugno 1791 incominciava ad aprirsi un importantissimo capitolo della vita cistercense.

Nel loro desiderio di riparare i crimini commessi dal Regime Rivoluzionario del Terrore, i monaci, guidati dalla personalità fortissima e dominatrice di Lestrange, gareggiavano l’un l’altro nell’introdurre mortificazioni sempre più grandi, fino a toccare i limiti della sopportazione umana. Alla Valsainte non si conosceva riscaldamento. I monaci dormivano su tavolacci, usavano solo un guanciale riempito di paglia ed una sola coperta di lana. La loro dieta si limitava a pane, acqua e legumi bolliti. Questi nuovi atleti della mortificazione dormivano soltanto da sei a sette ore, trascorrevano da cinque a sei ore in un lavoro manuale faticoso e consacravano il resto della loro giornata alla preghiera; nelle feste solenni quest’ultima attività durava almeno dodici ore. Nel 1794 si fece un tentativo di introdurre la laus perennis cioè l’initerrotto servizio divino, in Chiesa.

Agostino di Lestrange si preoccupava di regolare ogni minimo dettaglio della vita monastica. Non si permetteva a nessuno di incominciare qualcosa, a meno che non fosse stato ordinato dal regolamento o dal superiore. Gli usi ammontavano a un gran numero ed erano raccolti in un libro piuttosto grande, debitamente stampato a Friburgo, nel 1794. Animate dal desiderio ardente di creare per i monaci una vita di costante privazione, queste prescrizioni elaborate superavano di molto la Regola di San Benedetto, ì primi statuti di Cîteaux, e persino il regolamento fatto da De Rancé per i monaci della Trappa. E, cosa abbastanza strana, la vita ascetica senza precedenti che si seguiva alla Valsainte non riusci a scoraggiare le vocazioni. Il numero dei monaci cominciò ad aumentare e Pio VI autorizzò la comunità ad eleggersi un abate. Questo evento memorabile ebbe luogo nel 1794. La scelta cadde, come era ovvio, su Agostino di Lestrange, e questi continuò con rinnovato vigore la realizzazione di un programma di espansione che in un certo senso gli veniva imposto dal fatto che il Senato di Friburgo limitava a 24 persone il numero della comunità della Valsainte.

Il motto di Lestrange era la santa volontà di Dio ed egli era molto propenso a credere che tutto quello che gli veniva in mente fosse realmente volontà di Dio e doveva quindi essere realizzato con zelo invincibile. Gli sforzi incessanti per fare nuove fondazioni erano più volontaristici che realistici, concretizzati in modo piuttosto poco ortodosso. Egli mandava tre o quattro monaci alla volta e senza dare loro molta preparazione, senza preoccuparsi molto dei preliminari, fidandosi che la Provvidenza avrebbe pensato ai dettagli. Alcune fondazioni di questo tipo furono del tutto accidentali: nel 1793, dopo essere stato informato su di alcune possibilità in Canada, Lestrange subito inviò due monaci ed un fratello laico, tra cui Padre Eugenio de Laprade. Poiché l’Inghilterra era in guerra contro la Francia, i tre uomini si trovarono bloccati ad Amsterdam. Mentre aspettavano che succedesse qualcosa, il Vescovo di Anversa li incoraggiò a installarsi nella sua diocesi in una fattoria vicino a Westmalle. Lestrange si disse d’accordo, senza rinunciare, tuttavia, al progetto del Canada. Nel 1794 un altro gruppetto di tre persone lasciava la Valsainte per attraversare l’Atlantico. Furono più fortunati dei loro predecessori, ma non poterono oltrepassare l’Inghilterra; qui si offrì loro una proprietà per una fondazione vera e propria a Lulworth, nello Doretshire. Anche a questa proposta Lestrange accondiscese, anche se a quel momento Westmalle già non esisteva più: l’esercito francese, che avanzava, aveva costretto la colonia di Laprade a traslocare fino in Westfalia, dove nel 1795 i rifugiati fondarono una casa a Darfeld. Nel frattempo, alcune altre fondazioni casuali erano state fatte in Italia e in Spagna e dei progetti erano già in corso per l’Ungheria e la Russia.

Vero figlio della sua epoca, l’infaticabile Lestrange voleva dimostrare al mondo che la sua forma di vita monastica aveva una grande utilità sociale. Egli riunì alla Valsainte un gruppo di bambini ed aprì una scuola per loro. Alcuni insegnanti erano reclutati tra coloro che, a causa delle austerità della vita dell’abbazia, non riuscivano ad arrivare alla professione; altri erano laici devoti associati in modo informale alla Valsainte. Nel 1796 Lestrange riuniva nel cantone svizzero di Valais delle monache di vari- ordini religiosi che vi si erano rifugiate e le incoraggiò a realizzare una istituzione educativa simile per le ragazze. Egli denominava le due scuole, con il corpo insegnante e il personale di sorveglianza, il Terzo Ordine della Trappa, altra innovazione rivoluzionaria nella storia cistercense.

