I Cistercensi

Storia dell’Ordine cistercense

La Stretta Osservanza

La Comune Osservanza

I Cistercensi nel ventesimo secolo

Una esposizione storica dell’Ordine Cistercense fino all’ultimo ventennio di questo secolo non si può ridurre a poche linee generali. Il nuovo secolo si presenta come continuazione pacifica dell’epoca precedente; eppure lo scoppio della prima guerra mondiale introdusse anni di violenza e di distruzione che non avevano precedenti, sia a livello fisico che morale, che culminarono con l’olocausto della seconda guerra mondiale. Dopo trent’anni di agonia cessò la caduta delle bombe, ma ancora non hanno fatto ritorno né il consolidamento né la pace tanto attesa. Non fu soltanto la tanto prolungata Guerra Fredda, o il confronto tra le forme del comunismo e quelle della democrazia che impedirono il recupero di condizioni storico-sociali ricordate come più normali nella memoria delle persone anziane. Verso la metà dei secolo si era evidenziato che i fondamenti etici, i valori su cui ricostruire l’equilibrio oramai fuori moda sono stati per sempre infranti. Lungo tutti gli anni ‘60, gli uomini si sono interrogati profondamente se le strutture e i valori ereditati dal passato continuassero ad avere senso ma non si è riusciti a trovare le basi di un nuovo consenso. Alla fine, è emersa la tesi di una società pluralistica in cui possono coesistere concetti diversi, e anche contraddittori. Ciò sembra equivalere alla tacita ammissione che gli interrogativi sono superiori alle risposte possibili oggi e che non c’è più speranza di trovare un nuovo credo per cui si possa accettare di morire. A chiunque abbia studiato un po’ la storia delle istituzioni e delle civiltà, questa affermazione suscita domande ancora più fondamentali: una Chiesa pluralistica può mai costituire il fondamento di una nuova civiltà? È mai possibile che una civiltà qualsiasi sussista al di fuori di un rigido contesto di valori assoluti, senza una fede solida nella autorità?

Lo studio di un ordine religioso diviso in due rami, all’interno di un mondo sempre in tumulto di cui lo storico stesso fa parte, è pieno di difficoltà. Le grandi abbazie dell’Ordine che nel XIX secolo si ergevano come isole fuori del tempo, in una assoluta serenità sono state coinvolte nei confronti e nelle discussioni sui principi e sui valori, che hanno avuto effetti disgregatori. Gli interrogativi fondamentali non hanno ancora ricevuto risposta e quindi non è possibile porsi nei confronti della storia di questi in una posizione di oggettività, per esaminarla da un punto di vista nitido e imparziale. Per cercare di ridurre al minimo gli errori di giudizio, dovranno bastare le indicazioni degli eventi esterni nella loro essenzialità e schematicità.

La Stretta Osservanza

I Cistercensi della Stretta Osservanza entrarono con il XX secolo in un movimento di grande espansione geografica, anche se non tutte le fondazioni si dimostrarono durevoli. Il Capitolo generale dei Trappisti rispondeva abitualmente con una grande generosità alle richieste dei Vescovi. Ma nel prendere decisioni, la disponibilità del personale aveva più peso delle questioni di clima, ambiente socio-culturale, possibilità economiche o implicazioni politiche.

La prima fondazione in Africa, Staouèli, nell’Algeria francese, ebbe inizio nel 1843 con un forte appoggio del governo: l’abbazia diventò così, in breve tempo, la più ricca dell’Ordine. Ma il far affidamento sulle disposizioni favorevoli delle autorità civili si dimostrò pregiudizievole, non appena prevalsero a Parigi le forze anticlericali. Intimoriti dalla minaccia della soppressione, i Padri vendettero la proprietà e si trasferirono in Italia, a Maguzzano, sulle rive del Lago di Garda. Un tentativo ancora più promettente, quello di Mariannhill, nel Sud Africa, a Natal (1882) si trovò rapidamente in condizioni difficili, per diversi motivi. I monaci attraevano alla vita comunitaria un gran numero di vocazioni indigene, soprattutto fratelli conversi; ma la fame della parola di Dio era così grande nel popolo che la comunità si trovò ad essere sempre più coinvolta nel servizio della missione. Il Capitolo generale non poteva approvare e ammettere questo indirizzo e perciò, con l’autorizzazione della Santa Sede, la comunità venne sciolta dai legami con l’Ordine nel 1909, e continuò a sussistere come una istituzione missionaria indipendente. Per ragioni analoghe, nel 1925 fu sospesa una fondazione di Westmalle nel Congo Belga.

Un clima inospitale e un ambiente circostante ignoto e spesso ostile stavano alle radici dell’insuccesso di varie fondazioni nel Pacifico. Un insediamento nell’isola della Nuova Caledonia nel 1874 si dovette trasferire, dopo tentativi infruttuosi durati sedici anni, in Australia (Beagle Bay), ma solo per trovare difficoltà ancora più grandi, che costrinsero alla soppressione dell’eroica impresa nel 1903. La stessa sorte toccava quasi contemporaneamente alla fondazione fatta a est della Nuova Guinea, nella Nuova Bretagna, allora colonia tedesca. Una comunità aperta da Sept-Fons in Brasile, nei primi anni di questo secolo, si spense nel 1927.

Il Canada offriva ai monaci intraprendenti un ambiente circostante molto più congeniale. Notre-Dame du Lac, aperta nel 1881 nella provincia di Quebec ebbe un grandissimo successo e fu seguita nel 1892 da altre due fondazioni: Mistassini, nella stessa provincia, e Our Lady of the Prairies in quella di Manitoba. Nel lontano Oriente, una fondazione in Giappone, quella del Faro (1986) sembrava essere promettente. Mentre l’instabilità politica e l’approssimarsi della guerra rendeva precari fin dagli inizi altri due tentativi fatti nel vicino Oriente.

Si può trovare una giustificazione al flusso un po’ disordinato delle fondazioni oltre-oceano realizzate alla svolta del secolo, nelle condizioni politiche della Francia dove, sulla scia del noto affare Dreyfus le redini del governo scivolarono nelle mani degli antichi nemici della Chiesa. Fin dal 1901 si stavano elaborando delle leggi anticlericali e nel giro di due anni tutte le case religiose si videro esposte al pericolo di una immediata soppressione. Infatti, circa 1.500 case religiose furono chiuse; ma Don Jean-Baptiste Chautard (185 8-193 5), abate di Sept-Fons, riuscì a patrocinare con successo la causa dei monasteri Trappisti perché potessero sopravvivere; fu così che soltanto due case minori, Fontgombault e Chambarand, furono soppresse. Quest’ultimo monastero, quello di Chambarand, venne poi riaperto dalle monache dell’Ordine.