Ma i tempi erano veramente troppo sfavorevoli per il lancio di iniziative durevoli. Nel 1798 la Svizzera venne invasa dall’esercito vittorioso dei Francesi e Agostino di Lestrange dovette rendersi conto che la Valsainte era esposta ad un pericolo mortale, tanto più che secondo le accuse delle autorità, purtroppo abbastanza fondate, il grande numero di monaci della abbazia comprendeva anche alcuni che avevano eluso il servizio militare o erano disertori dell’esercito francese. Ma i monaci, ostinati, non erano affatto disposti a sciogliere la comunità per così poco e Agostino di Lestrange accettò l’invito dello Zar Paolo I, che offriva un rifugio in Russia.

Con santo abbandono, Lestrange diede al suo gregge fedele l’ordine di mettersi in marcia. Esso comprendeva in tutto 254 persone: i monaci, le monache, il suo Terzo Ordine con una sessantina di ragazzi e una quarantina di bambine. Tutti partirono dalla Valsainte nel corso del 1798 per incominciare la famosa Odissea Monastica. Per quasi due anni essi diedero vita a una vera e propria abbazia ambulante, un’impresa incredibile che, a quanto si disse, lasciò a bocca aperta perfino il grande Napoleone. Per ridurre i problemi relativi alla ricerca di provviste e di rifugio, quello strano pellegrinaggio si mise in cammino verso l’Est su tre colonne. Dopo un viaggio avventuroso, durato sei mesi, attraverso l’Austria e la Polonia, finalmente raggiungevano la Russia Bianca, ma a quel momento Lestrange dovette restare profondamente deluso dell’ospitalità russa e si mise a far progetti e a fissarsi sull’America. Pensando a questa meta, l’intrepido Abate si ritirava dalla Russia e il 26 luglio 1800 riuscì ad imbarcarsi con tutto il suo variopinto seguito al porto di Danzica.

L’intervento di forze maggiori frustrò di nuovo il suo sforzo. Un temporale costrinse le navi a cercare di mettersi in salvo a Lubecca dove i monaci, le monache e i bambini si dispersero in cerca di rifugio. Per fortuna, la vittoria di Napoleone a Marengo venne seguita da un periodo di pace relativa. La prima fondazione di Darfeld poté ricevere rinforzi, senza grandi problemi: le autorità svizzere permisero la riapertura della Valsainte, e, alla fine, una piccola colonia guidata da Urbain Guillet raggiunse Baltimora, nel 1803. Inoltre, quando Pio VII firmava il Concordato con Napoleone, questi cambiava atteggiamento verso i Trappisti. Appena incoronato, l’Imperatore incoraggiava e sosteneva personalmente diverse fondazioni, tra cui una casa nelle Alpi, sul Monginevro, perché fosse un luogo di rifugio o di riposo per i soldati ammalati o feriti ‘ nel transito dalla Francia all’Italia. Ma la pace fragile che sembrava assicurare il Concordato non durò a lungo.

L’occupazione francese degli Stati Pontifici (1809), la scomunica di Napoleone e il successivo arresto ed esilio di Pio VII esponeva le nascenti fondazioni Trappiste a una nuova violenza. Lo stesso abate Lestrange dovette mettersi in salvo. Venne arrestato, ma riusci a fuggire, e dopo un passaggio avventuroso sull’Atlantico finì a New York, dove, sperando in una fondazione, acquistò il luogo dove doveva sorgere un giorno la futura cattedrale di San Patrizio. Tuttavia la caduta di Napoleone (1814), fece cambiare idea a Lestrange e il piano della fondazione in America venne sospeso. Lestrange e i suoi monaci fecero ritorno in Europa, fermamente decisi a ritornare in Francia e a riaprire l’abbazia della Trappa.