La prima guerra mondiale si rivelò una grande prova per i Cistercensi francesi, dal fatto che né i sacerdoti né i monaci erano esenti dal servizio militare. Molti monaci morirono nella difesa della loro patria e diverse abbazie, come Ölenberg, Mont-des-Cats e Igny, subirono grandi danni a livello materiale. Igny, dopo la ricostruzione, divenne monastero di monache. La fondazione in Siria, Akbés, devastata completamente durante la guerra, fu soppressa nel 1919. Nello stesso anno, il nuovo governo della Jugoslavia espulse i monaci di nazionalità tedesca dal monastero di Mariastern, nella Bosnia.

Le condizioni del dopoguerra misero seriamente in pericolo fonda zioni dei Trappisti in Cina, che risalivano al 1883. La comunità fiorente di Notre-Dame de Consolation, vicino a Pechino, fu devastata nel 1937 durante l’assalto dei Giapponesi. Quel poco che era stato messo in salvo venne annientato dieci anni più tardi dai Comunisti, che uccisero una trentina di monaci. La fondazione di Liesse, più recente, ebbe migliore fortuna. L’abbazia fu abbandonata ma la comunità riusci a trovare rifugio in un nuovo monastero, a Lantao, nel territorio di Hong-Kong.

La Spagna era stata teatro di una grande espansione dei Trappisti negli anni intorno al 1920 (La Oliva-Huerta-Osera); ma nel 1936-39 i monaci si trovarono coinvolti in una sanguinosa guerra civile. La maggior parte delle case non subì gravi danni, ma Viaceli, vicino a Santander, non fu soltanto saccheggiata in lungo e in largo e bombardata da parte dei Lealisti, ma perse anche 19 monaci, assassinati a sangue freddo da una banda di anarchici alla fine di dicembre del 1936.

L’affermarsi del governo nazista rese precaria l’esistenza delle abbazie in Germania. Nel giro di pochi anni, la seconda guerra mondiale esponeva a situazioni di estremo pericolo tutte le abbazie cistercensi che si trovavano nei paesi europei belligeranti.

Nel 1939, Egelszell, in Austria, fu secolarizzata. Nel 1941 Mariawald, nella regione del Reno, venne soppressa e gravemente danneggiata nel 1945. Durante gli ultimi mesi della guerra, Ölenberg fu devastata quasi completamente. Maria-Erlósung (Marija Zviiezda) nella Styria (Jugoslavia) fu espropriata dall’esercito tedesco nel 1941 e i monaci furono trasferiti a Mariaster; anche questa comunità fu poi seriamente messa in pericolo sotto il regime di Tito, quando tutte le terre di proprietà dei monasteri furono confiscate, con il pretesto della riforma agraria.

Dichiarata la guerra nel 1939, la maggior parte dei giovani monaci delle abbazie francesi fu chiamata sotto le armi. L’invasione fulminea che nel 1940 la Germania fece in Francia mieteva in definitiva abbastanza poche vittime, ma un gran numero di monaci assoldati sotto le armi diventarono prigionieri di guerra. Con l’occupazione tedesca le abbazie francesi continuarono a funzionare ma quelle del Belgio e dell’Olanda soffrirono molto. La casa di Scourmont dovette essere abbandonata due volte e quasi tutti gli edifici vennero occupati dalla Luftwaffe tedesca. Le comunità di Echt e di Achel furono disperse dai Tedeschi e le proprietà confiscate. Tegelen venne quasi interamente distrutta nella battaglia della fine del 1944.

Quando gli Alleati invasero la Normandia, la guerra si riaccese nei dintorni di molte abbazie francesi; alcune, quali Notre-Dame des Dombes e Timadeuc, presero parte alla resistenza. La comunità di Timadeuc venne denominata alla fine Croce della Resistenza. Anche l’abbazia belga di Orval divenne ugualmente famosa per l’assistenza offerta all’esercito segreto del suo paese. In Italia, l’abbazia delle Frattocchie, vicino a Roma, si trovò ad essere negli anni 1943-44 proprio sul fronte e ne uscì solo con gravi danni. Finita la guerra, il lavoro di ricostruzione avvenne rapidamente, dimostrando ancora le straordinarie capacità di ripresa dell’Ordine. Nonostante le gravissime perdite, nel 1947 l’Ordine Cistercense della Stretta Osservanza contava 64 monasteri con un totale di circa 4 mila monaci. Confrontando queste cifre con quelle del 1894, si registra un incremento durante questo decennio di 8 monasteri e circa 800 monaci.

Ma lo sviluppo più significativo doveva ancora avvenire: fu soprattutto durante gli anni ‘50 che si verificò una grande crescita, quando cioè furono aperti una dozzina di nuovi monasteri e il numero dei monaci salì a 4.500. Solo negli Stati Uniti, tra il 1944 e il 1956, il numero dei monasteri Trappisti salì da 3 a 12, mentre i monaci passarono da 300 a circa 1.000.

A partire dalla metà degli anni ‘60 l’Ordine cominciò a perdere molti membri, soprattutto fra i fratelli conversi; nonostante questo, altre fondazioni si realizzarono soprattutto in Africa. Secondo le statistiche del 31-XII-1972 la Stretta Osservanza comprendeva 84 case, con un totale di 3.415 monaci, suddivisi in 3.090 monaci e novizi, 325 fratelli conversi; i sacerdoti erano 1.685.

La crescita sorprendente seguita dalla diminuzione ugualmente inattesa dei membri nel giro dello stesso decennio dovrebbe porre un interrogativo inquietante agli studiosi dì storia religiosa. È innegabile che l’attrattiva verso la vita monastica era più forte presso i veterani della guerra: e il fatto si spiega se si pensa alla disillusione di milioni di uomini che vennero costretti a diventare strumenti di una distruzione suicida in una civiltà grandiosa ma fondamentalmente materialistica. Quando gli idoli di quella generazione si frantumarono in un mucchio di rovine, il vuoto spirituale fu colmato facilmente da una riscoperta del Cristianesimo nei suoi.phpetti più autentici e più liberi da compromessi: la vita monastica. La ricerca del volto di Dio conduceva migliaia di uomini a una abbazia cistercense, dove essi potevano incontrare un amore pieno di compassione, risposte sicure e pronte, un modo di fare penitenza per le esperienze disastrose del passato, e la possibilità di ricominciare una vita nuova dedita soltanto alla contemplazione divina. La struttura monolitica dell’Ordine, la sua liturgia e la sua disciplina, con la sua routine quotidiana, sembravano quasi fuori dal tempo: tutto questo dovette probabilmente aumentare nei novizi un senso di sicurezza, come se fossero approdati al porto di una serenità perenne, nella gioia di un paradiso anticipato.