Nessuna delle molte fondazioni fatte durante gli anni dell’esilio si dimostrò durevole (anche se Westmalle venne restaurata nel 1814), ma il ritorno in Francia dei Trappisti, nel 1815, fu l’inizio di una espansione realmente notevole, grazie all’affluire di numerose vocazioni. La riapertura della Trappa da parte di Lestrange venne seguita rapidamente da quella di Port-du-Salut, Aiguebelle, Bellefontaine, Bellevaux e Melleray. Quest’ultima venne restaurata da Antonio Saulnier de Beauregard, abate di Lulworth, la cui comunità venne espulsa dall’Inghilterra nel 1817 per molte ragioni, una delle quali era il persistente rifiuto di Lestrange di permettere che i monaci pregassero per il Re eretico, Giorgio III. I monaci francesi della comunità di Darfeld, nel 1816, occuparono di nuovo l’antica abbazia cistercense di Notre-Darnedu-Gard, mentre gli altri membri tedeschi della comunità di Darfeld si trasferirono nel 1835 a Olenberg, in Alsazia. La visita regolare delle case francesi fatta nel 1825 da Dom Saulnier rivelò che nel giro di 10 anni i prolifici Trappisti erano riusciti a fondare e a far rinascere 11 case per monaci e cinque monasteri per monache, mentre si mantenevano aperti ancora 2 Istituzioni del Terzo Ordine, uno per l’educazione dei ragazzi e uno per le ragazze. La più numerosa era la comunità di Melleray, che contava 175 monaci professi, seguita a Port-du-Salut, Aiguebelle e Notre-Dame-du-Gard ciascuna delle quali contava circa un 1 ottantina di monaci. Tuttavia la maggior parte erano fratelli conversi, che si occupavano delle grandi estensioni agricole.

L’espansione dei Trappisti continuò lungo tutto il XIX secolo, e non solo in Francia, ma anche in tutti gli altri paesi éuropei e oltre oceano. Nel 1855 i monaci abitavano 23 abbazie, tra cui 4 case nel Belgio, 2 negli USA, 1 in Irlanda, 1 in Inghilterra e 1 in Algeria. Nel frattempo le case affiliate di monache erano diventate 8. Verso la fine del secolo (1894) anche queste cifre abbastanza significative si erano più che raddoppiate: i paesi in cui si erano stabiliti i Trappisti comprendevano la Germania, l’Italia, l’Austria-Ungheria, l’Olanda, la Spagna, il Canada, l’Australia, la Siria, la Giordania, il Sud Africa e la Cina, 56 monasteri in tutto, che accoglievano un totale di 3.000 monaci, dei quali 600 erano sacerdoti.

Il successo delle fondazioni in America rimase a lungo abbastanza in dubbio. I tentativi iniziali di realizzare fondazioni permanenti furono abbandonati nel 1814, quando tutti ì monaci, meno uno, ritornarono in Europa. L’unico monaco francese rimasto in America fu P. Vincenzo de’ Paoli Merle, il quale venne lasciato indietro per errore: si era fermato nel porto canadese di Halifax per fare delle provviste, ma la sua nave partiva senza di lui lasciandolo a, terra. Per quasi dieci anni visse come un missionario in mezzo agli Indiani, fino a quando, nel 1825, con l’aiuto di un piccolo gruppo mandato da Bellefontaine, fondò Petit Clairvaux nella Nuova Scozia. I monaci si batterono per poter sopravvivere e ciò per molti anni, e, alla fine, dopo due incendi disastrosi, pensarono ad una nuova collocazione vicino a Lonsdale, nel Rhode Island, dove nel 1900 costruivano il monastero di Our Lady of the Valley. Fu la stessa comunità che, dopo un nuovo incendio scoppiato nel 1949, si trasferi a Spencer, Massachusetts, dove fondò l’abbazia di Saint joseph.

Le due istituzioni Trappiste che alla fine riuscirono meglio, tra quelle fondate negli Stati Uniti, furono l’abbazia di Gethsemani nel Kentucky e New Melleray, nello lowa. La prima casa fu fondata nel 1848 dalla comunità francese di Melleray; la seconda alcuni mesi dopo, riceveva del personale dalla comunità irlandese di Mount Melleray. Tutte e due queste case americane attraversarono delle difficoltà molto gravi a causa di problemi finanziari ed anche per mancanza di vocazioni indigene. La Guerra Civile apportò ancora altri problemi, soprattutto a Gethsemani; ma ben presto tutte e due le comunità vennero elevate al rango di abbazia e continuarono a mantenersi felicemente fino alla fine del secolo.

Mentre i superiori che guidavano i Trappisti potevano trovare appoggio e sostegno nell’alto livello di vita morale delle comunità, nella stima popolare e nella vigorosa crescita dell’Ordine, un certo numero di problemi restava insoluto e creava difficoltà costanti e alle volte anche ardue. Una di queste era quella delle Osservanze.