Le vocazioni che erano state formate in un primo tempo all’esperienza di una sicurezza spirituale, furono poi duramente sconcertate dalle sfide imbarazzanti levate dalla scia del Concilio Vaticano II. Gli esperimenti con nuove forme di preghiera, nuovi modelli disciplinari e nuove idee di governo portarono inevitabilmente alcune comunità alla divisione. Coloro che avevano lasciato la guerra per trovare pace all’interno del monastero restarono molto turbati e tanti se ne andarono, delusi. Non si possono fare delle classifiche troppo facili perché i motivi che muovono le persone non rientrano in schemi fissi; ma di per sé le cifre delle statistiche sono rivelatrici. Negli anni di cui ci occupiamo (1957-1971) uscirono 696 professi di voti solenni, senza contare i monaci che vivevano fuori dai loro monasteri con un indulto di exclaustrazione. Se suddividiamo questo periodo in quattro momenti di 5 anni ciascuno, nel primo partirono 121 monaci; nel secondo 151; nel terzo 186; nel quarto 232.

Realmente, la concezione della Stretta Osservanza come di una fortezza o di una istituzione-custode delle tradizioni monastiche atemporali e imperiture, si dimostrò errata. Lungo il corso del XIX secolo si era verificato un graduale allontanamento dalle idee di Agostino di Lestrange e poi anche da quelle di De Rancé; la stessa tendenza continuava poi, a passo accelerato, dopo l’unificazione delle congregazioni Trappiste, avvenuta nel 1892. Pietra miliare sulla via che riconduceva verso il recupero delle tradizioni autenticamente cistercensi fu la pubblicazione avvenuta nel 1910 di un Direttorio Spirituale secondo una versione riveduta e corretta da parte di Vital Lehodey, abate di Briricquebec (1857-1948). Esso era il risultato della profonda comprensione che l’autore aveva dell’orazione mentale (cfr. Il metodo dell’Orazione Mentale, 1908), che in qualsiasi vita monastica deve avere la precedenza sulle osservanze ascetiche esterne. I meriti del nuovo Direttorio consistevano in una liberazione progressiva da quel pessimismo un po’ rigorista che caratterizzava gli ambienti Trappisti del XIX secolo e nel recupero della via nuova che riconduceva alle tradizioni più classiche della vita mistica.

Il nuovo codice di diritto canonico, promulgato nel 1917 sotto gli auspici di Benedetto XV, costituiva un potente incentivo perché si giungesse alla modifica delle vecchie Costituzioni (1925), seguita poi dalla riattualizzazione del Libro degli Usi (1935). Queste iniziative vennero portate a termine grazie alla collaborazione di una nuova generazione di studiosi eruditi quali Anselme Le Bail, Colomban Bock e Joseph Canivez, tutti monaci dell’abbazia belga di Scourmont. Dom Le Bail, che divenne poi abate della comunità, quand’era maestro dei novizi aveva introdotto la lettura e lo studio sistematico dei primi

autori cistercensi; nel 1934 egli era stato l’iniziatore del tentativo di pubblicazione della prima rivista di cultura edita dai Trappisti: Collectanea Ordinis Cisterciensium Reformatorum. Collaboratore instancabile della nuova pubblicazione fu il segretario di Dom Anselme Le Bail, eminente studioso egli stesso, Colomban Bock, illustre canonista e membro attivo della commissione liturgica dei Trappisti. La più importante iniziativa scientifica intrapresa dai Cistercensi in questo secolo fu senz’altro la pubblicazione fatta da Joseph Canivez, degli statuti dei Capitoli generali dall’inizio dell’Ordine fino alla Rivoluzione Francese, avvenuta tra il 1933 e il 1941 (gli otto volumi degli Statuta Capitulorum Generalium Ordinis Cisterciensis). Anche da sola, quest’opera sarebbe stata sufficiente per infondere nuova vita negli studi monastici, sia all’interno che all’esterno dell’Ordine.

L’interesse crescente per gli studi monastici e le tradizioni cistercensi dava inizio nel 1950 ad un’altra importante rivista, Cîteaux in de Nederlanden, che più tardi si intitolò semplicemente Cîteaux. Mentre Collectanea continuava a preferire temi di spiritualità, il nuovo periodico si assumeva l’onere di promuovere gli studi storici e a questo titolo attirava la collaborazione di importanti studiosi al di fuori dall’Ordine. La promozione della formazione professionale nei campi della filosofia e della teologia divenne lo scopo di Monte Cistello, una nuova casa di studio aperta a Roma, costruita nel 1958 insieme alla nuova residenza dell’abate generale, vicino all’antica abbazia delle Tre Fontane. Nell’anno accademico 1959-1960, 68 giovani monaci frequentarono la nuova istituzione, e tra di essi 21 provenivano dagli Stati Uniti; essi potettero iscriversi ai corsi di qualsiasi facoltà delle grandi università romane. Fu questo gruppo della generazione più giovane che rispose con entusiasmo all’invito del Vaticano II per il rinnovamento della vita religiosa; da essi venne la successiva ondata di cambiamenti rivoluzionari e l’iniziativa di esperimenti continui, soprattutto da parte degli Americani più progressisti.

La crescita dell’importanza degli Americani all’interno dell’Ordine non si può spiegare senza considerare l’influenza di Thomas Merton (1915-1968). Quando egli entrò nel 1941 nell’abbazia di Gethsemani, sembrava uno dei tanti giovani intellettuali disillusi, che cercavano Dio in quel deserto del Kentucky. Ma il suo best-seller, la sua autobiografia (La montagna delle sette balze) pubblicata nel 1948, si rivelò l’inizio di una feconda carriera letteraria, che lo portò a una grande notorietà soprattutto fra i giovani. Egli era senz’altro la calamita che attirava centinaia di vocazioni all’una o all’altra comunità di Trappisti.

Thomas Merton – Padre Luigi per i monaci della sua comunità – affermava di essere sempre e soltanto un contemplativo; ma il suo carattere complesso, il suo contatto diretto con il mondo e tutti i suoi scottanti problemi potevano difficilmente essere classificati come veramente trappisti. Attraverso le varie tappe del suo viaggio intellettuale e spirituale, ciascuna delle quali veniva descritta con ricchezza di particolari nel flusso continuo dei suoi scritti, Thomas Merton divenne guida e modello di vita per i suoi devoti lettori. L’intelligenza di P. Luigi era molto recettiva, aperta alle trasformazioni e a una varietà di nuovi approcci del monachesimo contemporaneo: così la sua vasta influenza poté certamente contribuire al rafforzamento dei tentativi di riforma.