Ben presto emerse chiaramente a molti Trappisti-profughi che i regolamenti di Lestrange, così come erano realizzati alla Valsainte, superavano le possibilità della resistenza normale degli uomini ed erano incompatibili con le genuine tradizioni Cistercensi. L’opposizione fece corpo attorno a Eugenio di Laprade (1764-1816), che a Darfeld tranquillamente abbandonava gli usi di Dom Agostino e con l’approvazione del papa ritornava agli usi di De Rancè, così come erano stati scritti per la Trappa. La scissione si accentuò quando, dopo il 1815, tutti e due gli abati si dedicarono intensamente alla ricostruzione dei monasteri in Francia e tutti e due seguivano punti di vista contrastanti in materia di disciplina. Il risultato fu che verso il 1825 sei delle undici abbazie francesi seguivano ancora fedelmente Lestrange e la Valsainte, mentre le altre cinque erano ritornate ai regolamenti di De Rancè. L’abate Lestrange, quando ebbe restaurato la Trappa, soffrì amaramente per l’offesa fatta alla sua autorità, ma non gli fu possibile ottenere la tanto desiderata approvazione papale per il suo codice monastico, troppo severo.

Quando Lestrange morì nel 1827, la Sacra Congregazione dei Vescovi e dei Regolari nominava l’abate di Melleray, Dom Saulnier, superiore e visitatore generale di tutte le abbazie trappiste in Francia, sperando che sotto la nuova autorità si poteva realizzare l’unione delle due Osservanze. Ma questo non avvenne fino a che nel 1834 un decreto promulgato dalla stessa autorità univa tutte le abbazie francesi in un’unica congregazione (La Congregazione dei Monaci Cistercensi della Beata Vergine Maria della Trappa) imponendo a tutte la Regola di San Benedetto e le costituzioni dell’Abate De Rancé

Ma questo documento non riuscì ad eliminare le tensioni tra i due gruppi. Nel 1847, allora, Pio IX annullò il decreto del 1834 ed accettò la costituzione di due congregazioni autonome di Trappisti, ciascuna delle quali doveva essere retta da un diverso codice disciplinare. Dato che un ritorno alle Osservanze di Valsainte era impossibile, le abbazie che un tempo seguivano Lestrange costituivano la Nuova Riforma e, sotto la guida dell’Abate della Gran Trappa, promettevano obbedienza alla Carta di Carità e ai primi usi di Cîteaux. L’altro gruppo di abbazie, eredi dei discepoli di Laprade, restò fedele ai regolamenti di De Rancé, accettando la guida dell’abate di Sept-Fons e si denominò L’Antica Riforma. Quest’ultima congregazione nel 1864 comprendeva 8 abbazie con un totale di 483 monaci; la Nuova Riforma nello stesso anno contava 15 abbazie, con un totale di 1.229 monaci professi.

La questione delle Osservanze risultava poi estremamente complicata a causa dei problemi strettamente connessi ed ugualmente spinosi circa un effettivo governo centrale e le relazioni giuridiche con le comunità della Comune Osservanza sopravvissute qua e là e sempre in aumento.

Certo, Lestrange aveva guidato i suoi monaci con mano ferrea, rifiutandosi di sottomettersi sia al vicario generale dell’ancor sussistente Congregazione dell’Alta Germania sia al procuratore generale di Roma, che, dopo la soppressione di Cîteaux, aveva assunto il compito di abate generale. Ma una nuova situazione si era profilata dopo il 1814, con il ritorno a Roma di Pio VII: con il suo appoggio, un certo numero di abbazie cistercensi aveva ripreso a vivere in Italia. La creazione di un abate generale non sembrava opportuna, ma la Santa Sede aveva concesso il titolo di preside generale all’abate di Santa Croce e questi veniva considerato l’autorità suprema dell’ordine, compresi i Trappisti e la Comune Osservanza.

L’intenzione della Santa Sede era abbastanza esplicita nel fatto che il preside generale aveva il diritto di confermare le elezioni abbaziali in tutto l’Ordine “così che unità e indivisibilità sarebbero sempre rimaste intatte”. Purtroppo, gli altri diritti e doveri nell’Ordine non furono mai specificati, e questa lacuna portò a molti equivoci in problemi di giurisdizione. Nel 1827 Dom Saulnier venne nominato visitatore regolare dei monasteri trappisti in Francia direttamente dalla Congregazione dei Vescovi e del Clero Regolare, ed egli subito interpretò questo fatto come riconoscimento della sua indipendenza nei confronti del preside generale; egli si aspettava inoltre che “1a riforma della Trappa sarebbe stata completamente indipendente dall’Ordine di Cîteaux”. L’ambiguità di queste relazioni giuridiche non venne risolta e il decreto di unione dei Trappisti del 1834 ripeteva soltanto che “la conferma dei singoli abati era di diritto e di dovere del Moderatore Generale dell’Ordine Cistercense”. Lo stesso principio venne sottolineato di nuovo nel 1836, quando le abbazie Trappiste del Belgio si unirono in una loro congregazione. D’altra parte, il decreto del 1834 concedeva al vicario generale dei Trappisti piena autorità per il governo della propria congregazione ed autorizzava gli abati a riunirsi in Capitoli annuali. Inoltre, a partire dal 1838 i Trappisti stabilirono a Roma un proprio procuratore generale ed ebbero il privilegio di godere di un proprio cardinale protettore.