Ma la sollecitazione ad assumere cambiamenti era ben lungi dall’essere universale all’interno dell’Ordine. Le antiche abbazie europee preferivano camminare a un passo più lento. Queste non avevano mai fatto l’esperienza del boom vocazionale né della drammatica crisi degli ultimi anni ‘60, così come le avevano vissute i loro più giovani confratelli d’oltre oceano. Perciò molto spesso alcune comunità non erano troppo convinte della necessità di riforme immediate e radicali.

Il Capitolo generale colse la sfida e cominciò ad affrontare un’ampia serie di problemi fondamentali, sui quali spesso le opinioni sono rimaste divergenti. Emergeva la necessità di riesaminare tutta l’ampiezza della vita cistercense, e quindi l’Ordine si riuniva successivamente in quattro Capitoli generali speciali (1967-1969-1971-1974) tutti consacrati per intero ai problemi del rinnovamento. Ogni Capitolo durava diverse settimane e pubblicava una grande quantità di dichiarazioni scritte, rapporti di commissioni, minute di discussioni in assemblea plenaria, discorsi e consultazioni di esperti sui vari temi discussi.

La decisione fondamentale fu quella di staccarsi da un governo centralizzato e dalla uniformità nelle osservanze, nella speranza di poter recuperare “una più autentica vita monastica in una legittima diversità”. Infatti, i padri capitolari abbracciarono il pluralismo come un valore positivo, interamente compatibile con “l’unità basata sulla comunione dei valori fondamentali”.

Il primo cambiamento e anche il più evidente concerneva la liturgia. Il latino e il canto gregoriano venivano ridotti a opzioni, e conservati perciò solo raramente; l’intera struttura dell’Ufficio Divino veniva sottomessa a sperimentazioni. Per quanto riguarda il Messale, è prevalso il Rito Romano e solo alcuni dettagli minori del Rito Cistercense sono stati conservati. Ancora oggi, alcune precisazioni devono essere messe a punto e, all’interno di una legge quadro, sono permesse delle varianti locali.

Un’altra decisione ugualmente importante e presa quasi all’inizio dell’aggiornamento, riguardava l’istituzione dei fratelli conversi. La distinzione fra i fratelli conversi e i monaci coristi venne abolita sia a livello giuridico che negli usi delle case; si concedeva ai fratelli voce attiva e passiva nelle elezioni monastiche ed erano incoraggiati a partecipare pienamente alla preghiera liturgica della comunità. Come è già stato sottolineato, l’abbandono del latino era giustificato dal fatto che i fratelli non avrebbero potuto altrimenti partecipare pienamente alla liturgia.

Venne intrapresa anche una revisione integrale delle antiche Costituzioni, ma il lavoro non è stato ancora portato a termine e la stesura delle Costituzioni nuove richiederà forse degli anni. Alcuni principi, tuttavia, sono stati adottati dappertutto. Per esempio, la decentralizzazione e il rafforzamento dell’autonomia delle singole comunità, insieme alla richiesta di una consultazione più vasta prima di giungere a delle decisioni comunitarie. L’esercizio dell’autorità dovrebbe avvenire soltanto a partire dall’esame dei desideri e dei pareri delle comunità locali. Oggi si desidera non l’uniformità ma l’unità, ed anche questa solo sugli elementi fondamentali di valore assoluto. Quanto ai dettagli, il Capitolo generale del 1969 affermava “il pluralismo permetterà ad ogni comunità e ad ogni monaco di scoprire la propria vera identità nel Cristo”.

Di conseguenza, il Capitolo generale non si riunisce più in sessioni annuali. Fino ad ora delle conferenze regionali, informali, organizzate su basi nazionali o linguistiche, possono riunirsi frequentemente, anche ogni anno per trattare problemi loro affidati e di una certa importanza, come ad esempio la valutazione degli esperimenti comunitari in ogni abbazia della regione. Il tradizionale Definitorio, dotato di un’autorità un po’ ridotta, è stato denominato Consiglio Permamente e annesso all’ufficio dell’abate generale. L’ideale di un governo condiviso con rappresentanti dell’Ordine è stato concretizzato in una forma efficace, l’organo specifico del Consilium Generale in cui le singole regioni (dodici in tutto) godono o dovrebbero godere di una rappresentanza proporzionale al numero dei loro monaci. Il processo legislativo non dovrebbe più trattare dettagli di osservanze, ma piuttosto vigilare sull’integrità dello spirito della Regola di San Benedetto e sui principi della Carta di Carità.

Per quanto riguarda il tema tanto discusso della durata dei servizio abbaziale, il mandato a vita, che è quello tradizionale, è ormai caduto e tutti gli abati, compreso il generale, saranno eletti per un tempo indeterminato, cioè per tutto il tempo in cui potranno realmente servire al bene della comunità. L’ampiezza di questo tempo indeterminato dovrebbe essere verificata da voti di sondaggio periodici. Nel frattempo, in qualità di esperimento le singole comunità potrebbero eleggere il loro abate per un mandato di sei anni.

Per quanto riguarda usi, costumi e osservanze gli ultimi quattro Capitoli di rinnovamento hanno adottato un atteggiamento flessibile e in questo processo alcune istituzioni antichissime come il Capitolo delle colpe sono completamente scomparse. Senza indebolire lo spirito di penitenza, sono state fatte delle concessioni più larghe per quanto riguarda il cibo e gli abiti, tenendo in considerazione le circostanze locali; è stato abolito anche l’obbligo di riposare in dormitori comuni ed è stata autorizzata la costruzione di celle individuali, secondo la scelta delle comunità. In modo analogo, se sono stati sottolineati di nuovo silenzio e separazione dal mondo, sono state abolite molte antiche restrizioni su quanto concerne la comunicazione con l’esterno.

La portata universale e il carattere generale dei cambiamenti realizzati tra i Cistercensi della Stretta Osservanza, un Ordine giustamente fiero della propria fedeltà alle tradizioni monastiche imperiture, non hanno parallelo nella storia, al di là di quest’ultimo decennio tanto inquieto. Per quanto sorprendenti siano, nella prospettiva dell’evoluzione tracciata nelle ultime pagine, le novità introdotte risultano ben preparate da alcuni fenomeni, che si sono progressivamente trasformati:

  • l’estensione geografica dell’Ordine, che ha superato di molto i confini della sola Europa, tendeva a diminuire la precisione della dipendenza dalle case-madri francesi. Di fatto, alcuni adattamenti inevitabili erano già evidenti da tempo, ad esempio nelle abbazie fondate in clima tropicale.
  • la rigidezza di un orario giornaliero dominato da un’ampia liturgia ha visto la sfida sempre più forte di quanti desideravano un’atmosfera più propizia alla vita contemplativa.
  • la maggioranza relativa dei fratelli conversi – che spesso contavano persone con un alto grado di cultura – richiedeva che essi potessero partecipare maggiormente al governo delle comunità e giustificava l’introduzione di una liturgia in lingua viva.
  • una più grande enfasi per gli studi accademici smantellava a poco a poco la tradizione di una semplicità un po’facile e rendeva le comunità Più aperte alle correnti contemporanee.
  • da ultimo, la rapida crescita numerica delle vocazioni creava dei seri problemi quanto alla formazione efficace dei nuovi candidati; e intanto la bilancia si spostava in favore dei giovani che, per natura, sono più aperti ai cambiamenti degli anziani, più legati alla tradizione.

Se lo stile e le strutture più audaci e nuove della vita religiosa porteranno davvero al rinnovamento spirituale desiderato, ciò sarà verificato dalle future generazioni.

La Comune Osservanza

Anche per la Comune Osservanza, il ventesimo secolo aprì un’epoca nuova, segnata sia dall’espansione che da difficoltà inattese. In Francia, si ripeteva ancora la storia dell’Abbé Barnouin, anche se a livello diverso. Un sacerdote molto pio e ricco, Bernard Maréchal, già membro della Congregazione del Santissimo Sacramento, cercava una comunità disposta ad appoggiare il suo progetto di fondare un monastero contemplativo con la finalità specifica dell’adorazione perpetua del Santissimo Sacramento. L’abbazia di Fontfroide, della Congregazione di Sénanque, adottò il progetto. Dom Maréchal entrò fra i Cistercensi e nel 1892 costruì a proprie spese un nuovo monastero a Pont Colbert, vicino a Versailles, divenendo il primo abate della fondazione. Tuttavia, una vita monastica tranquilla e serena non poteva essere condotta a lungo. La persecuzione degli Ordini Religiosi, scoppiata tra il 1900 e il 1904 interruppe l’esistenza di Sénanque, Fontfroide e anche di Pont Colbert. Alcuni monaci cercarono rifugio in Italia, altri in Spagna, ma la comunità di Pont Colbert riuscì a fondare, nel 1904, un nuovo monastero a Onsenoort (Merienkroon), in Olanda. Dopo la prima guerra mondiale, i Cistercensi dispersi ritornarono in Francia e restaurarono la vita monastica a Sénanque e a Pont Colbert, mentre la comunità di Fontfroide, non riuscendo a recuperare il proprio monastero, si stabilì nei Pirenei, in un antico monastero benedettino ormai abbandonato, a Saint-Michel de Cuxa (1919). Onsenoort continuava a sussistere come monastero affiliato a Pont Colbert, fino a che, in epoca più recente, si integrò alla Congregazione Belga.

Nel 1898 Mehrerau riapri l’antica abbazia cistercense di Sittich (Sticna) nella Slovenia, come sua seconda dipendenza. Quell’abbazia era stata fondata nel 1135 e soppressa nel 1784. La fine della prima guerra mondiale presentava a questa comunità fiorente un problema cruciale. L’abbazia venne a trovarsi dentro il territorio del nuovo stato della Jugoslavia, e perciò i monaci di lingua tedesca ritennero più prudente allontanarsi dal paese. Essi aprirono temporaneamente una casa in Germania a Bronnbach (Baden), in un monastero che era già stato abbazia cistercense e che apparteneva ancora alla famiglia del Principe Löwenstein (1921-1931); più tardi essi riuscirono ad acquistare l’antico monastero cistercense di Seligenporten (Upper Palatinate) dove la vita monastica fu restaurata nel 1931. Sticna nel 1925 diede nuova vita al monastero polacco di Mogila, che un tempo era stato studentato della congregazione polacca, e poi, dopo un lungo periodo di commenda, aveva conosciuto una grande diminuzione di personale. Attraverso i monaci della Slovenia, Mogila entrava nella Congregazione di Mehrerau.

Motivi analoghi portarono a una crescita ulteriore della famiglia di Mehrerau. Nuova casa-figlia era l’abbazia restaurata di Himmerod, una delle più grandi abbazie della Germania medioevale, soppressa nel 1802. I membri di nazionalità tedesca del monastero trappista di Mariastern in Jugoslavia, che non avevano potuto continuare a vivere nella loro comunità con il cambio di regime, acquistarono nel 1919 le rovine dell’antico monastero di Himmerod. L’Arcivescovo di Trier aveva insistito molto perché i membri della nuova istituzione monastica della sua diocesi collaborassero attivamente nel ministero pastorale –condizione inaccettabile ai Trappisti – così i monaci dovettero rivolgersi alla Comune Osservanza per ricevere aiuto. Marienstatt accettò di appoggiare la nuova fondazione e, nel giro di poco tempo, sorgeva dalle rovine un magnifico monastero nuovo. Marienstatt divenne nel 1927 casa-madre di un’altra comunità cistercense, ricostituita a Hardehausen (Westfalia). Quando il regime nazista confiscò la loro proprietà nel 1938, i monaci cercarono temporaneamente rifugio nella città di Magdeburgo, fino alla fine della guerra. Mehrerau riaprì nel 1939 anche l’antica abbazia svizzera di Hauterive, che era stata soppressa nel 1848.

Con la sola eccezione delle abbazie polacche, le operazioni militari della prima guerra mondiale lasciarono intatti i monasteri della Comune Osservanza. I trattati di pace, però, che seguirono portarono a un riordinamento delle congregazioni esistenti. La divisione Austria-Ungheria determinò la rottura dei legami fra i membri della congregazione austriaca. Hohenfurt e Ossegg vennero a trovarsi nel territorio della Cecoslovacchia e formarono nel 1920 la Congregazione del Cuore Immacolato di Maria. Zirc e le case dipendenti costituirono nel 1923 la tanto desiderata Congregazione Ungherese. Mehrerau aveva già raccolto le proprie fondazioni in una congregazione indipendente fin dal 1888, mentre le altre case austriache si unirono nella Congregazione dei Sacro Cuore di Gesù.