Lo scioglimento dell’unione nel 1847 non faceva che aumentare le difficoltà di carattere giuridico. C’erano di nuovo due Osservanze chiaramente diverse, ma quattro gruppi di abbazie autonome: L’Antica e La Nuova riforma, la congregazione belga di Westmalle e Casamari, una fondazione Trappista del XVIII secolo in Italia, che non aveva chiari legami di filiazione con nessuna delle altre tre organizzazioni.

Fintanto che la Comune Osservanza, disorganizzata e acquiescente, non faceva nascere difficoltà sull’indipendenza che di fatto godevano i Trappisti, quel groviglio giuridico, per quanto confuso, non creava problemi. Ma le necessità di una soluzione definitiva venne improvvisamente messa a fuoco nel 1869. In quell’anno Dom Teobaldo Cesari, abate dell’abbazia romana di san Bernardo e preside generale, cercò di convocare il primo Capitolo generale dopo il 1786: ma a questo Capitolo venivano invitati soltanto gli abati della Comune Osservanza. Ancora più provocante fu il fatto che lo stesso Capitolo generale decise di eleggere un abate generale, ma, ancora una volta, erano eleggibili a questa carica solo i membri della Comune Osservanza, il che comportava la loro giurisdizione sui Trappisti.

Un’altra occasione di conflitto all’interno dell’Ordine sorse con l’apertura del Concilio Vaticano I nel 1869. Secondo le norme sulla partecipazione degli enti religiosi, stese da un comitato incaricato di preparare il Concilio, vennero invitati a prendervi parte solo i superiori generali e le autorità delle congregazioni indipendenti. Questa soluzione qualificava Cesari, appena eletto, abate generale dell’Ordine Cistercense, ma eliminava i vicari delle congregazioni dei Trappisti, autorità dei rami più numerosi e più vivi dell’Ordine. Solo l’intervento personale di Pio IX, all’ultimo momento, riservò due posti per i vicari dell’Antica e Nuova Congregazione dei Trappisti.

Queste infelici esperienze convincevano i superiori dei Trappisti che se non volevano accettare e accontentarsi di avere nell’Ordine un ruolo subordinato, dovevano cercare di sanare le loro divisioni interne e pensare alla formazione di una organizzazione completamente indipendente.

Durante gli anni successivi al 1870 alcuni Capitoli degli abati Trappisti trattarono di questi problemi. Il Capitolo del 1876 tenuto a Sept-Fons decise di richiedere al Papa la nomina di un abate generale Trappista. La sessione del 1877 si avvicinava ancora di più al progetto di unificazione delle congregazioni Trappiste. Nel 1878 il piano venne spinto più avanti e si fecero dei preparativi per una sessione plenaria del 1879, a cui tutte le congregazioni trappiste dovevano partecipare, in previsione dell’elezione di un superiore generale indipendente.

Dom Timothée Gruyer, abate della Trappa, aveva delle grosse riserve sulla convenienza di una unificazione che avrebbe comportato uniformità nelle Osservanze; ma alla fine del 1878 il progetto veniva presentato alla Congregazione dei Vescovi e dei Regolari per l’approvazione definitiva. L’esame della richiesta spettava al Consultore della Congregazione, il domenicano Raimondo Bianchi. La sua analisi dettagliata sottolineava i molti inconvenienti di una scissione definitiva e irreversibile all’interno dell’Ordine cistercense; la Congregazione quindi rifiutava di appoggiare il progetto. Bianchi ammetteva, comunque, che un punto della proposta dei Trappisti meritava di essere esaminato attentamente, cioè l’unificazione delle quattro congregazioni distinte sotto un unico vicario generale e un rappresentante a Roma: questi avrebbero dovuto, comunque, riconoscere sempre l’abate generale come autorità suprema di tutto l’Ordine. Una organizzazione unificata, concludeva Bianchi, non escludeva la possibilità di salvaguardare entrambe le Osservanze fondamentali, che avrebbero dovuto continuare a sussistere come prima dell’unificazione. In breve, il rapporto affermava che se da un lato l’unificazione dei Trappisti era desiderabile, non era necessario, dall’altro, forzare l’uniformità delle Osservanze e che bisognava evitare di sancire uno scisma all’interno dell’Ordine Cistercense.