Più importante di questi cambiamenti a livello giuridico fu la fusione di Casamari e delle tre comunità dipendenti, affiliate alla Comune Osservanza (1929). Questo piccolo nucleo di abbazie, all’origine molto affine ai Trappisti per la disciplina interna, aveva rifiutato di far parte dell’unione delle congregazioni avvenuta nel 1892, ed aveva conservato la propria indipendenza. Integrandosi alla Comune Osservanza, la Congregazione di Casamari diede prova del proprio vigore fondando altre otto nuove case in Italia nel giro di venti anni, e raddoppiando il numero dei suoi membri. La Congregazione di San Bernardo, in Italia, contribuì anch’essa all’espansione generale dell’Ordine riaprendo la prima casa spagnola dopo la soppressione. L’abbazia di Poblet, nella provincia di Tarragona, così potente nel Medio Evo, fu restaurata nel 1940. La rinascita dell’abbazia bretone di Boquen, nel 1936, fu opera di Dom Alexis Presse, (1833-1965) che era già stato abate dell’abbazia di Tamié, appartenente alla Stretta Osservanza. Dom Alexis Presse fu una personalità notevole, dotata di un carattere e di una tempra considerevole, degni della più antica tradizione monastica. Egli, dopo aver lasciato Tamié, visse per un certo tempo come eremita in mezzo alle rovine di Boquen, poi aveva riunito attorno a sé un gruppo di monaci che condividevano i suoi ideali spirituali ed aveva incominciato a ricostruire l’antico monastero del dodicesimo secolo. Nel 1950 la sua piccola comunità fu accolta nella Comune Osservanza, pur restando fondamentalmente contemplativa. Purtroppo, Dom Alexis sopravvisse solo di pochi mesi alla riconsacrazione della Chiesa di Boquen, avvenuta nel 1965 dopo un accurato restauro.

Il Capitolo generale quinquennale riprese il proprio compito di governo centrale; ma alcuni condizionamenti ne indebolirono l’efficacia: né l’assemblea né l’abate generale avevano residenza fissa; non esisteva una curia centrale né un personale adeguato. Ad esempio, il Capitolo del 1900 si riunì a Roma; quello dei 1905 e del 1910 nell’abbazia di Stams in Austria e quello del 1920 si celebrò a Mehrerau. Nel 1900 fu eletto come autorità suprema dell’Ordine e come successore di Dom Wackarz, Dom Amadeus de Bie, abate di Bornhem, che decise di fissare a Roma la propria residenza, dapprima e temporaneamente come ospite di Santa Croce, e più tardi in un appartamento preso in affitto. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1920, il nuovo abate generale, Dom Cassian Haid, abate di Wettingen-Mehrerau, accettò l’elezione solo a patto di poter restare nella sua amata Mehrerau. Il suo desiderio venne rispettato; ma la Congregazione dei Religiosi sottolineava di nuovo la necessità di stabilire a Roma la Curia Generalizia dell’Ordine e perciò Dom Cassian Haid nel 1927 rassegnò le dimissioni; un Capitolo generale straordinario elesse Dom Francis Janssens, abate di Pont Colbert, il quale dovette cercare a Roma una residenza permanente. Lo stesso anno l’Ordine acquistò una casa sul Monte Gianicolo (Villa Stolberg) che fino al 1950 costituì la residenza dell’Abate Generale; poi venne approntata un’altra costruzione più adatta all’Aventino che poteva ospitare convenientemente non solo gli ufficiali del governo centrale ma anche uno studentato generale per l’Ordine.

Una soluzione soddisfacente per i problemi organizzativi non risolse un altro problema di importanza vitale – il funzionamento efficace dell’Ordine quale unità organica. I monasteri dell’Ordine sopravvissuti alla Rivoluzione Francese e alla secolarizzazione dei primi anni del XIX secolo, mancavano di una reale coesione fra di loro. I monasteri dell’Impero degli Asburgo e i monasteri italiani, residui di Congregazioni un tempo indipendenti, ricchi di tradizioni e di usanze immemorabili e privilegiate, avevano ricostituito spontaneamente il servizio dell’abate generale e del Capitolo generale, ma la concezione di una disciplina unificata, di un controllo efficace e di una autorità diretta esercitata dall’esterno non avevano solide basi. Il tema più importante delle discussioni di tutti i Capitoli generali dal 1900 in poi era stato la definizione precisa del potere e dell’autorità dell’abate e del Capitolo generale. Un approccio intelligente e paziente da parte di tutti gli interessati diede alla fine dei buoni risultati. Dopo alcuni tentativi di sperimentazione e dopo alcuni anni di prova, il Capitolo generale del 1933 elaborò le costituzioni sul governo centrale dell’Ordine, approvate dalla Congregazione dei Religiosi, l’anno successivo. Composte secondo le indicazioni del nuovo diritto canonico, si dimostrarono abile integrazione delle tradizioni cistercensi con le esigenze odierne.

Ottima prova dell’efficienza, da un lato, nel rinnovato Capitolo generale e, dall’altro, della forza che spontaneamente traboccava dall’Ordine fu l’inizio di un intenso apostolato missionario e, grazie a questo, una rapida espansione oltre il continente europeo. Il Capitolo generale del 1925 appoggiò calorosamente il nuovo programma della evangelizzazione estera promosso da Papa Pio XI e sottolineò come una comunità monastica era in grado di affrontare un lavoro missionario senza sacrificare peraltro le sue caratteristiche fondamentali. I Cistercensi, invece di mandare in missione dei singoli monaci in stazioni missionarie isolate, dettero origine a delle comunità debitamente organizzate per promuovere ed approfondire, con l’esempio del loro vivere e della loro attività educativa, un’autentica vita e cultura cristiana.

Questo compito difficile trovò un ardente promotore in Dom Aloysius Wiesinger, abate di Schlierbach, il cui monastero divenne ben presto centro del movimento missionario. Al Capitolo generale del 1927, Dom Aloysius faceva una relazione sui risultati delle sue ricerche nell’America del Nord e del Sud e, immediatamente, si iniziò il lavoro. La comunità di Himmerod lottava ancora con le difficoltà di un inizio per tanti.phpetti arduo, eppure mandava dei pionieri a Jtaporanga (San Paolo, Brasile). Mentre i sacerdoti si impegnavano nel servizio pastorale, i fratelli riuscivano ad adattarsi bene e ad imparare i metodi locali di coltivazione e allevamento; così nel 1939 vennero poste le fondamenta di un nuovo monastero. Oggi, una fiorente comunità è giunta all’erezione in abbazia; i monaci, oltre a un intenso lavoro parrocchiale, si occupano dell’agricoltura.