Guardando in retrospettiva, è difficile contestare la saggezza del rapporto Bianchi, ma i superiori dei Trappisti di quel tempo, soprattutto quelli di Sept-Fons, rimasero delusi. Sotto l’abbaziato di Dom Sebastiano Wyart (1839-1904) continuarono ad essere promosse iniziative nello stesso senso; Dom Sebastiano Wyart era un ex-ufficiale dell’esercito pontificio ed era stato decorato come eroe nella guerra Franco-Prussiana. Era entrato alla Trappa come vocazione adulta, ed era stato ordinato sacerdote nel 1877; gli fu permesso di continuare gli studi, anche dopo l’ordinazione, fino al conseguimento del dottorato in teologia. La sua erudizione eccezionale e la sua fermezza di carattere trovarono grande appoggio nelle sue preziosissime conoscenze romane: sia Pio IX che Leone XIII lo tenevano in grande stima. Quando nel 1887 Wyart venne eletto abate di Sept-Fons, divenendo così vicario della Antica Riforma, si riaprì la via che conduceva alla indipendenza dei Trappisti.

Dopo essersi accuratamente informato di tutti i problemi, Leone XIII convocò a Roma un Capitolo straordinario, nell’ottobre 1892, a cui parteciparono i rappresentanti di tutte le congregazioni Trappiste, compreso Casamari. I fini da raggiungere, proposti all’assemblea, erano di tre tipi: la fusione della congregazione; l’elezione di un superiore generale; l’accordo su Osservanze comuni. I tre rappresentanti dì Casamari avevano deciso di conservare la propria indipendenza e di restarsene per conto proprio; tutti gli altri invece erano unanimi nel convergere verso l’unificazione; le congregazioni Trappiste assumevano, con l’unificazione, immediatamente, una nuova denominazione: Ordine dei Cistercensi Riformati di Nostra Signora della Trappa. Nemmeno si presentò disaccordo sulla necessità di un superiore generale, anche se si presentarono delle riserve sul tipo di rapporto con l’abate generale della Comune Osservanza. Si convenne subito, comunque, che non bastava erigere soltanto una congregazione autonoma: una indipendenza totale esigeva la nomina di un abate generale autonomo. Nell’elezione che segui alcuni giorni più tardi, Wyart ricevette 28 voti sul totale di 51 suffragi.

Per quanto riguardava le Osservanze, le posizioni erano più che mai discordi, come sempre, del resto. In linea di principio, la fedeltà alla Regola di san Benedetto era sostenuta e voluta da tutti, ma alcuni dettagli dell’orario quotidiano erano dibattuti. Durante le sterili discussioni sui meriti relativi offerti da un lato dall’orario di san Benedetto e dall’altro da quello di De Rancé, l’atmosfera diventò così pesante che Wyart, per evitare una votazione discordante, propose di sottoporre all’arbitrato della Santa Sede il tema in questione. La proposta venne accettata malvolentieri; la Congregazione declinò la sfida, accontentandosi soltanto di suggerire al Capitolo generale di rimandare a più tardi la decisione, dopo l’esame ponderato di una soluzione di compromesso preparata con cura. Nonostante questi contrattempi, il Capitolo poteva ugualmente sollecitare che si facesse credito all’assemblea perché venisse costituita giuridicamente una congregazione indipendente all’interno della famiglia cistercense: e questo traguardo fu approvato solennemente da un breve di Leone XIII, promulgato il 12 marzo 1893.

Sulla base di un lavoro di preparazione elaborato da un comitato speciale, il Capitolo generale del 1893, riunito a Sept-Fons, riapriva la discussione sul tanto contestato orario. Il punto più controverso riguardava l’ora, il numero e la qualità delle refezioni monastiche. La soluzione della Regola riceveva una lieve maggioranza di suffragi; eppure alla fine fu la capacità diplomatica di Wyart nel condurre l’assemblea ormai stanca di discussioni che assicurò l’affermazione delle norme di De Rancé. Le nuove Costituzioni, che mettevano in rilievo i principi fondamentali della Carta di Carità e i primi usi di Cîteaux secondo l’interpretazione data da De Rancé, vennero pubblicate nel 1894.

Prima della fine del secolo, una donazione considerevole permise ai Trappisti di acquistare le rovine di Cîteaux (1898) e di restaurare l’antica abbazia. Lo stesso Wyart ne assunse il titolo abbaziale. L’iniziativa era simbolo della ricerca sincera della nuova organizzazione di ritornare alle più autentiche tradizioni cistercensi. Questa impresa venne riconosciuta solennemente nel 1902, quando, in una costituzione apostolica, il Papa lasciava cadere il riferimento alla Trappa e denominava il nuovo ramo dell’antico tronco Ordine dei Cistercensi Riformati o della Stretta Osservanza autentici eredi di tutti i diritti e privilegi Cistercensi.