Nel 1938 Schlierbach aprì una missione in una grande proprietà donata nella regione di Bahia Jequitiba. Verso il 1945 era stata portata a termine la maggior parte del piano di costruzione ed oltre alle normali attività missionarie, i monaci si erano impegnati attivamente nel campo dell’educazione. Nel 1950 anche questo monastero fu eretto ad abbazia. Una terza fondazione in Brasile venne aperta nel 1951 a Itatinga, da parte della comunità di Hardehausen, che era rimasta senza monastero dopo la sua soppressione nel 1938. Nel 1952 la Santa Sede riconobbe Itatinga come erede giuridica dell’abbazia di Hardehausen. Nel 1961 le tre case in Brasile costituirono la Congregazione Brasiliana della Santa Croce.

Dietro la richiesta di Papa Pio XI, fin dal 1930 la Congregazione di Casamari aveva formato nel proprio seminario per le vocazioni monastiche un buon numero di ragazzi africani indigeni, provenienti dall’Eritrea, che in quel momento era colonia italiana. Dopo il compimento degli studi, quei giovani ritornarono al loro paese, dove fu fondata nel 1940 una nuova e fiorente comunità cistercense, vicino ad Asmara. Nella loro liturgia seguono il rito etiopico, pur restando, quanto alle altre osservanze, dipendenti dalla Congregazione di Casamari.

Nell’Indocina Francese (Vietnam) un sacerdote missionario, Henri Denis, fondò nel 1918 un monastero per accogliere le vocazioni contemplative indigene a Phuoc-Son. Nel 1933 la comunità si rivolse al Capitolo generale dei Cistercensi della Comune Osservanza per essere incorporati e nello stesso anno il Capitolo accolse la richiesta. Nel 1935 la comunità di Phuoc-Son, divenuta troppo grande, aprì un’altra casa nel Nord, Chau-Son. La guerra civile che sommerse il paese dopo il 1945 costrinse quest’ultima comunità a ritirarsi al Sud, dove nel 1953 aprì un monastero più durevole a Phuoc-Ly. Nello stesso anno anche Phuoc-Son si vide costretta a trasferirsi al Sud, riprendendo la vita comunitaria a Thu-Duc. Nonostante i tumulti della guerra che non aveva tregua, i Cistercensi del Vietnam continuarono a svilupparsi e nel 1964 si riunivano in una congregazione autonoma denominata della Sacra Famiglia; essa comprende cinque comunità. Ma la vittoria finale delle forze comuniste nel 1975 ha messo a repentaglio i superstiti della vita cistercense in quel paese così lungamente tormentato.

L’abate generale Dom Francis Janssens dimostrò un grande interesse per la espansione dell’Ordine nell’America del Nord. Come sua iniziativa personale e dietro sue costanti sollecitazioni, vennero acquistate tra il 1928 e il 1932 quattro proprietà per realizzarvi delle fondazioni, due in Canada e due negli USA. Ma aveva scelto male il momento in cui muoversi. La crisi economica mondiale rendeva estremamente precarie le basi economiche di quelle fondazioni e, inoltre, lo scoppio della seconda guerra mondiale interruppe i legami diretti tra Europa ed America. Rougemont, una delle fondazioni canadesi, riuscì a sopravvivere con l’appoggio dell’abbazia francese di Lerins e alla fine divenne una numerosa comunità appartenente alla Congregazione di Sénanque, con il nuovo nome di Congregazione della Immacolata Concezione. Nel 1950 Rougemont fu eretta ad abbazia.

Negli Stati Uniti, nel 1928 monaci austriaci diedero vita a Our Lady of Spring Bank, nel Wisconsin; ma si trovarono presto in gravi difficoltà a causa di grossi problemi finanziari, aggravati dalle contrarietà sollevate dalle leggi di immigrazione, che impedivano ai fratelli conversi di ottenere un permesso di soggiorno permanente negli USA. La piccola comunità riuscì a sopravvivere, ma il futuro restava incerto per molti anni. La seconda fondazione in America, nello stato del Mississippi, denominata Our Lady of Gerowval (1935), non riuscì a svilupparsi oltre quel piccolo seme costituito da un minuscolo insediamento a servizio di una parrocchia missionaria.

Durante la seconda guerra mondiale, alcune case della Comune Osservanza in Europa, riuscirono a sopravvivere senza gravi danni materiali; mentre in Germania e in Austria, dove i monaci non erano esonerati dal servizio militare, molti morirono nei vari campi di battaglia ed altri trascorsero vari anni come prigionieri di guerra. Molto più tragico, tuttavia, fu il dopoguerra, perché la risistemazione dei confini portò al controllo dei Comunisti sui paesi passati oltre la Cortina di ferro. Le due comunità fiorenti della Cecoslovacchia (Hohenfurt e Ossegg) vennero secolarizzate e i monaci furono dispersi. La stessa politica venne seguita in Ungheria (1948-1950) e segnò la fine della comunità di Zirc, delle case figlie e delle sue scuole secondarie. Molti monaci, tra cui l’abate, Dom Vendel Endrédy, furono imprigionati; altri dovettero cercare una occupazione nel mondo. Solo un piccolo numero dei 250 monaci riuscì a fuggire all’estero.

In Polonia l’Ordine ha potuto sopravvivere, anche se tutte le istituzioni religiose sono state sottoposte a un severo controllo del governo. Delle vocazioni giovani hanno reso possibile uno sviluppo della congregazione della Polonia: alcune antiche abbazie sono state riscattate, riaperte e, secondo le statistiche valevoli fino al 1977, l’Ordine contava in quel paese 6 monasteri con 110 monaci cistercensi.

Un numero considerevole di monaci ungheresi, profughi negli Stati Uniti, riuscì a dare vita a nuovi insediamenti. In un primo momento essi avevano contribuito ad infondere nuova vita nella comunità di Spring Bank, nello Wisconsin, e poi, nel 1956, la maggior parte di loro prese parte alla fondazione dell’università di Dallas, dove dopo poco fondarono la loro abbazia, Our Lady of Dallas, e una scuola per ragazzi. Dopo la partenza degli Ungheresi, il monastero di Spring Bank accolse un piccolo gruppo di monaci che provenivano dai Trappisti. Nel 1967 questo stesso gruppo fondò un priorato a New Ringgold, nella Pennsylvania, vicino a Allentown. Nel frattempo, alcuni monaci della comunità di Ossegg, soppressa dopo il 1945, si riunirono a Langwaden vicino a Düsseldorf. Nel 1958 la comunità di Hohenfurt si integrò con l’abbazia austriaca di Rein.

Durante gli anni difficili del dopo-guerra la congregazione più vivace della Comune Osservanza risultò essere quella di Casamari: tra il 1950 e il 1974 non solo essa aumenta il numero delle case-dipendenti ma anche il numero totale dei membri passò da 151 a 206. Questa Congregazione comprende Our Lady of Fatima, una piccola comunità americana fondata nel 1967 a Moorestown, nel New jersey.

La crisi vocazionale degli anni ‘60 si dimostrò fatale per molte comunità europee. Nel 1967 l’abbazia tedesca di Seligenporten dovette essere soppressa per mancanza di vocazioni; in Francia la Congregazione della Immacolata Concezione (Sénanque) dovette chiudere SaintMichel de Cuxa, Pont Colbert dopo un trasferimento temporaneo a Auberive e perfino Sénanque, per poter assicurare a Lérins un numero sufficiente di monaci. Un’altra perdita fu quella di Boquen: dopo la morte di Dom Alexis Presse divenne centro giovanile sperimentale per il rinnovamento e perse il proprio carattere monastico, per essere poi soppressa nel 1973. Invece, nel 1967 fu fondata dai monaci di Poblet una seconda casa in Spagna: Solius, nella provincia di Gerona.

All’interno della Comune Osservanza, l’impatto del rinnovamento richiesto dal Post-Concilio non ha dato origine a una rivoluzione analoga a quella che si verificò nelle comunità della Stretta Osservanza. Le idee di pluralismo, autonomia locale, la risposta attenta e positiva alle necessità della Chiesa contemporanea e uno scambio fecondo tra il monastero e il mondo erano realtà già vissute da molto tempo nella maggior parte delle congregazioni della Comune Osservanza.

Tuttavia, si tennero nel 1968 a Roma e nel 1969 nell’abbazia tedesca di Marienstatt due Capitoli generali speciali per valutare le nuove sollecitazioni fatte alla vita monastica. Grazie ai lavori di queste sessioni speciali vennero promulgate una dichiarazione estesa e dettagliata (di 52 pagine a stampa) sul ruolo della vita monastica cistercense nel mondo moderno, e delle Costituzioni nuove per il governo supremo dell’Ordine.

In 109 articoli le nuove Costituzioni definiscono l’Ordine Cistercense (O.Cist.) come una unione di congregazioni governata da un Capitolo generale sotto la presidenza di un abate generale. I membri di diritto del Capitolo generale sono, oltre a tutti gli abati, anche i delegati delle singole case o congregazioni, corrispondenti al numero dei monaci. Il Capitolo deve riunirsi ogni cinque anni per legiferare sull’Ordine, nel suo insieme. L’abate generale deve essere eletto dal Capitolo per un mandato di dieci anni, ma può essere rieletto. Egli deve avere residenza a Roma, ed è aiutato da un consiglio composto di quattro membri, eletti dal Capitolo. Il tradizionale Definitorio, che è stato denominato “sinodo” comprende l’abate generale, il procuratore generale, gli abati presidi delle singole congregazioni ed altri cinque membri eletti dal Capitolo generale. Il Sinodo deve riunirsi almeno ogni due anni, ed ha il compito di trattare i problemi urgenti che emergono tra un Capitolo generale e l’altro.

La determinazione della vita monastica a livello locale è riservata alle congregazioni autonome, ciascuna delle quali ha un superiore maggiore chiamato abate preside e un Capitolo di congregazione in cui si legifera su problemi importanti quali la durata del mandato abbaziale, la posizione giuridica dei fratelli conversi, la riforma liturgica e le osservanze monastiche. Il compito primario di ogni abate preside è la visita regolare triennale di ogni comunità della sua congregazione. La comunità dell’abate preside riceve la visita regolare dell’abate generale.

Il Capitolo generale del 1974 si riunì nella abbazia italiana di Casamari, e ad esso parteciparono come osservatrici le Badesse dei monasteri cistercensi femminili. L’assemblea confermò, senza modifiche di rilievo, il lavoro dei Capitoli straordinari di rinnovamento e prese in considerazione, fra molti altri temi, le questioni di carattere liturgico e la persistente crisi delle vocazioni.

Le statistiche raccolte per questa sessione dei Capitolo generale hanno dimostrato che la diminuzione del personale nel corso degli ultimi dieci anni non è stata gravissima, nonostante la perdita tragica e irreparabile dei monasteri dell’Ordine oltre la cortina di ferro. Nel 1950 il totale dei membri dell’Ordine era di 1.724; nel 1974 era di 1.547, cioè un calo di circa il 10%. Il numero dei novizi non ha presentato rilevanti fluttuazioni. Insoluto è il problema della perseveranza dei novizi: dei 623 novizi di coro ammessi in comunità tra il 1961 e il 1965, solo 264 hanno portato a termine il loro noviziato e la percentuale della durata è ancora più bassa fra i novizi fratelli conversi. Tra il 1966 e il 1970 sono stati ammessi meno novizi di coro (525) ma un numero leggermente più alto (247) hanno raggiunto la professione.

Un altro motivo per la diffusa diminuzione del numero dei monaci fu l’uscita di coloro che avevano già emesso i voti solenni. Tra il 1964 e il 1968, 14 monaci chiesero la riduzione allo stato laicale prima dell’ordinazione sacerdotale; 20 sacerdoti chiesero la secolarizzazione; 13 ricevettero il permesso di vivere fuori dal monastero, 2 sacerdoti tornarono allo stato laicale. Tra il ‘69 e il ‘74 le cifre delle stesse categorie, nello stesso ordine, sono state di 20, 31, 12 e 30. Degno di rilievo è soprattutto l’aumento della richiesta della riduzione allo stato laico da parte dei sacerdoti.

Quanti cercano di rassicurarsi di fronte a questi dati, confrontando le cifre dell’Ordine con le defezioni verificatesi in alcune altre istituzioni, dovrebbero considerare il richiamo degli abati austriaci, che sottolinearono la grande sproporzione fra giovani e anziani. Nel 1974, sul totale dei monaci e dei novizi (329), più del 18% superavano i 70 anni di età e solo il 10% hanno meno di 30 anni. Il gruppo più numeroso (26, 3 %) è quello dei monaci fra i 60 e i 70 anni. Solo una crescita molto recente dei numero dei novizi ravviva la speranza di uno sviluppo dell’Ordine nei prossimi anni.

Bibliografia

(...)

L.J. Lekai, I Cistercensi. Ideali e realtà, XVI, Certosa di Pavia, 1989.

© Certosa di Firenze