Se la costante crescita numerica, l’espansione geografica e la riunione finale delle case dei Trappisti erano inequivocabilmente segni di vigore interno, tuttavia la vita quotidiana di molte comunità poneva dei considerevoli problemi economici durante tutto il secolo.

Sebbene i monaci e i molti fratelli conversi delle nuove fondazioni o delle case riaperte facessero ritorno allo stile di vita agricolo, tradizionale dei cistercensi, la portata modesta delle loro attività non riusciva a provvedere quei mezzi economici necessari per la crescita delle fondazioni o anche per la sola sussistenza delle famiglie monastiche. Nei primi anni del secolo i monaci si videro spesso obbligati ad uscire dal monastero e pellegrinare di porta in porta per mendicare delle donazioni. Ancora nel 1835 il Capitolo generale tenuto alla Trappa tollerava abitudini di questo tipo, pur ammettendo che “mendicare elemosine è completamente alieno alla mentalità dei nostri padri”. Nel 1839 venne deciso che le collette dovevano essere raccolte senza dare nell’occhio alla gente, grazie al servizio di alcuni amici laici fidati. La stessa posizione venne adottata nel Capitolo del 1847..Ma nel frattempo i Capitoli ammonivano severamente gli abati ad ammettere soltanto un numero di monaci compatibile con le loro possibilità economiche.

Si dava il permesso di procedere a delle fondazioni solo se le proposte erano accompagnate da adeguati mezzi di finanziamento.

Per rendere meno pressante la sempre grave ristrettezza economica, si autorizzarono le comunità a ricevere delle donazioni da parte dei novizi, comprese pensioni o rendite annuali promesse dai familiari benestanti. La mancanza di operai nelle fattorie dei monasteri o nelle officine giustificava l’aiuto spontaneo dato da laici religiosi, pur senza che si accettasse di stabilire per loro una specie di Terzo Ordine. In qualità di oblati, tuttavia, degli aiutanti laici continuarono ad essere accolti in alcune abbazie. Fino al 1850, venivano frequentemente affittate nei monasteri stanze o appartamenti a persone con le quali i monaci avevano delle relazioni amichevoli; ma oltre tale data, si proibì l’alloggio di ospiti per un periodo superiore ai due mesi. Stipendi per Messe costituivano una fonte di entrate considerevole e regolare, anche se il numero relativamente ridotto dei sacerdoti poneva dei limiti a questo servizio. Alle volte, fondazioni di Messe a lunga scadenza permettevano di raccogliere somme più grandi. Per esempio, Chambarand accettò nel 1874 una donazione di 25.000 franchi per messe quotidiane da celebrare per cento anni secondo l’intenzione del donatore.

Dato che l’agricoltura spesso non garantiva grandi guadagni, molte abbazie incominciarono a vendere prodotti alimentari o altri articoli di industria domestica. Si producevano e vendevano birra, vino o alcolici, anche se non direttamente, negli edifici del monàstero. Ma la pubblicità fatta su scala nazionale su di un liquore venduto alla Grace-Dieu con il titolo di Trappistine divenne causa di un tale imbarazzo che il Capitolo di Sept-Fons del 1863 proibì questo ed altri simili metodi promozionali. Attività frequenti erano ancora l’ortocultura e frutticultura. La produzione di formaggio aiutò a risolvere i problemi finanziari di una dozzina di abbazie francesi; la qualità del formaggio di Port-du-Salut guadagnò ai monaci una reputazione mondiale. Insieme ad alcune altre abbazie, Westmalle allestiva una tipografia ben attrezzata, dove venivano stampati e rilegati tutti i libri liturgici cistercensi.

Il mantenimento di istituzioni educative o protettive era generalmente considerato incompatibile con la vocazione contemplativa, ma alcune circostanze locali richiedevano alle volte dei compromessi. Così le istituzioni del Terzo Ordine che avevano avuto inizio con l’abate Lestrange, continuarono a funzionare fino alla metà del secolo. L’abbazia di N. D. de Neiges aveva allestito per pochissimo tempo (1870-1871) un ospizio per epilettici. Nel 1872 l’Abate di N. D. du Desert aveva ricevuto il permesso di aprire un orfanotrofio. Nel 1876 la fiorente abbazia di Mariastern in Jugoslavia veniva autorizzata ad accettare una grossa somma per aprire una fondazione in Austria, legata all’impegno di educare in perpetuo 12 orfani. Questa fondazione non poté mai essere concretizzata, ma nel giro di 20 anni la stessa abbazia di Mariastern ospitava 132 ragazzi. Westmalle, Mount-Melleray e Gethsemani mantenevano delle scuole elementari. La Trappa educava degli oblati; anzi, la Trappa aveva anche due parrocchie affidate alla cura pastorale dei monaci; la fondazione in Sud-Africa, Mariannhill, si diramava in attività missionarie fra gli indigeni.

Attività di carattere intellettuale, disapprovate da De Rancè, vennero scoraggiate lungo tutto il XIX secolo. La maggior parte dei monaci Trappisti, noti per la loro cultura, erano entrati nell’Ordine dopo aver completato la loro educazione accademica. Gli ideali ascetici della Trappa non incoraggiava molto il conseguimento del sacerdozio e, di fatto, i sacerdoti costituivano solo una minoranza sul totale dei membri dell’Ordine. I sacerdoti che venivano ordinati come Trappisti, studiavano soltanto privatamente nelle loro abbazie, con diversi gradi di successo. Il Capitolo tenuto alla Trappa nel 1861, discusse il problema della formazione inadeguata per il sacerdozio, che, evidentemente, era diventato fonte di critiche ostili. I padri capitolari si dissero in difficoltà per aver troppo pochi sacerdoti sufficientemente formati per essere confessori, direttori spirituali o superiori. Proposero quindi l’istituzione di seminari alla Gran Trappa e a Aiguebelle, anche se le singole case che avevano almeno un professore capace venivano autorizzate a formare direttamente i loro sacerdoti.

Un’altra eredità di De Rancé e della sua spiritualità, cioè la considerazione che i monaci erano primariamente dei penitenti, divenne causa di difficoltà. La nozione prevalente che le abbazie della Trappa erano rifugio per i peccatori rendeva difficile il discernimento dei novizi. Fu necessario che il Capitolo del 1843 prendesse una posizione ferma contro tali credenze popolari, insistendo su un’accurata valutazione delle vocazioni prima della loro ammissione. Per lo stesso motivo, divenne pratica generale prolungare l’anno di probandato. Inoltre il Capitolo tenuto a Sept-Fons nel 1847 suggeriva “di estendere a due anni e più”, se fosse stato necessario, il periodo del noviziato. L’atteggiamento prudente preso dal Capitolo del 1835 verso la comunione frequente dei novizi e il fatto che i sacerdoti-novizì non erano autorizzati a celebrare la messa, vennero considerati in genere, verso la fine del secolo, come reliquie anacronistiche del rigorismo del XVII secolo.

Per tutto il XIX secolo le abbazie della Trappa godettero di una grande stima per la loro vita di pietà e di ascetismo. Una vita contemplativa rigorosamente separata dal mondo le proteggeva da un coinvolgimento politico di dubbio valore, anche se non erano affatto immuni dagli attacchi degli anticlericalì. Quando Melleray venne ingiustamente accusata, nel 1832, di aver dato appoggio all’insurrezione dei legittimisti guidati dalla Duchessa di Berry, i monaci furono dispersi per alcuni anni. Fu sempre nel 1832, che quella prova divenne fonte di benedizione: i membri della comunità di Lulworth fondavano in Irlanda Mount Melleray, e da Mount Melleray lo stesso gruppo rientrava in Inghilterra, fondando nel 1835 Mount Saint Bernard. Il Kulturkampf di Bismark negli anni attorno al 1870 mise in pericolo, almeno temporaneamente (1875-1887) le due fondazioni trappiste in Germania: i monaci di Mariawald dovettero cercare rifugio in Olanda. Nel 1880 una campagna anticlericale in Francia minacciava l’esistenza di alcune abbazie e causava l’interruzione della vita monastica a Sept-Fons per otto anni. Queste esperienze preoccupanti servirono, quali potenti incentivi, per realizzare un programma di fondazioni più rapido nei paesi dove sembrava più sicuro l’avvenire della vita monastica.

Fu probabilmente a causa della instabilità della situazione politica ed a causa dei legami troppo deboli che univano i Trappisti al preside generale che risiedeva a Roma, il motivo per cui un decreto emanato nel 1834 poneva le case francesi dell’Ordine sotto la giurisdizione episcopale; inoltre nel 1837 Gregorio XVI qualificava come semplici invece che solenni i voti pronunciati nelle stesse comunità. I monaci tuttavia, risentiti, cercarono di ritornare a godere degli stessi privilegi: i voti solenni vennero reintrodotti nel 1868 e l’esenzione piena venne riconosciuta nel 1892.

Bibliografia

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L.J. Lekai, I Cistercensi. Ideali e realtà, XIV, Certosa di Pavia, 1989.

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